“Non solo è il gennaio più caldo mai registrato, ma abbiamo anche appena sperimentato un periodo di 12 mesi di oltre 1,5°C al di sopra del periodo di riferimento preindustriale. Le rapide riduzioni delle emissioni di gas serra sono l’unico modo per fermare l’aumento delle temperature globali.” È quanto ha recentemente dichiarato Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service (C3S) commentando i dati relativi all’andamento climatico dell’ultimo anno, in particolare la stagione invernale.
L’inverno 2023-2024, infatti, è in via ufficiale il più caldo mai registrato, superando il record negativo del 2020. Il C3S comunica che la temperatura media dell’aria superficiale di gennaio 2024 è risultata di 13,14°C, quindi 0,70°C superiore alla media del periodo 1991-2020, e 0,12°C sopra la temperatura del precedente mese gennaio 2020.
“Nel gennaio 2024 – riporta Coldiretti – le temperature europee sono variate da molto al di sotto della media del periodo 1991-2020 nei Paesi nordici a molto al di sopra della media nel Sud del continente.”
Poca neve e siccità: già adesso a rischio le riserve idriche
L’emergenza si manifesta anche nelle precipitazioni nevose, come segnala la fondazione Cima: queste hanno un ruolo cruciale nell’approvvigionamento idrico nazionale, in particolare in rapporto al bacino del Po. Il tempo mite e secco degli ultimi mesi, soprattutto a gennaio, ha tuttavia determinato un deficit di -63% di neve sulle Alpi e punte anche maggiori negli Appennini: in Abruzzo, indicatore per l’Appennino centrale, il calo nello snow water equivalent è arrivato infatti a -85%.
Tra i rischi principali e più immediati di questa situazione rientra la siccità, con impatti in ambito agricolo, vitivinicolo e sugli allevamenti, e conseguenze sui prodotti derivati. In contrasto alla problematica, evidenzia l’Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramento fondiario (Anbi), si rendono necessarie misure di stoccaggio e politiche di redistribuzione soprattutto in aree delicate.
In Sicilia ed in Sardegna, ad esempio, l’ente sottolinea come, nonostante sia ancora inverno, si sia già reso necessario porre limitazioni all’utilizzo delle risorse idriche.
E se gli effetti delle carenze idriche impattano il mondo agricolo e umano in generale, anche le conseguenze su flora e fauna non vanno trascurate.
Ecosistema in trasformazione: le conseguenze sui comportamenti animali
Le temperature anomale stanno infatti riportando effetti di varia natura sull’ecosistema, con conseguenze sulla produzione di derrate alimentari. Lo sviluppo anticipato del granchio blu, ad esempio, ha causato tali danni sulla produzione di vongole da rendere necessario interrompere la produzione, denunciano le cooperative del Consorzio Polesine.
I comportamenti di molti animali saranno nel tempo sempre più influenzati da siccità, carenze alimentari e repentine trasformazioni nell’ecosistema locale, spingendoli ad assumere abitudini nuove e più rischiose.
A ciò si aggiungono le complesse interconnessioni tra gli elementi dell’ecosistema, che evidenziano come anche altre specie animali esercitino un ruolo attivo rispetto al cambiamento climatico in atto: secondo uno studio dell’Università di Cambridge e di Canterbury, ad esempio, l’impatto dei cinghiali nelle emissioni di anidride carbonica è di circa 4,9 milioni di tonnellate l’anno.
Le specie animali e vegetali, d’altro canto, rispondono ad un ambiente sul quale esercitiamo un forte impatto antropico. Le conseguenze a lungo termine sono ad oggi un territorio inesplorato, ma la necessità di intervenire con misure di regolazione e mitigazione per arginare l’emergenza è ogni giorno più evidente.