Nelle terre alte lo sguardo delle donne porta lontano. Lo ha intuito, in alta Valle Maira in Piemonte, il Coordinamento Donne di Montagna. In vent’anni di attività ha raggiunto la Bolivia dall’altra parte del mondo, per poi tornare a casa, nelle Valli che si affacciano sul Monviso.
Oggi punta a valorizzare le attività e le piccole aziende a conduzione femminile, a creare una rete di amministratrici dei Comuni delle aree interne, ma soprattutto a rendere la montagna un luogo animato da nuove comunità e da uno sviluppo sostenibile.
La montagna nello sguardo delle donne è fatta di piccole cose e grandi slanci. Lo ha intuito vent’anni fa un manipolo di artigiane, operatrici culturali e amministratrici accomunate da un desiderio di condivisione e partecipazione.
Siamo nelle terre alte del Piemonte nordoccidentale, in alta Valle Maira. È partita qui la storia del Coordinamento Donne di Montagna, che ha raggiunto la Bolivia dall’altra parte del mondo, per poi tornare a casa, nelle Valli che si affacciano sul Monviso.
Andiamo per ordine. In alta Val Maira nell’Ottocento la ricchezza più grande di una donna stava nei suoi capelli. I più pregiati erano quelli bianchi e lunghi delle nonne: servivano a realizzare le parrucche dei giudici inglesi. Li facevano crescere per arrivare pronte all’appuntamento d’autunno quando i raccoglitori di capelli, finito il lavoro nei campi, emigravano verso la pianura in cerca di donne disposte a cedere la propria chioma.
Le loro trecce raggiungevano Elva, dove altre donne si occupavano di lavarle, pettinarle e metterle ad asciugare. Erano una preziosa materia prima, essenziale per il confezionamento delle parrucche che sarebbero state vendute nei mercati stranieri.
“Siamo partite da saperi antichi e tipicamente femminili come questo, prendendo spunto dal lavoro già svolto dal Museo Seles dei Mestieri itineranti di Celle di Macra. Abbiamo individuato quelli che stavano lentamente scomparendo e li abbiamo raccolti in una mostra e in un libro – racconta la presidente del Coordinamento Patrizia Palonta -. Poi, in ottica di sviluppo locale dei territori montani, abbiamo seguito le vie degli alpeggi e dei formaggi, ci siamo spese per il recupero delle produzioni in eccesso, abbiamo realizzato il sogno di una biblioteca in quota e sostenuto la pubblicazione di un volume sulle erbe”.
Il primo grande frutto arriva nel 2012: l’attività dell’associazione viene premiata dalla Convenzione delle Alpi, ente internazionale a tutela e valorizzazione dell’area alpina, per la rete creata tra le donne produttrici dell’arco alpino.
“Il nostro obiettivo è sempre stato quello di riportare in vita la montagna, renderla un luogo animato da nuove comunità, dove il rispetto per persone, animali, ambiente e cultura locale siano gli elementi propulsori di una rinnovata economia – continua Palonta -.
Per raggiungerlo valorizziamo le professionalità femminili e le piccole imprese inserite nel sistema montagna, sinergiche e portatrici di un modello di sviluppo sostenibile”.
È stato questo modo di intendere la rete a condurre il Coordinamento, e la sua presidente in particolare, fino in Bolivia.
Tra il 2014 e il 2019 l’attività prevalente si è svolta in Sud America, con l’attuazione di una serie di progetti di formazione rivolti alle donne degli altopiani boliviani per promuovere lo sviluppo di attività artigianali come opportunità di impiego e fonte di reddito.
Arriva il 2020. Il Coordinamento conclude la sua esperienza in Bolivia ma non si ferma. Anzi, trova nuova linfa laddove erano ben piantate le sue radici. Oggi si muove nelle Valli del Cuneese su più binari.
Innanzitutto, la mappatura delle attività e delle piccole e medie aziende a conduzione femminile o in cui la presenza di donne sia rilevante: “L’obiettivo è offrire loro visibilità attraverso una vetrina online che ne metta in luce lo spirito di innovazione e l’attenzione all’ambiente”, spiega Serena Anastasi, la coordinatrice del progetto CIC – Costruire il Cambiamento.
È questa la seconda direzione intrapresa dal Coordinamento: “Finanziato dalla Fondazione Compagnia di Sanpaolo e dall’8 per mille della Chiesa Valdese, il progetto punta a mettere in connessione tra loro le donne amministratrici e ad avviare un percorso sulle donne in politica e sulla leadership femminile.
Nell’ambito del CIC, abbiamo cucito nei Comuni montani del Cuneese un calendario di incontri: a dicembre a Frabosa Soprana abbiamo affrontato il tema delle tipicità locali e delle professionalità al femminile, a gennaio siamo state a Pietraporzio in Valle Stura per parlare di imprese femminili e innovazione in montagna. Il 6 marzo saremo a Cuneo per la proiezione del documentario “Nel cerchio degli uomini” in collaborazione con la Fondazione Nuto Revelli e Piemonte Movie e il 16 marzo a Briga Alta il focus sarà su accessibilità e inclusione”.
Il percorso culminerà a giugno in una tre giorni dedicata alle donne: un evento che racchiude tavole rotonde, musica e laboratori, giunto alla settima edizione.
“Dal 2021 la nostra organizzazione opera per la creazione di una rete di amministratrici dei Comuni delle aree interne montane. Lo scenario con il quale ci confrontiamo è sconfortante. Secondo un dato condiviso con noi da Uncem Piemonte, nel 2022 su 154 Comuni dei territori montani della provincia di Cuneo soltanto 16 erano amministrati da donne. Si tratta del 10,39 per cento del totale, un dato inferiore a quello nazionale”.
Donne che si spendono con spirito di servizio nella vita amministrativa dei piccoli Comuni montani e donne che nell’attività artigianale lontano dalle grandi città trovano la propria strada. La storia di Patricia Lamouroux, vicepresidente del Coordinamento Donne di Montagna, in questo senso è emblematica. “Venticinque anni fa ho scelto di vivere in Valle Pesio perché cercavo un nido dove far crescere mia figlia, un luogo in cui si va a scuola a piedi e dove la comunità è nelle relazioni – racconta -. Ho lavorato sodo per riportare in vita la lavorazione del vetro nel paese in cui nel Settecento aveva sede la Regia Fabbrica dei Cristalli dei Savoia. Le mie perle di vetro oggi raccontano storie”. La sua presenza nel Coordinamento è un forte stimolo a credere nella rinascita di mestieri antichi nelle terre marginali: “Credo fermamente nel fare rete e nell’essere artigiana. Metto la mia esperienza al servizio delle giovani leve che oggi si affacciano a una professione che sentono vicina alle proprie attitudini. I luoghi di montagna, soprattutto quelli poco frequentati, possono essere un terreno fertile per l’artigianato: qui è possibile affittare locali ampi a costi minori. E l’artigianato di qualità può diventare protagonista di un modo nuovo di intendere il turismo: esperienziale, attraverso laboratori di attività manuali, e a contatto con la natura”.
(Testo originale in L’Altramontagna)