“I numeri parlano da soli: 50.370 delegati, 15.063 Organizzazioni non governative (Ong), 1.293 enti di stampa e comunicazione. E una grande novità è stato il focus su giovani, donne e persone con disabilità, nonché l’istituzione di un fondo per supportare i Paesi più svantaggiati nel gestire le perdite economiche dovute alla crisi climatica.” Commenta così la sua partecipazione alla Conferenza delle parti (COP28) Paolo Ciavola, docente di Geografia fisica e geomorfologia presso l’Università di Ferrara.
L’Università di Ferrara ha partecipato alla COP28 con alcuni docenti in qualità di osservatori, ai quali abbiamo chiesto un commento su questa edizione della conferenza annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici.
La tutela di oceani e coste: monitoraggio e infrastrutture resilienti
Tra gli eventi in programma, si è tenuto l’incontro “Coordinating for greater ocean-based climate change ambition: A UN-Oceans perspective”, incentrato su come l’Onu sta lavorando per costruire sinergie a livello nazionale e internazionale per la mitigazione e l’adattamento basati sugli oceani.
“Per quanto riguarda i disastri naturali di origine metereologica – prosegue Ciavola – è stata confermata l’importanza dell’utilizzo dei dati satellitari per il monitoraggio degli eventi, sia in un’ottica di prevenzione sia post-evento.
Tra gli argomenti discussi, alcuni delegati delle principali agenzie dell’Onu hanno sottolineato la vulnerabilità delle infrastrutture portuali delle isole caraibiche, che ne rappresentano la principale porta d’accesso non solo per i trasporti ordinari ma anche per l’arrivo di eventuali aiuti in caso di eventi catastrofici come gli uragani.
Teniamo inoltre presente che questi fenomeni interessano spesso più isole contemporaneamente, rendendo ulteriormente difficile la logistica degli aiuti: vanno dunque ripensati i criteri di progettazione delle infrastrutture in generale, considerando il crescente innalzamento del mare e la sempre maggiore probabilità che accadano eventi di questo tipo.
A Dubai abbiamo poi discusso di allerte costiere con i delegati presenti all’evento, organizzato dalla Ocean and Climate Platform nell’Ocean Pavillon, dedicato alle città costiere e alle sfide per la sopravvivenza delle popolazioni che vivono nelle piccole isole del Pacifico a rischio di scomparire.
Si tratta di intere popolazioni da spostare da luoghi di origine che sono a rischio sommersione, per le quali si parla oggi di ‘rifugiati climatici’.”
È un tema particolarmente urgente e drammatico, e Anne Rasmussen, negoziatrice capo dell’Alleanza dei piccoli stati insulari Alliance of Small Island States (AOSIS), un gruppo di trentanove Paesi, si è lamentata proprio della scarsa attenzione prestata al tema durante la Conferenza e di quanto gli impegni presi siano gravemente insufficienti.
Tutelare il patrimonio archeologico lungo le coste, soprattutto nel Mediterraneo
Altro argomento di spicco è stata la vulnerabilità del patrimonio archeologico in seguito al perdurare dell’erosione costiera. “Molti siti sono a rischio – afferma il docente – perciò è necessario mapparne la vulnerabilità alle mareggiate e all’erosione costiera, fenomeno particolarmente preoccupante nel Mediterraneo, dove il patrimonio è spesso localizzato lungo le coste.
Sono dunque necessarie azioni di mitigazione sostenibili a lungo termine che rispettino la peculiarità culturale e paesaggistica dei siti tutelati. A tal proposito mi sono confrontato con le istituzioni dell’Organizzazione della Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, UNESCO) per poter riproporre in futuro l’esperienza e le metodologie sviluppate su scala europea dal nostro ateneo sul rischio costiero.”
Nel padiglione italiano, infine, Unife ha presenziato in particolare a una sessione sulle sfide del nostro Paese di fronte alla crisi climatica, organizzata da RemTech Expo, Hub tecnologico ambientale specializzato su risanamento, rigenerazione e sviluppo sostenibile dei territori. “Si è ampiamente parlato di Scienze della Terra, che devono giocare un ruolo importante nel Paese. Tuttavia – conclude – i professionisti non hanno oggi una preparazione di base aggiornata rispetto alla richiesta di competenze trasversali nei piani di adattamento del territorio. I curricula universitari vanno dunque adattati alle richieste del mercato del lavoro, anche su scala transnazionale, con specifiche competenze linguistiche e applicative.”