Il nostro Pianeta rischia di essere distrutto da un mare di alluvioni e incendi. Donne, persone di colore, indigeni e altri gruppi marginalizzati si trovano nella fase finale del collasso climatico, mentre i più ricchi vedono le loro fortune crescere costantemente. I giovani e le generazioni future affronteranno le peggiori conseguenze del fallimento contro il cambiamento climatico. Non sono sfide separate: le crisi del clima e della disuguaglianza sono correlate, fuse assieme e si alimentano a vicenda. Significa riconoscere che una radicale crescita dell’uguaglianza è una precondizione per porre fine al collasso climatico e alla povertà.
Così si legge nel report “Climate Equality: A planet for the 99%” rilasciato da Oxfam, dal quale emerge come crisi climatica e crescenti disuguaglianze tra ricchi e poveri siano fenomeni strettamente correlati. Ciò significa che è necessario evidenziare, soprattutto in relazione alla Conference of Parties (COP28), non solo le responsabilità storiche e attuali delle nazioni a medio e alto reddito, ma anche il ruolo che ricoprono i singoli più ricchi attraverso stile di vita, investimenti e legami con la politica.
Ci sono infatti forti disparità nelle emissioni, nell’impatto climatico, nelle responsabilità e nella capacità di agire, al punto che le disuguaglianze economiche tra i Paesi sono oggi il 25% più ampie di quanto lo sarebbero in un Mondo senza riscaldamento globale. I Paesi e gli individui meno responsabili stanno infatti subendo le peggiori conseguenze della crisi climatica, oltre ad avere meno possibilità di affrontarle e recuperare, in un processo definito “apartheid climatico”.
Pochi miliardari inquinano quanto cinque miliardi di poveri
Nel 2019 le emissioni dell’1% più ricco della popolazione (pari a circa 77 milioni di persone) sono arrivate al 16% del totale – pari allo stesso impatto dei due terzi più poveri, circa 5miliardi di persone, e maggiore delle emissioni complessive di macchine e trasporto su strada.
Il report, basato su dati del 2019 e su ricerche dello Stockholm Environment Institute (SEI), mostra il netto divario tra l’impronta di carbonio dei super-ricchi e la maggioranza della popolazione. Tassare equamente i primi contribuirebbe dunque a frenare sia il cambiamento climatico sia le disuguaglianze.
In particolare, sono soprattutto le persone che vivono in povertà, le donne, le comunità indigene e i Paesi del Sud del Mondo a subire maggiormente gli impatti climatici, che a loro volta accrescono il divario in un continuo circolo vizioso.
I Governi possono affrontare questa doppia crisi agendo sulle eccessive emissioni dei super ricchi e favorendo investimenti che vadano incontro agli obiettivi climatici. Secondo Oxfam, ad esempio, una tassa del 60% sui redditi dell’1% più ricco permetterebbe di evitare una quota di emissioni maggiore del totale delle emissioni del Regno Unito e farebbe raccogliere 3,4 trilioni di dollari l’anno per finanziare la transizione alle energie rinnovabili.
Stili di vita, politica e investimenti: come i miliardari inquinano
Secondo uno studio che ha analizzato la vita di venti miliardari, ognuno di essi produce una media di 8mila tonnellate di CO2 l’anno. Anche il 10% più ricco della popolazione ha un ruolo chiave, poiché rappresenta la metà delle emissioni totali, di cui il 60% proviene da Paesi ad alto reddito. Pur non avendo la stessa influenza dei super-ricchi, anche la voce politica e il peso economico di questo 10% sono importanti per assicurare i cambiamenti necessari.
Da dove derivano queste emissioni? A incidere maggiormente sono le emissioni legate agli investimenti, che rappresentano tra il 50% e il 70% delle emissioni dei super-ricchi e consentono loro di controllare molte delle aziende più grandi e potenti al Mondo.
In parte provengono poi dallo stile di vita, basato sul consumo continuo ed eccessivo, a partire dall’uso di aerei privati (5,3 milioni di tonnellate di CO2 tra il 2020 e il 2023) posseduti soprattutto da uomini bianchi, con più di cinquant’anni che lavorano nel settore bancario, nella finanza e nel settore immobiliare.
Infine c’è la grande influenza sulla politica. I politici di Stati Uniti, Commissione europea, ministeri inglesi e deputati australiani, ad esempio, sono parte di quell’1% più ricco ma sono anche chiamati a decidere sulle leggi per la riduzione di quelle stesse emissioni di cui restano i principali responsabili.