Con la neonata “anagrafe dell’acqua potabile” è possibile conoscere i dati della propria zona. Qualità alta in quasi tutto il Paese Molti però non si fidano e preferiscono quella minerale, di cui siamo primi consumatori al Mondo, con danni all'ambiente

Con la neonata “anagrafe dell’acqua potabile” è possibile conoscere i dati della propria zona. Qualità alta in quasi tutto il Paese

Molti però non si fidano e preferiscono quella minerale, di cui siamo primi consumatori al Mondo, con danni all'ambiente

Il primo rapporto nazionale sull’acqua potabile a cura del neonato Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ha reso disponibili i risultati di oltre 2,5 milioni di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche condotte tra il 2020 e il 2022 sull’acqua distribuita in diciotto Regioni e Province autonome, corrispondenti a oltre il 90% della popolazione italiana.

È il primo passo verso la costruzione di una ‘anagrafe dell’acqua’, per mettere a disposizione del pubblico tutti i dati sulle caratteristiche dell’acqua potabile nella propria zona. 

Controllati cinquantatre parametri fra cui i PFAS

La qualità delle acque destinate al consumo umano (acque trattate o non trattate, di uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici, fornite tramite una rete di distribuzione oppure mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori) è garantita dall’applicazione delle prescrizioni contenute nel Decreto legislativo 18/2023 di attuazione della Direttiva europea 2020/2184.

Secondo quanto previsto dalla legge, sono cinquantatré i parametri controllati per i quali sono stati stabiliti i requisiti minimi per valutare la qualità delle acque destinate al consumo umano.

(ⓒpixabay)

Si tratta di parametri microbiologici, fisici e chimici comprensivi di possibili inquinanti derivanti da contaminanti ambientali o trattamenti dell’acqua. 

Fra questi Enterococchi intestinali, Escherichia coli indicativi di contaminazione fecale, inquinanti chimici come metalli pesanti, antiparassitari, idrocarburi policiclici aromatici e anche PFAS le sostanze per- e polifluoroalchiliche ritenute pericolose per la salute.

Inoltre, l’Autorità sanitaria locale preposta al controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano, sentita l’autorità sanitaria regionale e l’Iss, può adottare valori più restrittivi in specifiche circostanze territoriali, tenuto conto in particolare dell’esposizione pregressa ai PFAS.

I controlli delle acque destinate al consumo umano vengono effettuati dai Servizi di prevenzione (Servizi di igiene alimenti e nutrizione) delle Asl territorialmente competenti, in attuazione di specifici piani regionali, e nel rispetto dei Livelli essenziali di assistenza a tutela della salute pubblica da possibili rischi derivanti dal consumo di acque non conformi agli standard. Tali controlli si aggiungono a quelli che sono impegnati a effettuare regolarmente gli Enti gestori.

L’acqua italiana è potabile nella quasi totalità dei casi

Dal rapporto dell’Iss emerge che l’acqua potabile in Italia nel 99,1% dei casi rispetta i parametri sanitari microbiologici e chimici e nel 98,4% è conforme agli indicatori di qualità che non sono direttamente correlati alla salute, ma che potrebbero per esempio influire su sapore, odore o colore. 

Per quanto riguarda le limitate non conformità rilevate a livello nazionale, si tratta di alcuni episodi a livello locale di contaminazioni microbiologiche (Enterococchi, Escherichia coli) e indicatori di contaminazioni ambientali (coliformi) mentre in alcune limitate aree territoriali si sono rilevate non conformità per elementi naturali come fluoro e arsenico, associate a gestioni idriche non efficienti di sistemi in economia. Secondo quanto riferito dall’Iss “le non conformità rilevate attestano comunque che il sistema dei controlli funziona e che è in grado di gestire i rischi secondo un principio di massima precauzione, che previene esposizioni pericolose per l’uomo.”

Dal punto di vista territoriale tutte le Regioni hanno mostrato percentuali di conformità medie molto alte, superiori al 95%. Le oscillazioni del tasso di conformità sono minimali dal punto di vista della prevenzione sanitaria, che in ogni caso è stata adeguatamente assicurata.

(ⓒIss)

La Regione migliore, sia per i parametri sanitari chimici e microbiologici che per i parametri indicatori, è risultata l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Piemonte, mentre i tassi di conformità relativamente minori per parametri sanitari sono registrati nelle Province autonome di Trento e Bolzano, e, per i parametri indicatori, in Umbria e nella Provincia autonoma di Trento.

Bere dal rubinetto fa bene alla salute e all’ambiente, ma molti ancora non si fidano

Dunque bere l’acqua del rubinetto è un buon modo per ridurre il consumo di plastica e ridurre la contaminazione da microplastiche, la cui presenza è ormai ampiamente documentata nel corpo di umani e animali oltre che negli alimenti e nell’ambiente.

Tuttavia, un italiano su tre ancora non si fida dell’acqua del rubinetto. Secondo il più recente rapporto Istat, nel 2023 le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto sono il 28,8%, valore stabile rispetto al 2022, anche se decisamente in calo rispetto a vent’anni fa: nel 2002 era infatti il 40,1%. Permangono invece notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 18,9% nel Nord-Est al 53,4% nelle isole. A livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (56,3%), Sardegna (45,3%), Calabria (41,4%) e Abruzzo (35,1%).

Italia primo Paese in Europa per il consumo di acqua minerale

Tra le conseguenze, purtroppo, un primato negativo. Secondo i dati di Utilitalia, ogni italiano, in media, beve 208 litri di acqua in bottiglia in un anno: siamo il primo Paese in Europa, dove la media è addirittura la metà (106 litri), e secondi al Mondo dopo il Messico (244 litri). 

Secondo Istat nel 2023, la quota di persone di 11 anni e più che consuma almeno mezzo litro di acqua minerale al giorno è pari all’81,8%. Il maggiore consumo di acqua minerale si registra nel Nord-Ovest (87,2%) e nelle Isole (84,8%), quello minore nel Sud (74,3 %). In particolare, a livello regionale, l’Umbria mantiene il primato nel consumo di acqua minerale (90,3%), mentre nella Provincia autonoma di Bolzano si registra il valore minimo (59,3%).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *