Un milione di firme in almeno sette Stati membri dell’Unione Europea (Ue) entro il 10 luglio 2024. È questo l’obiettivo della campagna “Stop Border Violence. Art. 4: stop alla tortura e ai trattamenti inumani ai confini d’Europa”, registrata come Iniziativa dei Cittadini europei, ovvero strumento di democrazia partecipativa per chiedere alla Commissione europea un intervento legislativo.
Rispettare l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue
“Come cittadini europei, sentiamo il dovere di chiedere il rispetto dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue: ‘nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti.’ – afferma ad Agenda17 Silvia Ridolfi, referente della campagna Stop Border Violence a Ferrara, che ha organizzato per il 6 ottobre un flash mob per lanciare la campagna di adesioni -. È ora di unire in un’azione politica comune quanti si oppongono alle morti, alle violazioni dei diritti fondamentali, alle torture, agli abusi contro esseri umani inermi, colpevoli solo di cercare una vita dignitosa e una speranza per il futuro.
L’Unione Europea si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà: così recita la Carta dei diritti fondamentali.
Da anni, tuttavia – afferma Ridolfi -, in Croazia, Francia, Bulgaria, Grecia, Italia e Spagna, abusi e violenze sono ormai la cifra della gestione europea delle migrazioni, come in Libia, Turchia e Tunisia, Paesi che l’Europa e l’Italia finanziano per impedire l’ingresso dei richiedenti asilo.”
Respingimenti e violenza sono la norma
Il rapporto “From Development to Deterrence” di Oxfam, pubblicato questo settembre, ha infatti denunciato che più del 60% (667 milioni di euro) del budget dell’Ue destinato alla cooperazione e all’aiuto umanitario in Libia, Tunisia e Niger, è utilizzato per contenere i flussi migratori. Alle frontiere dell’Ue con Serbia e Bosnia ed Erzegovina, i richiedenti asilo sono soggetti a respingimenti (30mila dal 2020 al 2022 in Bosnia), violenze e distruzione di oggetti personali da parte della polizia croata, come documenta il report di Human Rights Watch di maggio “Like We Were Just Animals”.
E i respingimenti e le violazioni continuano anche all’interno dell’Ue, come nel caso di Ventimiglia al confine italo-francese. Infine, nei campi di accoglienza, dalla Grecia all’Italia, i migranti sono soggetti a condizioni degradanti a causa del sovraffollamento e della scarsità di servizi igienici e di assistenza: a farne le spese sono sempre le persone più vulnerabili, come donne, bambini e malati.
Far sentire la propria voce
La campagna Stop Border Violence, che si può firmare online nella piattaforma della Commissione Europea, chiede quindi all’Ue di istituire meccanismi di monitoraggio contro gli abusi alle frontiere esterne e interne, di sospendere e non stipulare in futuro accordi con Paesi terzi che non rispettano i diritti umani, di stabilire standard minimi per il sistema di accoglienza e infine di prevedere sanzioni in caso di violazioni delle normative.
Iniziative come questa e come #DignityInEurope, focalizzata sul sistema di accoglienza dell’Ue, rappresentano un’assunzione di responsabilità da parte dei cittadini europei. Esse intendono “unire tutte le realtà della società civile, in modo trasversale e unitario, dalle associazioni ai sindacati, dalle chiese ai movimenti, fino a tutti i singoli cittadini che vogliono dire basta alla negazione da parte dei nostri Governi dei valori espressi nella Carta fondante dell’Unione” conclude Ridolfi.