Assange a un passo dal carcere a vita negli Stati Uniti. Ultima possibilità di appello Al centro c’è la libertà di stampa, garantita dal suo modello di giornalismo. Senza siamo ciechi: ieri l’Iraq, oggi l’Ucraina

Assange a un passo dal carcere a vita negli Stati Uniti. Ultima possibilità di appello

Al centro c’è la libertà di stampa, garantita dal suo modello di giornalismo. Senza siamo ciechi: ieri l’Iraq, oggi l’Ucraina

In una sentenza di tre pagine emessa il 6 giugno, il giudice dell’Alta corte britannica ha respinto l’appello di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, contro l’ordine di estradizione degli Stati Uniti, firmato un anno fa dal ministro degli interni britannico. Assange si trova da quattro anni nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra e, se estradato, rischia una pena fino a 175 anni di carcere.

Gli avvocati hanno presentato un ulteriore ricorso, per il quale si attende nuova udienza da parte dell’Alta corte britannica. 

Già dal 2010 Assange è di fatto prigioniero a Londra (prima presso l’ambasciata dell’Ecuador) per aver pubblicato dati e informazioni verificati di cui l’opinione pubblica aveva legittimo diritto di venire a conoscenza. 

In questo caso giudiziario e politico sono a rischio la vita e la salute di un uomo, che ha compiuto il suo lavoro esercitando un diritto che soprattutto oggi tutti noi dobbiamo difendere, ma anche la libertà di stampa e la difesa del giornalismo scientifico, fatto di verifica dei dati e della loro pubblicazione in parallelo all’inchiesta giornalistica che li ha rivelati. È l’unico tipo di giornalismo in cui il lettore entra in possesso di tutto il necessario per valutare e giudicare con spirito critico le informazioni ricevute.

Senza il giornalismo d’inchiesta scientifico di Wikileaks siamo ciechi 

In questi anni è stato proprio il lavoro di WikiLeaks che ci ha permesso di venire a conoscenza di dati e fatti di pubblico interesse, tenuti altrimenti segreti da Governi e agenzie internazionali e riguardanti abusi e violazioni dei diritti umani impunemente commessi da loro stessi.

Oggi la situazione si ripete ma le domande che l’opinione pubblica si pone restano senza risposta. Cosa sta succedendo in Ucraina? La controffensiva di Kiev, a cui si appella chi pensa che la pace si conquisti incrementando la guerra, come sta andando? 

Non sappiamo quasi nulla: abbiamo qualche indicazione utile solo dai documenti diffusi da Jack Teixeira, la talpa dei leak del Pentagono, che hanno messo a nudo informazioni di altissimo livello, come i segreti sui preparativi di Kiev per la  controffensiva in corso, lo spionaggio degli Stati Uniti su alleati come Ucraina, Corea del Sud e Israele e le tensioni tra Washington e le capitali alleate sull’armamento ucraino. Ma non si tratta certamente del lavoro di informazione che fece Wikileaks ai tempi della guerra in Iraq e in Afghanistan.

Vent’anni fa, infatti, l’invasione dell’Iraq, che ha destabilizzato la Regione mediorientale ed è costata enormi lutti e sofferenze, iniziò e si giustificò con un falso enorme, secondo cui l’allora presidente iracheno, Saddam Hussein, aveva realizzato un arsenale di armi di distruzione di massa ed era pronto a usarle in accordo con gruppi terroristici come al Qaida. 

Le armi di distruzione di massa non furono mai trovate, ma il lavoro di Assange svelò le stragi e gli abusi di quella che avrebbe dovuto essere la fine di una dittatura e la cosiddetta esportazione della democrazia americana ed occidentale. 

Aspre critiche degli organismi internazionali a difesa delle libertà individuali e di stampa

Anche per questo oggi è importante far sentire la nostra voce per difendere Assange, la libertà di stampa e il diritto di informazione. La condanna della decisione del tribunale londinese e la preoccupazione per la sorte di Assange sono infatti condivise a livello internazionale anche dai principali organismi internazionali a difesa delle libertà individuali e di stampa, nonostante il silenzio di buona parte delle testate giornalistiche.

Amnesty International, che da subito si è mobilitata a difesa del giornalista, ha criticato l’ultima decisione del tribunale e ha affermato che l’estradizione “costituirebbe un pericoloso precedente, minacciando tutti i nostri diritti alla libertà di espressione” in un post su Twitter.

Reporters sans frontières (RSF) si è detta “profondamente preoccupata” per la decisione dell’Alta corte e ha dichiarato che “è tempo di porre fine a questo incessante attacco ad Assange e agire invece per proteggere il giornalismo e la libertà di stampa. Il nostro appello al presidente Biden è ora più urgente che mai: far cadere queste accuse, chiudere il caso contro Assange e consentire il suo rilascio senza ulteriori indugi.”

Anche Reporter Sans Frontières chiede di fermare questo “implacabile attacco contro Assange e agire per proteggere il giornalismo e la libertà di stampa” (©rsf.org)

La Federazione internazionale dei giornalisti (International Federation of Journalists, IFJ) ha chiesto al Governo degli Stati Uniti di chiudere il caso contro Assange sulla base del fatto che rappresenta una grave minaccia alla libertà dei media e ai diritti di tutti i giornalisti. “È tempo che i Governi britannico e statunitense pongano fine a questa grottesca persecuzione – ha affermato il presidente dell’IFJ -. Rinnoviamo il nostro appello al presidente degli Stati Uniti affinché ritiri tutte le accuse contro Assange e chiuda il caso. Se Assange va in prigione, nessun giornalista al Mondo sarà al sicuro.”

Continuare la mobilitazione 

I legali di Assange puntano ora sul fatto che l’estradizione rappresenta una violazione del trattato con gli Stati Uniti secondo cui non può essere concessa per i reati politici. Nel frattempo, in attesa della nuova udienza, Stella Moris Assange, moglie del fondatore di Wikileaks, chiede di continuare a mobilitarsi: non solo attraverso i social media, che restano validi per seguire gli sviluppi della vicenda e per sensibilizzare, ma anche nel mondo reale per avere un maggiore impatto sull’opinione pubblica e sui decisori: “la persistenza, l’impegno e il carattere ben informato di chi difende pubblicamente Julian è demoralizzante per chi sta cercando di farlo sparire.”

2 thoughts on “Assange a un passo dal carcere a vita negli Stati Uniti. Ultima possibilità di appello

Al centro c’è la libertà di stampa, garantita dal suo modello di giornalismo. Senza siamo ciechi: ieri l’Iraq, oggi l’Ucraina

  1. Liberate Assange , difensore della libertà di parola e di stampa in uno stato democratico. La sua libertà è un atto di giustizia, lealtà e solidarietà umane.

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