Mentre si assiste a una fuga del personale dal Sistema sanitario nazionale (Ssn) in settori strategici per il buon funzionamento del Sistema, secondo un’indagine dell’Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, tre italiani su quattro (76%) ritengono che la sanità debba essere pubblica e quasi tutti (90%), che debba rappresentare una priorità per il Governo.
ll problema è particolarmente sentito dai pensionati che, secondo una recente ricerca del SPI CGIL condotta su 10 mila iscritti ed elaborata da IRIS (Istituto di ricerca per l’impresa sociale), indicano come priorità una sanità più efficiente: ridurre i tempi di attesa per visite ed esami, trovare risposte nei pronto soccorso, avere più medici di famiglia vicino a casa.
Servizio sanitario regionale promosso dalla maggioranza, ma non al Sud
Secondo l’indagine di Fnomceo, nonostante molti intervistati (45%) ritengano che la qualità del servizio offerto negli ultimi anni sia diminuita, più della metà degli italiani (il 54%) promuove il servizio sanitario regionale. Grandi sono però le differenze territoriali: si va dal 69% di soddisfazione al Nord al 41% del Sud e delle isole. Ne consegue che quando si chiede chi debba guidare la sanità tra Stato e Regioni, al Nord prevale il modello regionale mentre al Sud si chiede un intervento statale, verosimilmente nella speranza che questo riequilibri la qualità del servizio sanitario.
Al Sud e nelle isole il 79% degli intervistati ha dichiarato di essere costretto a spostarsi in altre Regioni alla ricerca di centri di eccellenza, a fronte del 63% a livello nazionale. La stragrande maggioranza degli italiani, il 93%, vorrebbe un’organizzazione sanitaria che porti l’eccellenza dove vive, senza per forza essere costretti a “viaggi della speranza”, costosi in termini di denaro, tempo ed energie.
In media, ad oggi gli italiani risparmiano il 10% delle proprie entrate per le spese sanitarie, ma tanti (il 23%) purtroppo vorrebbero ma non riescono a farlo, tanto che ad oggi circa 3 milioni di italiani ammettono che, quando devono usufruire di prestazioni sanitarie a pagamento, rinunciano a curarsi.