Tenersi a distanza dai tipping point: un modello matematico per misurare la resilienza degli ecosistemi proposto da Camilla Sguotti di Unipd Individuare le variabili per prevenire i punti di crisi irreversibile di un sistema naturale. Il caso della pesca del merluzzo

Tenersi a distanza dai tipping point: un modello matematico per misurare la resilienza degli ecosistemi proposto da Camilla Sguotti di Unipd

Individuare le variabili per prevenire i punti di crisi irreversibile di un sistema naturale. Il caso della pesca del merluzzo

Con l’attuale livello di riscaldamento globale alcuni ecosistemi hanno perso resilienza e sono già prossimi al raggiungimento dei climate tipping point, soglie critiche il cui superamento può causare cambiamenti di grande portata, con effetti retroattivi e amplificanti tali da provocare trasformazioni irreversibili. Ma quanto può sopportare un ecosistema prima di raggiungere questi “punti di non ritorno”?

Certamente la resilienza è un concetto sfaccettato e in alcuni casi ambiguo, ancora in evoluzione nel tempo. Oltre alla resilienza ecologica, il termine può infatti riferirsi ad esempio alla velocità con cui un sistema si riprende da una perturbazione (resilienza ingegneristica) o al grado di adattamento e trasformazione sotto nuove pressioni (resilienza sociale).

In ambito scientifico e accademico sta emergendo l’esigenza di sviluppare metodologie innovative in grado di misurare la resilienza ecologica di sistemi complessi, per comprenderne il grado di sopportazione e conoscere i cambiamenti minimi per allontanarsi dalle soglie critiche, in modo da gestire meglio anche le risorse.

In questa direzione passi avanti arrivano dallo studio “Resilience assessment in complex natural system, a prima firma di Camilla Sguotti, ricercatrice del Dipartimento di biologia dell’Università di Padova che ha collaborato anche alla stesura del “Global Tipping Points Report” per la parte riguardante la biosfera. 

La ricerca mette a punto il modello CUSPRA (Cusp Resilience Assessment), un nuovo metodo statistico attraverso cui è possibile quantificare la resilienza di un ecosistema calcolandola come la distanza da un cambiamento irreversibile.

Camilla Sguotti, ricercatrice del Dipartimento di biologia di Unipd (© Camilla Sguotti)

Partendo dal concetto di resilienza ecologica, Sguotti, intervistata da Agenda17, ci dà la seguente definizione: “la resilienza ecologica è la capacità di un sistema di mantenere le stesse funzioni e strutture anche quando è sottoposto a stress esterni, cioè nel momento in cui il sistema rimane in uno stato stabile senza raggiungere il tipping point che potrebbe portarlo in una condizione diversa. Ad esempio, il caso di una barriera corallina che sopravvive dopo essere stata perturbata, senza trasformarsi in un letto di alghe o in strutture di altro tipo.”

Secondo lo studio, la comprensione del concetto di resilienza è fondamentale per l’adozione di misure di gestione degli ecosistemi più adeguate rispetto a quanto stabilito dalla direttiva quadro sulla strategia marina. L’idea principale della direttiva è sì quella di mantenere i sistemi in buono stato ecologico, che certamente richiama il concetto di resilienza, ma non rispecchia le dinamiche dei tipping point, secondo cui, una volta che il sistema si è portato in un nuovo stato, non si riesce a tornare indietro anche ripristinando le condizioni di buono stato.

Tener conto della resilienza per prevenire i tipping point: il caso della pesca del merluzzo

“Tenere conto della resilienza – specifica Sguotti – significa gestire i cambiamenti di regime, mitigando i fattori di stress e portare il nuovo stato verso l’adattamento. Il modello CUSPRA da noi sviluppato fornisce una metodologia avanzata per stimare empiricamente la resilienza ecologica, a favore di una gestione sostenibile di ecosistemi in costante mutamento e adattamento ai cambiamenti climatici globali.”

Questo nuovo modello è stato realizzato applicando a un ecosistema lo stochastic cusp model (cusp), un modello matematico-statistico sviluppato da René Thom negli anni Settanta partendo dalla teoria delle catastrofi, che prima veniva applicato principalmente all’economia e ai sistemi sociali. Il modello riproduce una cuspide, o biforcazione, che equivale a un cambiamento di regime irreversibile, cioè a un tipping point. Se un tipping point fosse presente nella popolazione osservata, il modello rileverebbe le combinazioni dei due stress che portano al  punto di non ritorno, il fondo della cuspide.  

“Durante il dottorato ad Amburgo con il mio supervisor Christian Möllmann – spiega Sguotti – abbiamo provato a usare il modello cusp con popolazioni di merluzzo, sottoposte a due fattori di stress: la temperatura e l’intensità di pesca. Da queste prime applicazioni è nata l’idea di estendere il modello calcolando la resilienza come distanza della popolazione dal tipping point.

