I processi di turisticizzazione e gentrification che stanno colpendo da alcuni decenni le città in tutto il Mondo hanno ricadute anche sui nostri centri storici. Il ciclo di seminari “Pietre senza popolo” organizzato dall’Università di Ferrara ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi per analizzare i casi di cinque tra le principali città del nostro Paese, evidenziando cause ed effetti della globalizzazione su di esse e sui loro abitanti, sempre più marginalizzati.
A Milano e Roma prevale la speculazione immobiliare
Per quanto riguarda il caso italiano, il processo di gentrification è stato avviato negli ultimi decenni e riguarda diverse città, tra cui Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli.
Questi cinque casi hanno in comune il cosiddetto “esodo dalla città” da parte dei propri abitanti, a causa delle politiche abitative, dello sviluppo del mercato immobiliare e del turismo degli ultimi anni.
“In sé la gentrification non è un processo per forza negativo, alcuni autori ad esempio ne hanno evidenziato, in certi casi, l’importanza nel migliorare la qualità degli spazi pubblici, arrivando a parlare di ‘gentrificazione felice’ – ha commentato Paolo Grassi, antropologo urbano presso l’Università di Milano, durante il seminario sul caso Milano -. Il problema c’è quando alla gentrificazione si accompagnano dinamiche espulsive di strati di popolazione più fragili e ciò avviene spesso.”
Affermazione condivisa da Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane e giornalista, secondo la quale l’effetto fondamentale del processo in questione è che “il prezzo al metro quadro sale, e i ceti più fragili vengono espulsi prima dal centro e poi anche dalle periferie, sempre più lontano, sostituiti da classi più ricche.”
Durante l’incontro dedicato a Roma, anche Luca Brignone, ricercatore presso La Sapienza, ha parlato del settore economico e immobiliare, associandolo alla gentrificazione. Molti quartieri prima della gentrificazione vengono svalutati e successivamente si lavora sulla differenza dei valori che potrebbe avere il suolo.
Ad esempio, afferma, “se un suolo è molto svalutato, una banca può entrare in possesso di questi immobili pagandoli poco, per poi sfruttare le politiche pubbliche che ne aumentano il valore innalzando così quello di vendita.”
Overtourism: biglietto per entrare in città a Venezia…
Nei casi di Napoli, Venezia e Firenze la gentrificazione è strettamente collegata alla turistificazione, ovvero l’insieme delle trasformazioni sociali, economiche e spaziali innescate dalla crescita del settore turistico.
Venezia è nata all’interno della laguna e fa parte di un ecosistema delicato dal punto di vista ambientale. Nel Novecento la città era povera, tant’è che circa la metà della popolazione era assistita da enti benefici. Fu proprio per questo motivo che la classe dirigenziale decise di trasformarla in una città con funzioni economiche più pregiate come quelle terziarie.
Il picco di spostamento della classe operaia e popolare verso la terraferma si è avuto durante il secondo dopoguerra, quando Venezia perse circa 84 mila persone, appartenenti alla classe media e operaia. Solo in un secondo momento, anche la classe del sottoproletariato urbano decise di spostarsi dalle condizioni di degrado della città. Questa fuoriuscita della popolazione ha permesso di poter restaurare il patrimonio immobiliare veneziano con i fondi pubblici e di poterlo destinare sia ad altre fasce d’utenza, possibilmente più benestanti, che al terziario, al punto che i sindaci parlavano di una necessità di bonifica urbana.
Lo sviluppo turistico fu una conseguenza di questo processo di spopolamento. Al giorno d’oggi possiamo notare quanto Venezia sia diventata turistica: come sottolineato da Giacomo Maria Salerno, ricercatore presso La Sapienza, ora, per entrare in città e girare al suo interno, bisogna dimostrare o di aver pagato il biglietto d’entrata nel caso dei turisti o di essere un suo residente.
Clara Zanardi, antropologa urbana, ha aggiunto, in forma generale, quanto il turismo sia un ambito fragile perché soggetto a fattori esterni che ne modificano profondamente la forma legata a trasporti e le condizioni di mobilità che possono essere soggette a rischio. Inoltre è un’economia mobile in quanto cambia mete e luoghi, usandoli e gettandoli quando altri sono più accattivanti. Dunque, secondo Zanardi, il turismo non è in sé irreversibile ma piuttosto una fase.
… a Firenze, Ferragni “lancia” Botticelli
Nel caso di Firenze, Tomaso Montanari afferma che “il mancato governo del turismo uccide la città”, che viene associata a una “luminosa immagine” dove Firenze diventa come una “vetrina”.
In questo caso specifico possiamo notare una mutazione della visione del patrimonio culturale e della sua funzione: un esempio celebre è riferito a gennaio 2022, quando, dopo il Firenze light festival, il logo dello sponsor American express venne proiettato sul loggiato brunelleschiano degli innocenti e sul Ponte vecchio ricevendo, come risposta, un’ondata di sdegno generale per l’operazione di marketing.
Con il pretesto di difendere e proteggere il patrimonio culturale, per attirare visitatori e far girare l’economia del settore turistico si sfocia in una privatizzazione dello stesso patrimonio culturale o addirittura preferenze su chi e sulla quantità di persone che possono visitarlo.
Un esempio l’abbiamo con gli Uffizi di Firenze, in cui non si accettano gruppi più grandi di venti persone e, nel caso delle scuole, i gruppi devono distanziarsi di circa quaranta minuti l’uno dall’altro, oltre ad avere l’obbligo di utilizzare gli auricolari che, al di là del costo, non permettono agli studenti di partecipare a una vera e propria lezione.
Gli Uffizi, come tutti gli altri musei d’Italia, non dispongono di alcun divano e vi è il divieto di sedersi per terra davanti alle opere per non intralciare i turisti che vogliono farsi i selfie davanti a esse. “Salta la relazione sentimentale tra corpi, collettività, spazio museale e opere – afferma Montanari commentando la situazione -. Al contempo, però, li Uffizi diffondono le foto di Chiara Ferragni in posa di fronte a Botticelli per raggiungere i giovani. A nostro parere sembra proprio un controsenso.”
La morale finale è che “nei musei bisognerebbe cambiare tutto ma visto che il pensiero unico vede il patrimonio come petrolio, l’unica cosa certa è che non cambierà nulla.”
…e Napoli apre a un turismo senza regole
A Napoli, invece, la turistificazione è un fenomeno che arriva postumo rispetto alle altre città. Di conseguenza avrebbe potuto difendersi da esso ma, essendo sia risultato che obiettivo delle politiche pubbliche, non ha voluto. Non ci sono infatti politiche per la gestione del turismo, ma solo politiche per la sua crescita senza interrogarsi sugli effetti di questa.
Nell’area patrimonio UNESCO della città ci sono quartieri con condizioni socio economiche molto diverse: da una parte vi è la zona dove il disagio socioeconomico delle famiglie è minore, come ad esempio Posillipo, dall’altro lato c’è la città greco romana, la neapolis, la città dei decumani, dei vicoli, dove oggi vi è una forte concentrazione del flusso turistico e della maggior parte delle offerte airbnb.
Tale turistificazione si basa infatti su strutture residenziali piuttosto che su strutture alberghiere.
In un primo momento il turismo ha suscitato un grande entusiasmo generale tra gli abitanti di Napoli, ma successivamente ha modificato rapidamente la città tramite la mercificazione e privatizzazione dello spazio pubblico: hanno iniziato a chiudere locali per lasciare il posto a negozi dedicati ai turisti.
Il centro storico, dunque, subisce uno spopolamento piuttosto che un processo di riqualificazione fisica del patrimonio. (2_Continua)