L’HIV non è un virus facile da combattere e, anche se negli ultimi trent’anni molti progressi sono stati fatti, l’obiettivo Onu di eradicare l’AIDS entro il 2030 non sarà raggiungibile. Dall’inizio dell’epidemia che risale ai primi anni Ottanta del secolo scorso, circa 84.2 milioni di persone sono state infettate con il virus HIV e 40.1 milioni sono morte per malattie legate all’AIDS.
La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, nota come AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), rappresenta lo stadio clinico terminale dell’infezione causata dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus). Le principali cellule bersaglio dell’HIV sono particolari cellule del sistema immunitario, i linfociti T di tipo CD4, fondamentali per contrastare svariati tipi di agenti patogeni e oncogeni. L’infezione da HIV provoca, quindi, un indebolimento progressivo del sistema immunitario, aumentando il rischio sia di tumori che di infezioni da parte di virus, batteri, protozoi e funghi.
L’HIV nel Mondo: oltre 36 milioni di adulti e 1,7 milioni di bambini
Nuovi dati raccolti da UNAIDS, il Programma delle Nazioni unite (The Joint United Nations Programme on HIV/AIDS), cui partecipano UNHCR, UNICEF, PAM, UNDP, UNFPA, UNODC, ILO, UNESCO, OMS, e Banca Mondiale avviato nel 1996 per ridurre la diffusione del virus HIV e garantire un accesso universale alla prevenzione e al trattamento della malattia, dimostrano che negli ultimi due anni tra pandemia, guerra e altre crisi globali, si sono interrotti i progressi fatti nella lotta alla pandemia di AIDS nel mondo mettendo a rischio milioni di vite.
Il report di UNAIDS stima che nel 2021 circa 38. 4 milioni di persone vivano con il virus HIV, 1.5 milioni di persone siano nuove infezioni e 650 mila persone siano morte per malattie collegate.
Dei 38,4 milioni di persone che attualmente vivono con l’infezione da HIV, 36,7 milioni sono adulti e 1,7 milioni sono bambini con meno di 15 anni. il 54% dei casi riguarda la popolazione femminile.
Si stima che nel Mondo circa 5,9 milioni di persone non conoscono la loro positività all’HIV e ancora ogni anno quasi un milione di persone muoiono a causa del virus perché non sanno di avere l’HIV e non sono in cura, oppure perchè iniziano il trattamento farmacologico in ritardo.
Dimezzato il numero dei decessi, ma il successo dipende dalla possibilità di accesso ai farmaci
A livello globale, mentre i decessi sono diminuiti del 52% negli ultimi dieci anni il numero delle nuove diagnosi è diminuito del 32% e questo grazie all’accesso alle terapie retrovirali.
Si stima che lo 0,7% degli adulti di età compresa tra 15 e 49 anni in tutto il Mondo convivono con l’HIV, sebbene il peso dell’epidemia continui a variare considerevolmente tra Paesi e Regioni. La Regione africana rimane la più gravemente colpita, con quasi 1 adulto su 25 (3,4%) che vive con l’HIV e rappresenta oltre i due terzi delle persone che vivono con l’HIV in tutto il mondo.
Secondo i dati riportati dall’Istituto superiore di sanità, alla fine di dicembre 2021, nel Mondo 28,7 milioni di persone con l’HIV hanno avuto accesso alle terapie antiretrovirali, che rappresenta il 75% del totale. Nel 2021, l’81% delle donne in gravidanza ha avuto accesso alle terapie antiretrovirali per prevenire la trasmissione del virus al nascituro.
Per la Regione Europa nell’anno 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che circa 2,8 milioni di persone vivano con l’HIV. Di queste, il 73% è a conoscenza della propria condizione, il 63% è in cura e il 60% (1,8 milioni) è sottoposto a terapia antiretrovirale. Nel nostro Paese l’incidenza è in calo (pur essendosi registrato un aumento nel 2021 rispetto all’anno precedente),
UK si propone di azzerare entro il 2030 i nuovi casi
La Gran Bretagna recentemente ha raggiunto risultati promettenti: per tre anni consecutivi ha raggiunto l’obiettivo 90-90-90, definito UNAIDS nel 2014, di diagnosticare oltre il 90% delle persone che convivono con l’HIV, curare oltre il 90% delle persone che ricevono la diagnosi e ottenere che oltre il 90% delle persone sotto trattamento abbiano quantità di virus così piccole da non essere rilevabili.
Entro il 2030 il National Health System (NHS) britannico prevede di essere in grado di prevenire tutti i nuovi casi di HIV in Inghilterra, la regione con la maggiore incidenza di casi, grazie all’utilizzo di nuovi farmaci, tra cui le forme iniettabili di cabotegravir e rilpivirina, e per le forme resistenti fostemsavir.
Enormi progressi sono stati compiuti nei decenni da quando l’HIV e l’AIDS sono stati identificati per la prima volta e se utilizzati in maniera costante, questi farmaci saranno in grado di rendere l’NHS il primo sistema sanitario al mondo a raggiungere zero nuovi casi di virus.
L’obiettivo del trattamento farmacologico dell’HIV è mantenere bassa la carica virale nel sangue in modo da non poter essere rilevato o trasmesso ad altre persone e i nuovi trattamenti saranno disponibili in tutto il Paese per circa 148.000 persone.
In Gran Bretagna esistono delle differenze regionali in termine di accesso alle cure e ai servizi per persone sieropositive e il recente calo delle nuove diagnosi di HIV in Inghilterra è stato in gran parte determinato dalla riduzione delle diagnosi negli uomini gay e bisessuali e nelle persone più giovani che vivono a Londra.
Come ricorda ad Agenda17 Sandro Mattioli, presidente dell’associazione Plus, persone LGBT+ Sieropositive “C’è una differenza fondamentale fra l’Inghilterra e l’Italia, ossia il fatto che buona parte dell’Inghilterra è Londra, soprattutto per quanto riguarda HIV.”
“Ciò consente – secondo Mattioli- all’ NHS di concentrarsi in maniera mirata ed efficace, mentre in Italia le infezioni da HIV sono molto più sparse sul territorio. Inoltre, la frammentazione regionale del nostro sistema sanitario e la mancanza di campagne di prevenzione complicano ulteriormente le cose.”
AIDS ed epidemie sovrapposte di vaiolo delle scimmie e Covid-19
I recenti casi emersi in Europa hanno evidenziato il collegamento tra il vaiolo delle scimmie (monkey pox o mpox) e l’infezione da HIV. I dati disponibili dell’OMS mostrano che tra le persone che hanno confermato di avere mpox, un numero elevato – 52% – erano persone affette da HIV. I dati globali riportati all’Oms suggeriscono che le persone con mpox e HIV non trattato sembrano essere a rischio di malattie più gravi rispetto alle persone senza HIV.
L’attuale risposta a mpox mostra che la trasmissione può muoversi rapidamente nelle reti sessuali e all’interno delle popolazioni emarginate ma può anche essere prevenuto con campagne di prevenzione.
Secondo studi condotti da gruppi di ricerca dell’Oms le persone con infezione da HIV hanno un rischio più elevato di esito sfavorevole se si ammalano di Covid-19 , con il 30% di probabilità in più di perdere la vita durante la degenza, da qui una forte raccomandazione a vaccinarsi. (1.Continua)