La figura seguente mostra la metodologia utilizzata.

Fig.1 Le fasi di CUSPRA: 1) si seleziona la variabile di stato aleatoria,  ovvero una serie temporale che può rappresentare qualsiasi cosa, da una singola popolazione a un ecosistema; i circoletti rappresentano la popolazione dell’ecosistema considerato nel tempo; 2) utilizzando un’equazione differenziale cubica  in cui i due fattori di stress sono l’intensità di pesca e la temperatura, si ottiene la cuspide; 3) si stima la resilienza in termini di distanza della popolazione dall’area azzurra, proiettando la cuspide in un grafico a due dimensioni; 4) si analizza il cambiamento della resilienza nel tempo, i circoletti verdi (resilienza compresa tra 0.6 e 1) rappresentano le popolazioni che si sono allontanate dai tipping point, dove 1 è la resilienza massima (©Royalsocietypublishing:Resilience assessment in complex natural systems) 

L’obiettivo del gruppo di ricerca è stato quello di riuscire a integrare il modello cusp, creando un approccio per determinare la resilienza su dati empirici per grandi sistemi ecologici che non possono essere manipolati sperimentalmente. In particolare, sono stati utilizzati dati storici di serie temporali relativi a una popolazione di merluzzo dell’Atlantico e alle dinamiche degli ecosistemi nel Mar Mediterraneo e nel Mare del Nord.

Le popolazioni di merluzzi risentono delle diverse condizioni di resilienza del Mare del Nord e del Meditrrraneo 

Analizzando la storia della biomassa dei merluzzi nel Mare di Barents si è visto che nel 1990 la pressione di pesca sulla popolazione presa in esame era elevata e la resilienza bassa (la popolazione era prossima quindi al tipping point). 

Successivamente, nonostante l’innalzamento della temperatura del mare, una riduzione della pressione della pesca ha portato la popolazione ad aumentare la sua biomassa superando un tipping point (positivo). L’aumento attuale delle temperature sta favorendo la resilienza della popolazione.

Questo è stato possibile perché la popolazione di merluzzo presa in esame si estende da latitudini più basse come il Mare del Nord fino al Mare di Barents, per cui un aumento della temperatura a latitudini maggiori non ha compromesso la vita della popolazione. 

Nel Mediterraneo invece l’aumento della temperatura ha spostato la popolazione in un nuovo stato senza guadagnare in resilienza, mostrando che il sistema potrà aumentare la sua resilienza solo attraverso un approccio gestionale più radicale.

Il modello consente di individuare su quali variabili agire per aumentare la resilienza

La conferma della validità del modello arriva dunque dalla storia: tenuto conto che a causa dei cambiamenti climatici non si può agire nel breve tempo su alcune variabili, come ad esempio la temperatura, diventa fondamentale distinguere le variabili sulle quali si può agire e in che misura per aumentare la resilienza. 

CUSPRA risulta innovativo rispetto ad altri modelli principalmente per tre aspetti:

  1. stima la resilienza del sistema all’interazione con due o più fattori esterni che esercitano pressione sinergicamente;
  2. si basa su un modello matematico in grado di modellare una biforcazione e di determinare la probabilità di arrivare una situazione irreversibile di tipping point;
  3. produce risultati semplici da interpretare per gestire i cambiamenti.

Aggiunge Sguotti: “come tutti i modelli, CUSPRA ha anche delle limitazioni. Per prima cosa rappresenta una forte semplificazione della complessità dei sistemi marini per cui, per capire realmente cosa sta succedendo a un sistema, dovrebbe sempre essere affiancato da altri modelli. Infatti, considera l’effetto dell’interazione di due stressori, ma sappiamo che i nostri sistemi sono impattati da molte più pressioni perciò dovrebbe essere esteso a più pressioni e accompagnato da altri modelli.

Non essendo predittivo, il suo utilizzo è piuttosto real time, cioè utile per comprendere le dinamiche passate e presenti. Quanto all’impiego su larga scala, stiamo lavorando a un’applicazione sulle comunità ittiche del mare Adriatico e probabilmente del Mar Mediterraneo.”

Potenzialmente CUSPRA potrebbe quindi essere esteso a diversi sistemi, non solo marini e terrestri, che presentino cambiamenti di regime, come ad esempio in campo economico o in situazioni pandemiche.

“Sono molto soddisfatta – conclude Sguotti – perchè con CUSPRA abbiamo dimostrato che la metodologia funziona e siamo sulla buona strada, anche per la possibile applicazione in altri settori.”
La stima della resilienza dei sistemi naturali che a causa dei cambiamenti climatici sono soggetti a eventi improvvisi potrebbe diventare, dunque, un elemento fondamentale per supportare la gestione sostenibile delle risorse ambientali e per determinare la probabilità di arrivare a una situazione irreversibile di tipping point.

Articolo aggiornato il 12.07.2024

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