L’allarme era stato lanciato già due anni fa, nel corso della COP26: con un’altitudine media sul livello del mare di due metri, le isole di Tuvalu rischiano di scomparire sotto l’acqua a causa dei cambiamenti climatici. L’arcipelago delle Tuvalu è uno stato insulare polinesiano, situato nella porzione occidentale del Pacifico e costituito da nove atolli che si estendono per 26 chilometri quadrati sui quali vivono poco più di 11mila persone. Due dei suoi nove atolli sono già stati in parte sommersi, e si stima che l’arcipelago entro ottant’anni diventerà inabitabile.
Alla COP28 di Dubai, il caso delle piccole isole è stato al centro di di una dichiarazione molto risentita di Anne Rasmussen, capo delegazione dell’l’Alleanza dei piccoli stati insulari (Alliance of Small Island States – AOSIS), dato che l’accordo finale della conferenza è stato preso prima che potesse unirsi agli altri delegati presenti nella sala. L’alleanza raggruppa trentanove nazioni insulari particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici.
Per le nazioni insulari del Pacifico, e per molti altri stati insulari e costieri vulnerabili all’innalzamento del livello del mare, l’accordo risulta gravemente insufficiente.
“Vediamo una litania di scappatoie”, si legge nella dichiarazione di AOSIS in reazione all’accordo. “Non consente l’eliminazione graduale dei sussidi e non ci fa avanzare oltre lo status quo”.
Qualche centinaio di permessi all’anno in Australia
E’ in questo contesto che per la prima volta si sente parlare di “asilo climatico” per questi stati. L’Australia, infatti, ha annunciato ai primi di novembre che concederà l’asilo climatico agli abitanti di Tuvalu perchè per loro la crisi climatica rappresenta una minaccia esistenziale. L’Australia è un Paese con una politica anti immigrazione severissima, accusata di essere al limite della crudeltà.
I cittadini di Tuvalu che potranno richiedere un visto di studio o lavoro e accesso al sistema sanitario e scolastico australiano nella misura di 280 persone all’anno.
Il cambiamento climatico è una delle principali preoccupazioni per le nazioni dell’Oceano Pacifico che affrontano pericoli in rapida crescita come la perdita di sempre più terra a causa dell’innalzamento del livello degli oceani, scarsità di acqua dolce e rischi per la sicurezza alimentare dovuti alla mancanza di raccolti.