Partiamo da alcuni dati, per vedere cosa significano nel contesto delle fonti.
L’analisi di Confindustria: il sistema educativo è una zavorra per l’impiego
Pochi giorni fa, Il Sole 24 Ore titolava una pagina interamente dedicata al mercato del lavoro giovanile: “Le dieci zavorre che frenano i giovani”.
Ebbene, le prime quattro di queste zavorre derivano proprio dal sistema educativo: il gap negli apprendimenti (uno studente su due è senza competenze di base), gli abbandoni scolastici (tra i più alti in Europa), i divari regionali, il primato Neet (i giovani che non studiano e non lavorano, Not in Employment, Education or Training).
Il giornale della Confindustria è molto attento ai problemi del lavoro, e segnala che solamente Grecia e Spagna hanno tassi di disoccupazione dei giovani più alti del nostro.
La povertà educativa secondo l’ANSA
Alcuni giorni dopo, l’agenzia di stampa ANSA.it titola un lungo servizio: “Povertà educativa in aumento, il futuro sottratto ai giovani. Dall’abbandono degli studi ai Neet, in un’Italia a due velocità”.
In questo caso il focus dell’agenzia non è il lavoro, ma la qualità della vita dei giovani che, per alcune fasce sociali e in alcune aree territoriali, è talmente povera dal punto di vista culturale da poter essere messa in relazione con gravissimi comportamenti sociali portati alla luce da recenti fatti di cronaca che vedono coinvolti minorenni.
Anche in questo caso i dati sono tanti e provengono da diverse fonti. L’associazione Con i bambini rileva la correlazione tra povertà economica (che in forma assoluta o relativa colpisce 3milioni e 600mila minori) e povertà culturale, mentre Save the children segnala il numero da record dei Neet nel nostro Paese e il fatto che quasi un diplomato su dieci nel 2022 è senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università.
Openpolis segnala che le Regioni in cui la dispersione implicita è risultata più elevata, sono Campania (19,8%), Sardegna (18,7%), Calabria (18%) e Sicilia (16%), Regioni che sono sopra la media anche per la quota di giovani che hanno lasciato la scuola con al massimo la licenza media.
Collegare e interpretare i dati: il ruolo del divario territoriale
Tutti questi dati sono molto interessanti e segnalano, da diversi punti di vista, la complessità della situazione.
C’è però un elemento che li accomuna e che allora vale la pena di fare emergere e sottolineare: le forti differenze territoriali, fondamentalmente fra Nord e Sud del Paese (di cui Agenda17 si è già occupata).
Sia l’analisi di Confindustria, sia quelle di chi studia i giovani convergono su questa differenza come elemento centrale del problema. Questo è, dunque, ciò che va tenuto d’occhio e documentato. Tanto più ora che sono arrivati i soldi (molti) del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e che gli impegni di spesa presi dal Governo sembrano non tener conto di questo divario.