Dopo anni di progressi, secondo l’Indice globale della fame 2022 (Global Hunger Index, GHI) pubblicato dalla Fondazione Cesvi (Cooperazione e sviluppo) l’insicurezza alimentare nel Mondo è tornata ad aumentare. Conflitti, cambiamento climatico e Covid-19 hanno portato a 828 milioni le persone malnutrite nel 2021: 46 milioni in più rispetto all’anno precedente e 150 milioni rispetto ai livelli pre-pandemia. Abbiamo chiesto alla Fondazione Amka Onlus, che opera in Repubblica democratica del Congo (Rdc) e Guatemala, di descriverci la situazione nei due Paesi e in che modo si cerca di promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso il potenziamento della sovranità alimentare.
La Rdc, in particolare, è tra i cinque Paesi in cui il livello di fame è considerato allarmante (assieme a Repubblica Centrafricana, Ciad, Madagascar e Yemen), mentre in Guatemala il rischio è moderato. Di conseguenza, viste le diverse esigenze della popolazione locale, i progetti di Amka sono a carattere più strettamente sanitario nel primo, orientati allo sviluppo economico e alla sovranità alimentare nel secondo.
Congo: cresce la malnutrizione, soprattutto nei bambini
“Dal punto di vista di sicurezza alimentare e malnutrizione – afferma ad Agenda17 Monica Di Vico, responsabile dei progetti Amka – il Congo è il Paese che ci tocca più direttamente. Abbiamo un’Unità nutrizionale terapeutica che si occupa di supporto e cura della malnutrizione, oltre alla responsabilità della sorveglianza nutrizionale dell’area dove operiamo.”
Amka è presente nella provincia di Lubumbashi, nell’area rurale di Mabaya. Il Centro di salute di Kanyaka è l’unico presidio medico presente su una zona di circa quaranta villaggi e 9mila persone, di cui molti bambini. Vi si effettuano analisi di laboratorio, vaccinazioni, assistenza prenatale e postnatale e cura della malnutrizione.
“Da due anni – prosegue Di Vico – abbiamo riscontrato un aumento della malnutrizione, già comunque molto alta. La pandemia, più che un incremento delle infezioni respiratorie, ha determinato un peggioramento economico perché le misure restrittive, per famiglie che vivono di lavoro occasionale e giornaliero, hanno ridotto drasticamente le fonti di accesso.
Di conseguenza, è aumentata anche la malnutrizione, sia cronica che acuta, soprattutto nei bambini e nelle giovani donne, più esposte a carenze nutrizionali perché le gravidanze sono ravvicinate e il tasso di natalità è molto alto.”
In questo contesto, la scelta di basare il proprio intervento sull’utilizzo di alimenti locali si è rivelata particolarmente importante. “Abbiamo elaborato un protocollo per cui il supporto nutrizionale che diamo alle famiglie si basa tutto su alimenti prodotti dal mercato locale. È una scelta fatta anni fa affinché l’intervento fosse sostenibile, per non dipendere da dimensioni più ampie a livello internazionale. Questo, nonostante l’aumento generale dei prezzi che abbiamo dovuto sostenere, ci ha garantito di poter continuare a fornire il supporto nutrizionale necessario.”
L’importanza di prevenire la malnutrizione acuta
“Abbiamo quindi due tipi di interventi – spiega la responsabile del progetto –. Da un lato la prevenzione: mensilmente facciamo delle inchieste sul territorio per verificare i livelli di malnutrizione e soprattutto i bambini a rischio di malnutrizione acuta, rispetto ai quali è attuato un protocollo di Unità nutrizionale supplementare (Uns) che prevede pacchetti nutrizionali iperproteici e controlli mensili delle misure antropometriche.
Nel caso in cui la prevenzione non bastasse, si attiva il protocollo di ‘Unità nutrizionale terapeutica ambulatoriale’, nel quale i bambini sono ospedalizzati o trattati in regime ambulatoriale nel nostro centro.”
Tuttavia, a essere particolarmente importante è proprio la prevenzione: se la malnutrizione diventa acuta potrebbe essere troppo tardi per la vita del bambino, oppure il Paese potrebbe non essere pronto a intervenire, perché l’accesso al sistema sanitario è precario.
