Un’infrastruttura ciclabile di oltre 700 chilometri lungo il fiume Po. Si chiama Vento, e l’idea nasce nel 2010 da un gruppo di architetti, ingegneri e urbanisti del Politecnico di Milano, che si sono chiesti come tenere in vita i piccoli Comuni soggetti a spopolamento e invecchiamento della popolazione.
L’obiettivo, infatti, è di portare turisti nelle piccole località non toccate dal turismo di massa, di aumentare l’entrata economica dei piccoli imprenditori locali, di far conoscere territorio, gastronomia e cultura senza mai dimenticare la concezione dello slow tourism.
Non solo turismo, ma anche lavoro e sviluppo per le aree marginali
In Austria, Germania, Olanda e Francia le grandi ciclabili lungo i fiumi sono il motore di una sana occupazione e hanno la forza per contrastare, o almeno rallentare, le dinamiche di spopolamento che hanno colpito vaste aree in seguito a processi di deindustrializzazione. Sulla scia di questi esempi, la proposta di Vento è di un viaggio aperto a tutti e per tutti, con una pista ciclopedonale larga 3,5 metri che per la maggior parte della sua estensione correrà lungo l’argine del Po.
Non si tratta però solo di una proposta turistica, ma è anche un’idea di sviluppo economico, sociale e culturale immaginato soprattutto per rianimare luoghi bellissimi ma fragili del nostro Paese.
Il progetto vuole infatti instaurare un rapporto tra il cicloturista e la popolazione locale, anche e soprattutto oltre i classici periodi di villeggiatura del turismo di massa.
Un progetto avviato, ma ancora frammentario
Dal 2016 Vento è parte del Sistema nazionale di ciclovie turistiche, ed entro questa cornice, grazie alle risorse stanziate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad aprile 2020 è stato dato avvio alla progettazione definitiva ed esecutiva dei primi quattro lotti, uno in ciascuna Regione.
Al momento, i tratti esistenti, pedalabili in sicurezza perché in ‘regola’ con la Direttiva Ministeriale 375/2017, sono 52,8 km (il 7,5% di 704,7 km) e si trovano sparpagliati sul territorio: un pezzo a Torino, un altro a Ferrara, uno lungo il Naviglio Pavese e un altro al Lido di Venezia.
I tratti pedalabili agendo sulle regole d’uso, come per esempio le strade con buona pavimentazione e larghezza, si estendono per 66,9 km (9,5%) e anche in questo caso sono tanti pezzettini. I tratti invece pedalabili con interventi di modesta entità, come rifare la pavimentazione e allargare la pista, coprono oltre la metà del tracciato, cioè 399 km (56,6%).
Infine ci sono i tratti che necessitano di interventi importanti come i ponti, i sovrappassi, i sottopassi, i terrapieni: in questo caso, il totale è di 186 km (26,4%).
Un’occasione per migliorare il trasporto pubblico
Un altro dei principali obiettivi è la sicurezza. La ciclovia deve infatti essere collegata a una rete di trasporto pubblico, a partire dalle imbarcazioni sul Po che saranno pensate per accogliere eventuali turisti con bicicletta a seguito. Così come una stazione ferroviaria pensata per dare, ogni sei chilometri, la possibilità ai turisti di raggiungere le città limitrofe.
Le norme del protocollo di sicurezza indetto tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto definiscono come fondamentali accorgimenti quali la riqualificazione e messa in sicurezza del tracciato esistente e della segnaletica o la realizzazione di attraversamenti ciclabili rialzati, per garantire un’esperienza serena e accessibile da fare in completa sicurezza.
Oggi non ci sono ancora le condizioni per poter percorrere Vento in sicurezza e per tutta la sua estensione, però la ciclovia si sta via via realizzando per lotti grazie ai fondi messi a disposizione dal Governo e dalle Regioni.
Poche nuove infrastrutture a favore del recupero dell’esistente
Al momento, dati recenti sui collegamenti navali o ferroviari non ci sono e probabilmente si andrà avanti a lungo per il loro reale collegamento.
I fondi tuttavia dovrebbero essere utilizzati per realizzare nuovi ponti, o sistemare quelli esistenti sul Po e gli oltre 100 affluenti e corsi d’acqua minori.
Inoltre, per le soste durante il viaggio, il progetto punta a utilizzare le piazze esistenti lungo la linea dove già è possibile trovare tutti i servizi necessari. L’idea è dotare questi spazi con aree attrezzate, in modo da portare movimento nelle piccole località.
Infine, oltre alla barca, in futuro ci sarà anche il treno che corre nelle linee ferroviarie minori a poca distanza dalla pista, creando così anche l’occasione di risanare il grande patrimonio delle stazioni impresenziate attraverso un progetto di immagine coordinata.
Nel 2012 il costo previsto della ciclovia era di 80 milioni di euro, ma oggi è passato a 182,4 milioni di euro a causa di una serie di motivazioni tra cui il fatto che nel 2012 il costo era relativo alle sole opere, inoltre la normativa è cambiata (da 2,5 metri di larghezza ora la direttiva suggerisce 3,5 metri) e lo studio del 2012 prevedeva di utilizzare i ponti esistenti mentre il progetto di fattibilità per motivi tecnici ha talvolta optato per delle nuove opere.
Ad oggi i fondi a disposizione corrispondono a poco più di 20 milioni di euro (20.881.024,90), di cui poco meno di 14 milioni (13.869.024,90) stanziati dal Ministero mentre 7.012.000,00 € sono relativi ai cofinanziamenti da parte di alcune delle quattro Regioni.
Al momento i finanziamenti sono solo statali, regionali e locali ma è stata approvata la richiesta per usufruire dei fondi del Pnrr di circa 49 milioni di euro.