“I principi fondanti del Servizio sanitario nazionale (Ssn), universalità, uguaglianza, equità, sono stati traditi.” Esordisce così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, alla presentazione del sesto Rapporto sul Ssn, avvenuta il 10 ottobre presso il Senato della Repubblica.
I tagli alla sanità rappresentano oggi una tendenza a livello globale, mentre aumentano le disuguaglianze nell’accesso alle cure. Non fa eccezione il nostro Paese, nel quale da oltre quindici anni prosegue l’indebolimento del Ssn, con il crescente rischio di passare da un sistema nazionale basato su un diritto costituzionale a ventuno sistemi regionali regolati dal libero mercato.
La Fondazione Gimbe chiede pertanto “un patto sociale e politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, rilanci quel modello di sanità pubblica, equa e universalistica da cui ci stiamo allontanando, pilastro della nostra democrazia, conquista sociale irrinunciabile e grande leva per lo sviluppo economico del Paese.”
Cala la spesa sanitaria pubblica: siamo sotto la media Ocse e Eu
Nel tempo tutti i Governi hanno tagliato o non adeguatamente investito nella sanità. Tra il 2010 e il 2019, infatti, ci sono stati tagli di spesa di oltre 37 miliardi. Nel biennio 2020-2022 il fabbisogno è poi aumentato di 11,2 miliardi, ma il rilancio è stato assorbito dal Covid-19, per cui il Ssn non ne ha tratto vantaggio in termini strutturali.
Infine, per il 2023-2026 la Legge di bilancio ha incrementato il fabbisogno ma il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo (Pil) cala da 6,6% a 6,1% e l’incremento della spesa sanitaria, in termini assoluti, sarà di solo +1,1% nel periodo 2024-2026 (4.238 milioni).
Attualmente la spesa sanitaria pubblica è al 6,8% del Pil, sotto di 0,3 punti sia della media dei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sia della media europea.
Il divario con la media dei Paesi europei di area Ocse è di 829 euro pro-capite: tenendo conto della popolazione residente, si tratta di quasi 48,8 miliardi di euro per il 2022.
Assistenza e personale sanitario: forti divari tra Nord e Sud
Permane un profondo gap strutturale tra Nord e Sud, che alimenta la mobilità sanitaria verso le Regioni settentrionali, mentre l’autonomia differenziata in ambito sanitario non farà che alimentare le disuguaglianze.
Da un lato, tra il 2010 e il 2019 nessuna Regione meridionale rientra tra le prime dieci adempienti al mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), nel 2020 c’è solo la Puglia (undicesima) e nel 2021 delle quattordici adempienti solo tre sono al Sud.
Dall’altro, si confermano ulteriori differenze nel personale sanitario, soprattutto infermieristico per il quale il nostro Paese si colloca molto sotto la media Ocse (1,5 contro 2,7), con un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa: nel 2021 è di 2,4 (e va da 1,83 in Sicilia a 3,3 nella Provincia autonoma di Bolzano).
Non raggiunti e peggiorati gli obiettivi del Pnrr
Infine, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): funzionalmente attive, al 30 giugno 2023, sono 187 Case di comunità su 1.430, 77 Centrali operative territoriali su 611 e 76 Ospedali di comunità su 434, con un netto ritardo del Sud – cui si aggiungono gli ulteriori tagli di case, ospedali di comunità e centrali operative territoriali presentati a luglio alla Commissione europea, non ancora ratificate.
Secondo Cartabellotta, servono coraggiose riforme di sistema. La Fondazione propone dunque un Piano di rilancio del Ssn che comprende, tra i diversi punti, l’adozione di un approccio integrato alla salute one health, un rilancio del finanziamento pubblico per ridurre le disuguaglianze e un incentivo all’alfabetizzazione sanitaria per promuovere stili di vita più sani e ridurre il consumismo sanitario.