Guatemala: superare la malnutrizione con la sovranità alimentare
In Guatemala la situazione è meno allarmante rispetto al Congo e le comunità rurali hanno maggiori possibilità di accedere alle risorse agricole e a una terra fertile. È tuttavia tra i Paesi dell’America Latina con i più alti tassi di malnutrizione cronica, a causa del fatto che l’alimentazione è poco variata.
Gli indici di disuguaglianza nell’accesso alla terra sono infatti molto alti e i latifondisti, legati alle grandi compagnie internazionali come i produttori di olio di palma, hanno tolto le terre ai piccoli produttori con l’offerta di un guadagno immediato.
Così, per non rischiare, le famiglie coltivano sempre gli stessi alimenti, su cui sanno di poter usare le tecniche tradizionali. Nel tempo, però, questo approccio ha portato a un’alimentazione poco variata, con alti livelli di malnutrizione, soprattutto nei ragazzi, e di malattie metaboliche, come diabete o malattie cardiovascolari. Oltre, chiaramente, ad aver impoverito il terreno.
Una delle conseguenze, ad esempio, è l’arresto della crescita infantile, al punto che il Guatemala figura tra i Paesi con la più alta percentuale (38,2%), di poco inferiore al Congo (41,8).
“Il nostro intervento – prosegue Di Vico – fornisce un aiuto nel diversificare la produzione e, quindi, l’alimentazione. Abbiamo iniziato con l’introduzione di ortaggi e carne da piccoli allevamenti domestici, per arrivare nel 2018 a un progetto per la produzione di alberi da frutto, con i quali si incentiva l’autoconsumo e si creano un mercato e una fonte di reddito per le famiglie.
Inoltre in Guatemala pesa molto l’emergenza climatica perché, anche a causa del depauperamento del territorio e della deforestazione, le avversità climatiche possono devastare ancora di più le terre. Durante la pandemia due inondazioni hanno distrutto interi raccolti: la distribuzione degli alberi da frutto ha quindi anche l’obiettivo di riforestare e creare un territorio più resiliente.
Lavoriamo quindi sulla ‘sovranità alimentare’: cerchiamo cioè di rendere le comunità, molto discriminate e vulnerabili, maggiormente sovrane su tutto il percorso della produzione, dal riottenere la proprietà della terra al cercare di innovare la produzione, migliorare il cibo e l’autoconsumo e poterlo poi commercializzare in un processo di sviluppo autonomo e sostenibile. Chiaramente tutto questo è possibile perché il livello di emergenza e crisi è minore rispetto al Congo.”
Cooperare con le autorità locali per favorire l’autonomia delle comunità
Infine, la cooperazione: in entrambi i Paesi, Amka lavora in rete con le istituzioni locali. La malnutrizione, infatti, ha conseguenze su tutto il Paese: se cronica, si accompagna a un ritardo di crescita fisico e cognitivo, con un aumento della possibilità di contrarre malattie e una carenza nell’apprendimento scolastico. Un bambino malnutrito sarà un bambino che si ammala e quindi non potrà contribuire allo sviluppo della sua comunità: diventa quindi un problema strutturale, sociale ed economico.
“In Congo – conclude Di Vico – collaboriamo con il Ministero della salute, che ha diviso per competenze territoriali la sorveglianza sanitaria e nutrizionale dell’area e al quale mensilmente comunichiamo i nostri dati per identificare assieme come intervenire. Inoltre, in Paesi come il Congo, si creano gruppi in cui sia i riferimenti istituzionali sia le principali organizzazioni locali e internazionali si incontrano per condividere strategie e interventi.
In Guatemala, invece, abbiamo creato una buona rete con il Ministero dell’agricoltura, che è molto vicino alle comunità rurali, e il Fondo de tierras, che aiuta i contadini a reimpossessarsi delle terre.
In questo modo la speranza è, a un certo punto, di poter andare via perché la comunità stessa è in grado di interloquire con i soggetti che possono darle un supporto.
In Guatemala, ad esempio, da due anni promuoviamo un progetto con alcune donne, piccole produttrici di caffè, che non avevano accesso al mercato in quanto donne indigene sole, perciò molto discriminate. Le abbiamo aiutate a migliorare la produzione e la ricerca di canali di vendita, ma quello che ci interessa di più è che si sono unite per creare una cooperativa: risultati come questo sono i frutti a lungo termine dei nostri interventi.”