La Conferenza delle parti (COP28) si è conclusa il 13 dicembre a Dubai in un’atmosfera di cauto ottimismo nonostante le iniziali critiche rivolte al presidente, Sultan Al Jaber, per i suoi legami con l’industria petrolifera. L’accordo raggiunto promette di influenzare le agende di ricerca universitarie a livello mondiale per i prossimi due anni, focalizzandosi su soluzioni innovative per l’adattamento e la resilienza.
Tra i risultati principali vi è l’impegno verso il Fondo per le perdite e i danni (loss and damage), con la Rete Santiago, istituita alla COP25 e resa operativa alla COP28, che mira a gestire le perdite economiche e i danni ambientali.
La Rete Santiago: coordinare gli impegni a sostegno dei Paesi in via di sviluppo
Il dialogo sul Santiago Network for Loss & Damage, iniziato alla COP27, mira a rendere operativo questo meccanismo. Mobilitando assistenza tecnica da parte di organizzazioni, istituzioni, reti ed esperti competenti, la Rete vuole infatti implementare strategie idonee per prevenire, attenuare e affrontare perdite e danni su scala locale, nazionale e regionale.
Questo approccio è particolarmente focalizzato sui Paesi in via di sviluppo, che risultano estremamente vulnerabili rispetto agli impatti avversi del cambiamento climatico. Alla COP28 si è promossa la transizione globale verso fonti energetiche sostenibili e si è affrontato con successo l’adattamento alle nuove condizioni climatiche, oltre a mitigare le perdite e i danni, con l’importanza di lavorare affinché i Paesi in via di sviluppo beneficino di un impegno continuativo e concreto da parte delle Nazioni sviluppate.
Il Warsaw International Mechanism for Loss and Damage (WIM, meccanismo internazionale di Varsavia per perdite e danni) è invece lo strumento per affrontare perdite e danni associati agli impatti dei cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo, la cui attuazione vedrà impegnate le università e gli enti di ricerca in quanto richiede di migliorare la generazione di conoscenza, rafforzare il dialogo e la cooperazione, e potenziare le azioni di sostegno e supporto, inclusi finanza, tecnologia e capacity building.
Alla COP28 l’accordo è stato ufficialmente raggiunto, con promesse di contribuzione da parte degli Stati, ma è fondamentale, una volta istituito il fondo, garantirne il finanziamento: la contribuzione al fondo sarà infatti volontaria e accessibile a tutti i Paesi in via di sviluppo, con una quota minima destinata a quelli più in difficoltà e alle piccole isole.
Nonostante sia considerato un accordo storico, vi è il riconoscimento che molto lavoro resta da fare. Il successo dipenderà dall’adeguato finanziamento del fondo e dall’effettivo supporto alle vittime della crisi climatica. Tuttavia, l’assenza di un piano chiaro per le future contribuzioni solleva preoccupazioni sulla sostenibilità del fondo, segnando solo il primo passo in un contesto di negoziazioni globali complesse e spesso contraddittorie.
Mix energetico: accanto alle rinnovabili, possibile anche l’inclusione del nucleare
Sul fronte energetico, l’inviato speciale per l’Italia, Francesco Corvaro, ha espresso soddisfazione per i risultati raggiunti e ha sottolineato la necessità per l’Italia di adottare un nuovo mix energetico. Corvaro, enfatizzando l’importanza di includere il nucleare e la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), rimarcando che questi elementi sono cruciali per seguire le linee guida stabilite dall’accordo della Conferenza sul clima dell’Onu.
Ha infatti evidenziato come la COP28 abbia introdotto la necessità di allontanarsi dai combustibili fossili e ha considerato questo un progresso significativo, sebbene vi siano ampi margini di miglioramento. Ha inoltre spiegato che l’Italia dovrà adottare misure concrete per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050, includendo l’aumento delle fonti rinnovabili, il raddoppio dell’efficienza energetica e l’uso di altre risorse strategiche, come il nucleare.
Per la prima volta la fonte nucleare è stata esplicitamente menzionata nel testo di una COP, accanto alle rinnovabili. Secondo Corvaro, per raggiungere gli obiettivi ambiziosi dell’accordo di Parigi l’Italia deve considerare tutte le opzioni disponibili, inclusi i reattori nucleari di varie generazioni e i moduli nucleari compatti, riconoscendo che le decisioni specifiche su queste tecnologie spettano alla sfera politica.
Gli investimenti climatici in sistemi alimentare e sicurezza idrici sono redditizi e aiutano a ridurre le emissioni
C’è, infine, la questione della trasformazione dei sistemi alimentari, ormai cruciale per realizzare l’Accordo di Parigi, poiché sono altamente vulnerabili agli impatti climatici e responsabili del 30% delle emissioni di gas serra, dell’80% della deforestazione e di oltre il 70% dell’uso di acqua dolce. Il cambiamento climatico ha già ridotto la produttività agricola del 21%, mentre, nel frattempo, i sistemi alimentari non riescono a sfamare tutti, con circa 720 milioni di persone che soffrono la fame.
Contemporaneamente, l’acqua è spesso il primo modo in cui le comunità sperimentano il cambiamento climatico, attraverso la scarsità, la siccità e l’abbondanza. Circa il 35% delle zone umide interne naturali del Mondo, che forniscono servizi ecosistemici critici, è stato perso. Le aree urbane sopportano invece oltre l’80% dei costi per adattarsi alle mutevoli condizioni idriche a causa di alluvioni, scarsità d’acqua e innalzamento del livello del mare.
Per entrambi i settori, i delegati della COP hanno evidenziato che gli investimenti climatici, in particolare nelle comunità di prima linea, offrono forti rendimenti socio-economici, oltre a riduzioni delle emissioni.
C’è l’aspettativa che nei negoziati futuri dei prossimi due anni, ad Azerbaijan (2024) e Brazile (2025), si alzerà l’asticella delle ambizioni con maggiori dettagli sulla sicurezza alimentare e accesso all’acqua. Inoltre, sarà necessario definire la gestione del nucleare se si dovesse decidere di lasciarla come opzione di tecnologia disponibile per transitare dai combustibili fossili.
A livello generale questa COP28 si può descrivere come un volo decollato cinicamente con qualche turbolenza, viste le COP precedenti e le critiche espresse dell’attuale presidente, ma atterrato con qualche difficoltà, tuttavia arrivando a destinazione con un pizzico di speranza per i futuri voli. Anche se il termine “phase out” o l’eliminazione completa dei combustibili fossili non è stato presente, si può dire che si è cercato di rendere più difficile concepire un presente e futuro con essi, lasciando la scadenza per la transizione al 2050. Quindi si potrà dire addio al petrolio, ma più avanti nel tempo.