Pace e giustizia è il binomio necessario per garantire un ordine internazionale stabile e scongiurare il pericolo di ulteriori escalation nei conflitti in corso. Più volte abbiamo visto nel corso della storia cosa succede se la pace alla fine di un conflitto è stata vissuta dai belligeranti come un arbitrio del più forte e una violazione della giustizia. Anche dopo guerre terribili, il seme dell’odio ha ridato presto i suoi frutti velenosi, e il desiderio di revanche ha cancellato in fretta la memoria delle terribili sofferenze subite.
Il fuoco della guerra in Ucraina, su cui i media che ora tacciono hanno incoscientemente a lungo soffiato, ancora divampa, e la situazione di stallo sul fronte fa prevedere che nessun organismo internazionale – stante anche la loro evidente debolezza – avrà la capacità di portare la pace nel segno della giustizia. Le violazioni del diritto sono denunciate come enormi da entrambe le parti, mancano gli arbitri riconosciuti, o sono troppo deboli, e comunque non riescono a imporre sanzioni a chi viola diritti e accordi.
Ora è la volta di Israele e Palestina. E, se possibile, la situazione è ancora peggiore. Non solo sul campo di battaglia, ma anche per quanto riguarda la violazione del diritto internazionale. Il che, di conseguenza, allontana ulteriormente la speranza di una pace stabile perché fondata su criteri condivisi di giustizia.
Pochi giorni fa, Domenico Quirico, giornalista de La Stampa, uno dei pochi a esercitare ancora un giornalismo intransigente nell’analisi perché lucidamente ancorato ai fatti, ha parlato di “agonia del diritto internazionale”. È veramente così? Cosa resta del diritto nel conflitto in corso? Per rispondere non basta, purtroppo, considerare l’efferatezza delle notizie che ci giungono. Ogni guerra porta con sé – certo in misura maggiore o minore – crudeltà e brutalità inflitte ai soldati nemici e ai civili, ma l’asserita agonia del diritto internazionale sarebbe un ulteriore e forse decisivo ostacolo a ogni tentativo di costruire la pace sulla giustizia.
In questo dossier – i cui contenuti saranno interamente pubblicati nei prossimi giorni – affrontiamo con giuristi, politologi e un commento di Amnesty International il problema da vari punti di vista.
Per il politologo Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali presso l’Università Statale di Milano, le grandi potenze, garanti e responsabili del diritto internazionale, sono ormai impotenti: mancano diplomazia, prevenzione e un modello negoziale. In Palestina, infatti, sono ormai stati legittimati il diritto di rappresaglia e la punizione collettiva.
In video il politologo Alessandro Colombo
Con la giurista di Unife Alessandra Annoni possiamo ripercorrere un commento articolato per punti e documentato con esempi dei principi del Diritto internazionale umanitario stravolti nel conflitto.
In video la giurista Alessandra Annoni
Nella ricostruzione del giurista Triestino Mariniello, docente presso la Liverpool John Moores University (Regno Unito), ripercorriamo le tappe principali del tentativo fallito di portare davanti alla Corte penale internazionale la questione palestinese. Un fallimento che mette in gioco l’esistenza stessa della corte.
In video il giurista Triestino Marinello
Un passaggio forse importante è stata l’accusa di genocidio presentata dal Sudafrica nei confronti di Israele. Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, l’adozione di eventuali misure cautelari potrebbe significativamente cambiare la vita dei civili palestinesi a Gaza.
L’articolo con l’intervista a Riccardo Noury
Infine, la portata globale del problema è illustrata dal giurista Luigi Ferrajoli. Il quadro generale, articolato secondo i principali piani di analisi, è caratterizzato dal crollo del diritto, della ragione e della politica e mette in pericolo la sopravvivenza stessa dell’Umanità. Per questo non basta dichiarare i diritti umani: servono garanzie e politiche per ottenerli.
In video il giurista Luigi Ferrajoli
I contributi in video sono l’adattamento giornalistico degli interventi al seminario organizzato dal Centro studi giuridici europei sulla grande criminalità – Macrocrimes del Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Ferrara, insieme al Centro Jura Gentium – Centro di Filosofia del diritto internazionale e della politica globale e con la collaborazione del Laboratorio per la pace dell’Università di Ferrara, del Centro di ateneo per la cooperazione allo sviluppo internazionale, della rivista Athena – Critical Inquiries in Law, Philosophy and Globalization e del Movimento nonviolento.