Il cambiamento climatico potrebbe influenzare alcune parti del sistema Terra, innescando punti di non equilibrio e conducendo il Pianeta verso uno stato qualitativamente diverso. Esistono infatti delle soglie critiche, i cosiddetti climate tipping points (CTP), il cui superamento può causare cambiamenti di grande portata, con effetti retroattivi e amplificanti (feedback positivi) tali da provocare trasformazioni irreversibili, come l’inevitabile collasso di una calotta glaciale o la chiusura di un sito di convezione nell’oceano profondo.
Questo passaggio da uno stato all’altro può richiedere decenni o addirittura secoli per trovare una nuova condizione di stabilità. Se i punti di non ritorno vengono superati ora, o entro il prossimo decennio, il loro pieno impatto potrebbe non diventare evidente per centinaia o migliaia di anni.
Molti sistemi naturali sono prossimi ai loro tipping points
Nel mese di dicembre 2023 un team di 200 ricercatori coordinati dal Global Systems Institute dell’Università di Exeter ha presentato alla COP28 il Global Tipping Points Report. L’analisi esplicita come, con l’attuale livello di riscaldamento globale, siano già cinque i sistemi che hanno perso resilienza e sono a rischio di superare le soglie critiche: il collasso delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide Occidentale, il disgelo del permafrost, l’estinzione delle barriere coralline a bassa latitudine, l’interruzione della circolazione oceanico atmosferica del Labrador e dell’Atlantico.
Altri tre sistemi, poi, saranno minacciati nel 2030, quando il riscaldamento globale supererà la soglia di aumento di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale: il deperimento meridionale della foresta boreale, la perdita di ghiaccio marino invernale nel mare di Barents e la perdita dei ghiacciai di montagna.
Questi punti climatici critici sono evidenziati in giallo nella mappa seguente:
L’entità, la repentinità e/o l’irreversibilità di tali cambiamenti risultanti nel sistema Terra può creare situazioni particolarmente impegnative per le società umane e altre specie, rendendo così necessario rivedere l’approccio di governance globale.
I tipping points: forti rischi dall’Antartide alla barriera corallina
La prima identificazione dei CTP nel sistema climatico terrestre si è basata su prove telerilevate dell’accelerazione della perdita di ghiaccio marino artico, delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide. Successivamente, il telerilevamento ha fornito prove fondamentali sull’ubicazione e la prossimità dei punti di rottura delle calotte polari, dell’assottigliamento e dell’arretramento della linea di terra.
Su fondamento di dati, teorie e modelli sono stati identificati venticinque sistemi che presentano tipping points nella criosfera, nella biosfera, nella circolazione oceanica e atmosferica.
Nella criosfera, ad esempio, esistono prove di punti di criticità su larga scala nelle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide; altri sono stati localizzati nei ghiacciai e nel permafrost, mentre nella biosfera si rischiano il degrado della foresta amazzonica, della savana e delle zone aride, l’eutrofizzazione dei laghi, la scomparsa delle barriere coralline e delle mangrovie e il collasso di alcune attività di pesca.
Nelle circolazioni oceaniche e atmosferiche ci sono invece prove di punti critici relativi all’Atlantico e agli oceani meridionali, così come del monsone dell’Africa occidentale.
Secondo lo studio “Exceeding 1.5°C global warming could trigger multiple climate tipping points”, sono nove i CTP che contribuiscono al sistema Terra e sette quelli di impatto regionale che concorrono in modo sostanziale al benessere umano.
L’attuale sistema di riscaldamento di circa 1,1 °C rispetto al periodo preindustriale si trova già all’estremità inferiore di cinque intervalli di incertezza di CTP: sei CTP diventano probabili (e altri quattro possibili) nell’intervallo previsto dall’Accordo di Parigi di un riscaldamento compreso tra 1,5°C e 2°C. Un ulteriore CTP diventa probabile e altri tre possibili al riscaldamento di 2,6°C previsto dalle politiche attuali.
