Come avevamo già riportato in ottobre, nel Paese non si ferma l’oppressione nei confronti delle giovani donne che hanno perso il diritto allo studio. Il nuovo divieto emanato dal ministro dell’istruzione superiore ha effetto immediato, con l’ordine alle università pubbliche e private di vietare alle donne la frequenza, e fa seguito alla chiusura per le ragazze delle scuole secondarie decisa dagli Ulema e dagli anziani nella Grande Conferenza che si è tenuta in luglio a Kabul.
Il ministero dell’Istruzione ha affermato che i suoi esperti della Sharia, la legge islamica, hanno valutato inadatto il curriculum e l’ambiente universitario, e che pertanto la frequenza per le ragazze sarà sospesa “fino a quando non verrà fornito un ambiente adatto”.
Proteste e repressione
Nelle proteste che hanno fatto seguito all’annuncio, cinque donne sono state arrestate e alcuni uomini hanno risposto con atti di disobbedienza civile in solidarietà, compresi circa cinquanta professori universitari presso istituzioni pubbliche e private che hanno rassegnato le dimissioni mentre alcuni studenti della Nanghar Medical University avrebbero rifiutato di sostenere gli esami.
Da quando i talebani sono al governo le donne sono state anche espulse da molti lavori governativi ed è stato vietato loro di viaggiare senza un parente maschio, frequentare parchi, luna park, palestre e bagni pubblici.
Come ha dichiarato il relatore speciale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan Richard Bennett, si tratta di “un nuovo minimo che viola ulteriormente il diritto alla parità di istruzione e approfondisce l’eliminazione delle donne dalla società afghana”.