Si è recentemente celebrata la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Mentre la celebrazione non ha fatto molto clamore sui media ufficiali, nel Paese si registrano piccoli passi di riconoscimento delle diverse esigenze legate alle identità di genere, in particolare nelle scuole superiori e nelle università.
Sono, infatti, oltre 220 gli istituti superiori su circa 1445 che riconoscono alle giovani persone transgender la possibilità di richiedere la carriera alias, procedura che consente di essere riconosciuti con il nome e genere di elezione anche se diverso da quello anagrafico per tutto il corso di studio.
Tale riconoscimento ha valore solo provvisorio nel circuito scolastico che adotta il protocollo e, poiché mancano da parte del Ministero dell’istruzione e del merito linee guida specifiche, ogni scuola stabilisce la procedura attraverso gli organi collegiali interni, come dichiara ad Agenda17 Francesco Borciani, dirigente scolastico all’Istituto Copernico-Carpeggiani di Ferrara.
“Questo percorso è nato dal fatto che uno studente aveva espresso l’intenzione di richiederne l’attivazione, ne aveva parlato con un insegnante ma poi la richiesta non è stata formalizzata. Per noi del Consiglio di istituto, dove sono presenti docenti, studenti e genitori, è stato lo spunto per lavorare e trovarci pronti ed è stata una decisione largamente condivisa. Avere un percorso formalizzato vuol dire dare alle persone una certezza e indicazioni su come fare e, ovviamente, dare fiducia sul fatto che la richiesta di carriera alias venga accettata.”
Come illustra Borciani, il Regolamento dell’istituto Copernico-Carpeggiani stabilisce che “La carriera alias è intesa come un atto di rispetto, oltre che di tutela della privacy, verso le istanze delle studentesse e degli studenti in transizione di genere al fine di garantire loro la possibilità di vivere in un ambiente di studio sereno, attento alla tutela della privacy e della dignità dell’individuo, idoneo a favorire i rapporti interpersonali affinché siano improntati alla correttezza ed al reciproco rispetto delle libertà e dell’inviolabilità della persona”.
Elisabetta Ferrari, attivista e co-fondatrice di GenderLens, associazione che ha tra i suoi obiettivi fare formazione sulla realtà dell’infanzia/adolescenza di genere diverso, ed essere, in Italia, un riferimento e un supporto importante per famiglie che vivono questa esperienza, spiega ad Agenda17 che anche il percorso scolastico di queste giovani vite è pieno di ostacoli fin dalla prima infanzia.
“Le difficoltà – spiega – che riscontrano le persone trans, non binarie, derivano soprattutto dalla mancanza di diritti, di conoscenza, di formazione corretta sia a livello istituzionale che sociale, dalla non rappresentatività di un immaginario culturale, fuori da stereotipi, transfobia e sessismo e dall’assenza di un linguaggio corretto in cui le giovani persone che non si identificano nel genere assegnato alla nascita, si possano rispecchiare ed essere positivamente riconosciute.
L’identità di genere si manifesta già intorno ai due o tre anni ed è fondamentale riconoscere che esiste anche un’infanzia di genere diverso che va rispettata e legittimata. Il diritto di esistere, per queste persone, è invece negato da una società rigidamente binaria che esclude ogni altra possibilità. Quando si parla di identità non binarie ci si riferisce a persone, anche piccole, che non si identificano nelle categorie di genere del femminile o del maschile ma le mettono in discussione.”
E aggiunge che ascoltare, accompagnare in modo affermativo e rispettoso queste giovani vite significa supportarle e incoraggiarle a essere se stesse e vediamo chiaramente quanto accogliere le loro istanze le faccia stare bene anche a scuola. “Il gravissimo ed elevato tasso di abbandono scolastico tra le persone trans, non binarie – prosegue Ferrari – è dovuto alla mancanza di formazione e di conoscenza del personale scolastico rispetto a questa realtà. Studenti che restano invisibili nella scuola, devono interpretare una vita che non è la loro subendo di continuo violenze anche fisiche, discriminazioni e aggressioni verbali, spesso da parte del personale adulto.”
La carriera alias rappresenta uno strumento fondamentale per il diritto allo studio
La scuola è il luogo dove maggiormente si registrano episodi di violenza e bullismo per le persone LGBTIQ+, trans e non binarie in particolare, con conseguenze spesso devastanti sia per loro salute mentale e fisica che per il rendimento scolastico.
La carriera alias rappresenta quindi uno strumento fondamentale per essere riconosciute con il proprio nome di elezione, con i pronomi scelti, adottando quelle buone pratiche tese garantire a quest* studenti il diritto allo studio. Resta comunque imprescindibile la formazione di tutto il personale della scuola.
Nel sito di GenderLens sono elencate le scuole di ogni ordine e grado che hanno adottato la carriera alias e una Proposta di regolamento scolastico come suggerimento per i Consigli d’Istituto che volessero attivarla.
“Alcuni anni fa – aggiunge Ferrari – abbiamo sostenuto un’interrogazione parlamentare in cui si chiedevano al Ministero dell’istruzione e del merito linee guida unificate per l’adozione della identità alias in tutte le scuole, ma purtroppo non si è mai ricevuta risposta. GenderLens si batte contro la patologizzazione dell’esperienza trans che non è una malattia mentale, come dichiarato dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2018, pertanto non deve essere richiesta nessuna certificazione medica per la sua attivazione, ma questo purtroppo non succede quasi mai.”
Come afferma inoltre Borciani, anche nel loro istituto la procedura di attivazione della carriera alias prevede un colloquio con lo psicologo che non emette nessuna valutazione ma che rappresenta, a suo avviso, un ambiente protetto dove le giovani persone trans possano riflettere prima di compiere la richiesta ufficiale.
Le associazioni pro-life e conservatrici cattoliche contro le carriere alias
La carriera alias è un tema strenuamente combattuto da parte di associazioni pro-life e conservatrici cattoliche. Lo scorso dicembre l’associazione ProVita & Famiglia ha lanciato una diffida contro 150 scuole perché ritiene che “assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera auto-percezione di genere, per di più priva di una diagnosi di disforia di genere” sia una “procedura dannosa per la sua sana maturazione psico-fisica”.
La carriera alias, secondo Pro Vita, porterebbe a “comportare o incitare alla violazione dell’art. 479 del Codice penale, che prevede il reato di “falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”. A Venezia la dirigente scolastica del liceo Marco Polo ha ricevuto una diffida da parte di esponenti di Fratelli d’Italia e, difendendo l’autonomia delle scelte delle scuole da qualsiasi ingerenza politica, ha affermato in una intervista pubblicata su La Repubblica che “La carriera alias è un accordo di riservatezza tra la famiglia, la scuola e lo studente o la studentessa. Non toglie diritti a nessuno, semmai ne aggiunge.”
La ley trans in Spagna, per l’autodeterminazione
Di segno opposto è quello che sta accadendo in Spagna dove all’inizio del 2023 il Congresso dei deputati ha approvato la “ley trans”, una norma che consentirà ai trans di cambiare genere all’anagrafe senza autorizzazione giudiziaria o referti medici già a partire dai quattordici anni. Con questa legge, il Paese iberico sarà uno dei pochi al Mondo a consentire l’autodeterminazione della propria identità di genere attraverso una semplice dichiarazione amministrativa. Al di sotto dei dodici anni di età, con il consenso dei genitori sarà possibile chiedere di cambiare nome ed essere trattati secondo la propria identità di genere nelle scuole, ma senza poter modificare i propri documenti legali.
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La carriera alias come strumento fondamentale per il diritto allo studio
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