Si comprende dunque che anche l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2016 di limitare il riscaldamento ben al di sotto dei 2°C e preferibilmente di 1,5° non è sicuro, in quanto anche il livello di 1,5° è al di sopra dei rischi di intersecare più punti di svolta. L’incrocio dei CTP può generare feedback positivi che aumentano la probabilità di intersecarne altri. Attualmente il Mondo si sta dirigendo verso il riscaldamento globale da 2 a 3 gradi di aumento: qualora si fermasse a 2°C, si potrebbero ridurre i rischi di punti di svolta, ma sarebbe comunque pericoloso in quanto l’effetto domino dei CTP non sarebbe scongiurato.
Ad esempio, la perdita improvvisa dei ghiacciai che alimentano il deflusso della stagione secca può avere gravi impatti sull’irrigazione terriera a valle e i sistemi agricoli possono presentare i propri punti di ribaltamento nella fornitura di servizi ecosistemici. Il riscaldamento globale potrebbe così causare la perdita di metà dell’intera superficie destinata alla coltivazione di grano e mais.
Un altro caso è l’amplificazione delle ondate di calore persistenti a causa dell’inaridimento della superficie terrestre e dell’accumulo di calore atmosferico. A tal proposito ricordiamo l’ondata di calore dell’Europa nel 2003, nel 2010 in Russia e nel 2021 in Nord America, dove la temperatura ha sfiorato 54° C.
Gli impatti delle ondate di calore e della siccità possono ulteriormente propagarsi a cascata attraverso i sistemi sociali. Si consideri la siccità del 2010 in Russia che danneggiò la produzione di grano, limitandone le esportazioni e contribuendo a un’escalation del prezzo a livello globale, uno dei fattori scatenanti della “primavera araba”.
Minacce e opportunità dei CTP
La crescente destabilizzazione del sistema terrestre minaccia di interrompere la coesione sociale, aumentare i disturbi mentali, amplificare la radicalizzazione e la polarizzazione, con il potenziale di intensificare i conflitti violenti, gli sfollamenti di massa e l’instabilità finanziaria.
Le minacce di punti di svolta negativi potrebbero essere mitigate se ci fosse un grande sforzo per innescare le opportunità di punti di svolta positivi, in cui i cambiamenti desiderabili nella società diventano autopromotori. Essi si attivano quando subentra un feedback di rinforzo maggiore del feedback di smorzamento, come le economie di scala o il contagio sociale. Ad esempio si può agire sulla domanda di energia, rendere il trasporto pubblico più conveniente, utilizzare ammoniaca verde per i fertilizzanti e per produrre carburante per la navigazione, promuovere pratiche rigenerative in agricoltura e sistemi di garanzia del credito che agevolino gli investimenti nel Sud del Mondo.
È urgente una migliore comprensione dell’interazione tra fattori ecologici e sociali, con la necessità di ulteriori ricerche per stabilire cosa sia un punto di svolta sociale per evitare un uso improprio del concetto.
La sola offerta di soluzioni tecnologiche non sarà sufficiente a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. È importante innescare punti di svolta positivi nella domanda di energia, servizi di trasporto e cibo, nelle norme comportamentali, nei valori e nelle pratiche, nelle istituzioni politiche, nei meccanismi di finanziamento internazionali, nei sistemi digitali e informativi, tutti di vitale importanza per garantire la velocità e la portata necessarie del cambiamento sistemico.
Articolo molto interessante e molto ricco di informazioni anche se non positive. Possiamo dedurre che il tempo a disposizione di noi esseri viventi e veramente breve, siamo quasi giunti ad un punto di non ritorno. L’uomo, l’unico responsabile di questo disastro ecologico ha spostato la propri attenzione principalmente su altri problemi più immediati come il covid, o le guerre che stanno devastando un gran numero di nazioni. La macchina degli interessi finanziari, economici, non smette mai di accelerare. Sentiamo spesso di parlare di soluzioni green ma spesso sono etichette dietro alle quali si nascondono gli stessi processi che hanno portato a disastri ecologici. Fare un passo indietro è veramente molto difficile ma necessario.
Gentilissima, la ringraziamo per il suo prezioso commento. Ribadiamo quanto sia urgente una migliore comprensione dell’interazione tra fattori ecologici e sociali, con la necessità di ulteriori ricerche per cercare di non arrivare impreparati a punti di svolta irreversibili, anzi per cercare di innescare punti di svolta positivi che possano coinvolgere vari aspetti della società, dell’economia e della politica che possano evitare ulteriori disastri.