“Aveva predato sedici capre e per questo è stato ucciso. La Direzione della sicurezza del Cantone di Uri ha informato che questa mattina alle 4, un lupo è stato abbattuto dalle autorità faunistiche incaricate dall’Ufficio foreste e caccia.” Così Ticino online riporta in giugno la notizia dell’abbattimento nel Comune di Realp, in Svizzera, di un lupo. Nel comunicato rilasciato si precisa però che il lupo abbattuto si “presuppone” sia il responsabile.
Per saperlo bisognerà aspettare l’analisi del Dna. Fino ad oggi non ci sono novità, ma sicuramente verrà aggiornato il (folto) elenco di lupi abbattuti di cui la Svizzera tiene conto con elvetica precisione.
Ma intanto, la Corte di giustizia europea ha ribadito che nessuna caccia al lupo è ammissibile se lo stato di conservazione della specie a livello nazionale è insoddisfacente, fissando dunque come prioritaria la tutela della biodiversità e degli habitat di interesse comunitario.
Da noi, invece, è di inizio aprile la notizia che, in Lessinia, nel comune di Sant’Anna di Alfaedo (Verona), era stato rinvenuto il corpo di un lupo ucciso a fucilate. Nella zona, secondo quanto denunciato dall’associazione “Io non ho paura del lupo”, si notano da tempo scritte contro i lupi, striscioni sui balconi delle case, voci di paese su verosimili atti di bracconaggio o esemplari uccisi deliberatamente.
Le notizie di attacchi da parte dei lupi a greggi, abitazioni o persone si susseguono frequentemente nella stampa locale e nazionale, spesso usando toni allarmistici che alimentano atteggiamenti di paura e avversione nei confronti della specie. Tuttavia, dopo la recente apertura dell’Europa alla possibilità di declassare lo status di protezione del lupo e i provvedimenti locali di abbattimento, viene da chiedersi se anche la politica stia privilegiando le soluzioni “di pancia” anziché incentivare misure volte a una convivenza equilibrata.
La legge protegge il lupo
Il lupo è una specie considerata di interesse comunitario. Nel nostro Paese, dunque, è rigorosamente protetta secondo una serie di normative: la Convenzione di Berna del 1979, che ne proibisce cattura, uccisione, detenzione e commercio; la Convenzione di Washington del 1973 sul commercio internazionale di specie a rischio estinzione, che vieta qualunque forma di commercializzazione del lupo delle Alpi italiane, l’uso per scopo di lucro e l’alienazione; e la Direttiva Habitat dell’Unione europea (Ue) del 1992, il cui scopo è la salvaguardia della biodiversità e della flora e fauna selvatiche nei territori dell’Unione.
A ciò si aggiunge l’Iniziativa europea sui grandi carnivori, una piattaforma di stakeholder della Commissione europea per condividere tematiche, esperienze e approcci gestionali alla loro conservazione.
Infine, è in vigore in Italia la legge 157 dell’11 febbraio relativa alla protezione della fauna selvatica omeoterma, considerata “patrimonio indisponibile dello Stato”, e che pone il lupo tra le specie particolarmente protette. Il nostro Paese sta inoltre lavorando a un piano di gestione nazionale della specie dal 2015 (il precedente risale al 2002), ma ad oggi non è ancora stato redatto e solo dal 2020 il Ministero dell’ambiente ha dato mandato all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) di realizzare il primo sistema nazionale di monitoraggio.
Lupus in stabula: secondo i dati del Trentino è l’uomo a non proteggere il bestiame
Tra le Regioni più citate quando si discute di gestione del lupo c’è il Trentino Alto Adige, rispetto al quale abbiamo già documentato il primo provvedimento di abbattimento emanato dalla provincia di Trento a seguito di predazioni. Secondo il rapporto Grandi carnivori 2023, per lo scorso anno si stima una consistenza minima pari a ventisette branchi, ai quali si aggiungono gli esemplari solitari. È stata registrata la morte di quattordici lupi, dei quali undici per incidente stradale/ferroviario, due per bracconaggio e uno per cause naturali: chiaramente, tale mortalità è solo una parte di quella reale, con i casi di morte naturale più difficili da individuare.
Secondo la relazione tecnico-scientifica del Museo delle scienze naturali (Muse) relativa alle predazioni sul bestiame domestico in Provincia di Trento, in quasi dieci anni (2013-2022) si sono verificate 576 predazioni documentate con 2.256 capi compromessi, a danno soprattutto di ovicaprini (64%) e bovini (26%).
In otto predazioni su dieci (81%), tuttavia, non vi erano opere funzionanti a protezione dei capi predati. Nella maggior parte dei casi il bestiame aveva sfondato le recinzioni, ma ci sono anche molti casi di mancata stabulazione notturna del bestiame o di opere non idonee per ragioni ambientali, ad esempio la conformazione del terreno.
Intervenire rafforzando la prevenzione
Le predazioni sul bestiame domestico sono tendenzialmente in aumento, com’è comprensibile viste le tendenze demografiche della popolazione dei lupi, e rappresentano la forma di conflitto più rilevante tra uomo e lupo. L’impatto infatti è non solo economico, ma anche psicologico e sociale in quanto determina una crescente intolleranza verso il predatore: risulta quindi prioritario ridurre i danni alle attività zootecniche a partire da una diversa gestione del bestiame (stabulazione notturna, presenza di uno o più pastori, cani da guardiania e recinzioni adeguate), oltre a indennizzi per risarcire le attività colpite.
Ad esempio, per restare in Trentino, dal 2018 il Servizio faunistico ha promosso la sperimentazione di recinti elettrificati a protezione dei bovini più giovani, che sono maggiormente a rischio, ma la raccolta di informazioni e dati rimane il punto di partenza per valutare le strategie da intraprendere in base alle esigenze di ogni territorio.
Su più ampia scala si muove invece il progetto Life WolfAlps EU, che racchiude enti e istituzioni per supportare la coesistenza tra lupi e persone sulle Alpi, con azioni coordinate in Italia, Francia, Austria e Slovenia.
Per quanto riguarda le Alpi italiane, dove il lupo risultava estinto all’inizio del XX secolo a causa di continue persecuzioni, il recupero naturale della specie iniziò nei primi anni Novanta, fino a raggiungere nel 2017-18 un totale di cinquantuno branchi di lupi stabili, per un minimo di 293 esemplari soprattutto nelle Alpi occidentali.
Sul fronte centro-orientale, la popolazione è in espansione e in gran parte originata dalla prima coppia formatasi proprio in Lessinia nel 2012. (1_Continua)