Durante la ventisettesima sessione del Committee on Forestry, organizzata dalla Fao, è stato presentato il “Rapporto sullo stato delle foreste mondiali 2024”. Proponiamo un riassunto dei temi principali, tra enormi problemi, notizie positive e soprattutto grandi sfide per il futuro.
Si tratta della ventisettesima sessione del COFO – Committee on Forestry, organizzata dalla Fao. Questo evento, di cadenza biennale, riunisce gli alti rappresentanti dei servizi forestali, i funzionari governativi e le organizzazioni che lavorano in questo ambito per identificare politiche e orientamenti tecnici, cercare soluzioni e consigliare strategie e azioni future. Il tema chiave scelto per questa edizione è stato: “Accelerare le soluzioni forestali attraverso l’innovazione”.
In apertura della conferenza, la Fao ha presentato uno dei principali report internazionali che indagano lo stato delle foreste mondiali, intitolato: “The State of the World’s Forests 2024: Forest-sector innovations towards a more sustainable future”. Le notizie contenute nel report sono varie e diversificate: evidenziano problemi, passi in avanti consolidati e nuove sfide da intraprendere.
Iniziando dai lati negativi, è importante sottolineare come dal documento emerga in modo molto netto quanto siano sempre più evidenti gli effetti della crisi climatica sugli ecosistemi forestali di tutto il mondo. Il surriscaldamento globale sta infatti rendendo le foreste più vulnerabili a fattori di stress sia abiotici che biotici, principalmente incendi e parassiti. Nel report si legge, ad esempio, che l’intensità e la frequenza degli incendi sono in costante aumento, anche in aree precedentemente poco colpite: questo provoca la distruzione di habitat ma anche il rilascio di grandi quantità di CO2, andando così ad aumentare la quantità in atmosfera di uno dei principali gas climalteranti.
Un esempio su tutti chiarisce la gravità della situazione: gli incendi nelle foreste boreali, in passato non troppo frequenti e intensi, nel 2021 hanno raggiunto un nuovo record, principalmente a causa di una prolungata siccità, e rappresentano oggi quasi un quarto delle emissioni totali di CO2 derivanti da incendi. Anche per quanto riguarda le infestazioni di insetti ed altri patogeni la situazione appare critica. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, si prevede che 25 milioni di ettari di foreste (più del doppio delle foreste italiane!) subiranno perdite superiori al 20% a causa di insetti e malattie entro il 2027.
Ci sono però anche notizie positive. I dati più recenti a disposizione indicano una significativa riduzione della deforestazione in alcuni Paesi chiave. Ad esempio, si stima che la deforestazione sia diminuita dell’8,4% in Indonesia nel periodo 2021-2022 e di ben il 50% nell’Amazzonia brasiliana nel 2023.
Un grande tema che può aprire a numerose riflessioni, connesse alla transizione ecologica e alla gestione sostenibile delle foreste globali, è legato ai prelievi di legno, materia prima rinnovabile centrale nelle politiche di decarbonizzazione che tuttavia, in assenza di regolamentazione efficace e controlli, potrebbe contribuire al degrado degli habitat forestali.
Nel report Fao si certifica come la produzione mondiale di legno sia arrivata a livelli record, pari a circa 4 miliardi di metri cubi all’anno. Le proiezioni al 2050 indicano però nuovi incrementi significativi della domanda di legno, soprattutto da opera. Si tratta di un dato molto interessante da un lato, ma estremamente delicato dall’altro: lo specchio di un processo non certo facile da gestire, che potrebbe generare indubbiamente opportunità ma anche conflitti, andando ad incidere negativamente sui Paesi più poveri e con meno tutele ambientali.
Considerando le condizioni ambientali in rapido cambiamento e la crescente domanda di prodotti e servizi nei confronti delle foreste, nel report si spiega come sia necessaria ed urgente una maggiore innovazione nel settore forestale. Secondo la Fao, gli imperativi che dovranno guidare tale innovazione sono tre.
Il primo riguarda l’aumento dei fattori di stress, amplificati dal cambiamento climatico, che richiederà nuovi approcci di gestione delle foreste e del territorio; il secondo riguarda il passaggio verso una bioeconomia in cui il legno costituirà un input importante, un passaggio epocale, che andrà guidato con lungimiranza; il terzo non riguarda il legno, ma le opportunità offerte dalla vasta gamma di prodotti forestali “non legnosi” (funghi, tartufi, frutti spontanei, sughero, resine, semi, miele ecc.) che rappresentano potenziali opportunità per miliardi di piccoli proprietari e gestori forestali.
Se “innovazione” è la parola chiave del futuro e i tre appena descritti sono gli ambiti prioritari di intervento, secondo il report occorre focalizzarsi anche su come tali innovazioni potranno contribuire alle sfide forestali globali. Il rapporto indica cinque tipologie di innovazione su cui occorrerà puntare.
Innanzitutto, innovazione tecnologica: digitale, di prodotto/processo e biotecnologica. Ad esempio, i dati telerilevati (come quelli da satellite) stanno consentendo di migliorare i processi di controllo, conservazione e gestione delle foreste e nuovi prodotti innovativi a base di legno (per l’edilizia ma anche tessili – vedi foto sotto -, bioplastici, chimici, energetici) si stanno affacciando con grandi potenzialità sui mercati.
Altre tre tipologie di innovazione sono connesse all’ambito sociale, politico ed istituzionale, e vedono ad esempio un necessario maggiore coinvolgimento delle donne, dei giovani e delle popolazioni indigene, suggerendo partenariati e approcci multisettoriali nelle politiche territoriali. Infine, vengono proposte anche innovazioni di tipo finanziario, per incrementare il valore delle foreste esistenti, promuovere gli sforzi di ripristino ambientale e aumentare l’accesso ai prestiti per i piccoli proprietari e le imprese che operano in modo sostenibile.
Non mancano tuttavia forti ostacoli a tali innovazioni. La Fao parla, ad esempio, di “mancanza di cultura dell’innovazione” o di “politiche, leggi e regolamenti non adeguati alle sfide odierne”. Occorre, secondo gli estensori del Report, una nuova “cultura organizzativa” che sappia riconoscere e abbracciare il potenziale trasformativo dell’innovazione, riducendone però gli inevitabili rischi, che sono di tipo ambientale ma anche economico e sociale.
Sono cinque infine, secondo la FAO, le “azioni abilitanti” che possono incoraggiare un’innovazione responsabile e inclusiva. La prima è aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’innovazione, creando una cultura che la promuova per apportare cambiamenti positivi; la seconda è potenziare il bagaglio di competenze, capacità e conoscenze per garantire che le parti interessate del settore forestale abbiano la capacità di gestire la creazione e l’adozione dell’innovazione; la terza è incoraggiare “partenariati trasformativi” per ridurre i potenziali rischi; la quarta è garantire maggiori risorse finanziarie, universalmente accessibili, per promuovere le innovazioni nel settore forestale; la quinta è fornire un contesto politico capace di incentivare le innovazioni.
Tutto ciò che è stato appena descritto può sembrare molto “alto” e persino vago: una serie di belle parole e buoni principi difficilmente applicabili sui territori, come ad esempio nelle foreste e nelle montagne italiane.
Certo, può sembrarlo, ma non è affatto così. Come dimostra il “viaggio” descritto in “Sottocorteccia”, il primo libro targato L’AltraMontagna che affronta un’importante emergenza forestale (l’infestazione di bostrico amplificata dalla crisi climatica), i temi descritti a livello globale dal report Fao sono esattamente gli stessi che dovrebbero essere affrontati nelle valli di Alpi e Appennini alle prese con questa ed altre emergenze.
Sia a scala globale che locale si parla di una forte necessità di innovazione; di attenzione alla bioeconomia ma in equilibrio con la componente ambientale; della promozione di prodotti e servizi ecosistemici alternativi, per ampliare le opportunità socioeconomiche dei territori; di una rinnovata attenzione agli attori della gestione forestale e alla loro crescita sociale e culturale; della necessità di una visione complessa e inclusiva, in grado di tenere assieme conoscenze, sensibilità e interessi diversificati; dell’urgenza di politiche e finanziamenti mirati utili a “traghettare” le nostre foreste verso forme più resistenti e resilienti.
Infine, anche in questo report globale, come nella Strategia Forestale Nazionale e nei Programmi Forestali Regionali, si mette al centro, e non ai lati, la componente umana, vista non solo come elemento potenzialmente distruttivo, ma anche come protagonista delle sfide forestali del futuro. La gestione forestale sostenibile, in tutte le aree del Pianeta, sarà infatti fondamentale per assecondare quella spinta innovatrice che auspica la Fao, sempre più necessaria per permetterci di camminare in equilibrio tra crisi climatica, transizione ecologica, bioeconomia, conservazione della biodiversità e nuove opportunità per le comunità dei territori rurali e montani.
Testo originale in L’Altra Montagna