L’Alta corte di giustizia del Regno Unito ha dichiarato illegittimo in maggio il piano del Governo per la riduzione del carbonio su ricorso di tre associazioni ambientaliste. Il Carbon Budget Delivery Plan (Cbdp), il piano d’azione climatica del governo britannico, che fa parte delle norme per raggiungere il Net-Zero entro il 2050, impone un tetto alla quantità di gas serra emessi nel Regno Unito in un periodo di cinque anni per ridurre le emissioni di oltre due terzi (-68%) entro il 2030. Questo piano era nato a marzo 2023 in risposta a un’altra causa legale persa da Londra contro i Friends of the Earth.
Recentemente abbiamo già segnalato un’altra causa vinta da un gruppo di cittadini, questa volta intentata contro il governo svizzero accusato di inazione climatica. In questo caso la sentenza aveva fatto scalpore anche perché a promuoverla era stato un gruppo di anziane preoccupate del proprio futuro (oltre che di quello delle giovani generazioni) e a condannare il governo era stata la Corte europea per i diritti dell’uomo.
In quell’occasione avevamo segnalato tuttavia un’intrinseca debolezza del diritto climatico internazionale, nonostante il successo di quell’azione legale e l’esito di molte altre cause simili.
Non solo, il significato e la forza stessa della “giustizia ambientale” non possono emergere solamente dalla ormai lunghissima serie di cause intentate da soggetti diversi a governi e imprese davanti a corti di giustizia dal livello locale a quello internazionale. C’è un problema di scelte e responsabilità politiche, e il giudice non può giocare il ruolo di un “legislatore parallelo”, secondo Marco Magri, docente di Diritto ambientale presso l’Università di Ferrara. Fondamentale è il funzionamento delle politiche ambientali come fonti di produzione giuridica e la partecipazione pubblica democratica alle deliberazioni legislative. Solo in un quadro di regole certe, la locuzione “giustizia climatica” può acquistare un significato di valore e di obiettivo.
Di questo si parlerà nel corso del Convegno “Il governo dei cambiamenti climatici: profili costituzionali ed amministrativi” che si svolgerà presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Ferrara il 7 giugno dalle ore 10.00 alle ore 17.00.
Al centro dell’iniziativa sono le più recenti sentenze in materia di climate change litigation e l’approfondimento degli strumenti con i quali, parallelamente, gli Stati stanno organizzando il loro intervento per l’abbattimento delle emissioni.
Sempre più numerose le cause climatiche
Secondo il database del Sabin Center della Columbia University, aggiornato mensilmente, sono attualmente in corso più di 2500 climate litigation in oltre 55 Paesi, e il loro numero è più che raddoppiato dal 2015. La percentuale di vittorie è superiore alla metà delle cause intraprese.
Sono cause della più diversa natura, e anche se gli effetti derivanti dalle varie sentenze possono sembrare analoghi, diversi sono però i soggetti riconosciuti come legittimati a proporre la tutela di diritti siano essi individuali o collettivi, come associazioni ambientaliste, e molto diverse sono le motivazioni delle sentenze
Fra questi casi ricordiamo quello di una compagnia privata, la Shell, condannata a ridurre le emissioni di CO2 dal Tribunale dell’Aja in nome dei diritti umani e quello dell ’Alta corte federale tedesca che ha imposto al Governo di rivedere i parametri per contenere il climate change. decretando l’incostituzionalità delle misure contestate.
Nel nostro Paese, la prima causa climatica nota come “Giudizio Universale”, si è conclusa, almeno in primo grado, con un nulla di fatto: il Tribunale civile di Roma ha deciso, con sentenza dello scorso 26 febbraio, che la domanda sia da considerarsi inammissibile “per difetto assoluto di giurisdizione”.
L’iniziativa legale aveva preso il via il 5 giugno 2021, a nome di più di 200 attori – tra cittadini, anche minorenni, e associazioni
I ricorrenti rivendicano il “clima stabile e sicuro” come diritto umano fondamentale, poiché le conseguenze dei cambiamenti climatici vanno a ledere alcuni dei diritti fondamentali dell’uomo, come il diritto alla vita e il diritto alla salute.
Il convegno
Il Convegno – organizzato dal Dipartimento di giurisprudenza Unife, dal Dottorato di ricerca in Diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali, in collaborazione con con ELSA – Sezione di Ferrara – trarrà spunto da questi temi e casi per ridiscutere l’attuale sistematica giuridica di fronte alla “sfida” del diritto “climatico”, analizzando se la risposta sia negli strumenti giuridici tradizionali o se sia invece opportuno il ricorso a soluzioni nuove, e, in quest’ultimo caso, se tali nuove soluzioni possano essere comunque ricondotte nell’ambito di categorie già esistenti e se invece implichino un abbandono delle correnti impostazioni
“Di fronte alla questione climatica – affermano gli organizzatori – non c’è categoria giuridica immune da un riesame, inclusa la nozione di “ambiente”, ora riportata negli articoli 9 e 41 Cost., rispetto alla quale il “clima” potrebbe dover significare alcunché di diverso o più specifico.
Il diffondersi in tutto il Pianeta del cosiddetto contenzioso climatico ne è la riprova: pronunciamenti di giudici di sistemi diversissimi convergono sul principio che il diritto al contenimento delle emissioni sia un diritto dell’essere umano in quanto tale, la cui appartenenza al sistema giuridico prescinde largamente da un previo atto di riconoscimento e di protezione da parte dello Stato.
Diventa allora interessante chiedersi se e come possa avvenire la fondazione della disciplina giuridica di questo diritto, nonché, rovesciando la prospettiva, confrontarsi con riferimento alle ricadute che essa può avere su tutti gli elementi della forma di Stato (interpretazione costituzionale, separazione dei poteri, sistema della rappresentanza politica, giudizio di costituzionalità delle leggi).”
E per quanto riguarda i ruoli e i compiti del Governo e delle pubbliche amministrazioni “ le leggi disciplinanti l’intervento pubblico sulle attività economiche correlate alla limitazione dei mutamenti climatici – sottolineano gli organizzatori indicando la necessità di discuterle alla luce di queste novità – si sono rivelate foriere di nuovi modelli di amministrazione e di rapporti giuridici tra privati ed enti pubblici (o enti privati in controllo pubblico) del tutto inediti rispetto al tradizionale schema incentrato sul potere discrezionale dell’autorità.”
Partecipano al Convegno Vittorio Angiolini, Università degli Studi di Milano; Marcello Cecchetti, Università degli Studi di Sassari; Margherita Ramajoli, Università degli Studi di Milano; Marco Sica, Università degli Studi di Milano; Lavinia Del Corona, Università degli Studi di Milano, Marco Magri, Università degli Studi di Ferrara.