DOSSIER MONTAGNA: ANNO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE I rifugi alpini come luogo di condivisione sociale e confronto, secondo Giacomo Benedetti, vicepresidente Cai In carenza di interventi di mitigazione climatica, le relazioni tra chi vive il territorio sono un’alternativa per nuove risposte

DOSSIER MONTAGNA: ANNO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE I rifugi alpini come luogo di condivisione sociale e confronto, secondo Giacomo Benedetti, vicepresidente Cai

In carenza di interventi di mitigazione climatica, le relazioni tra chi vive il territorio sono un’alternativa per nuove risposte

Le temperature elevate della primavera ed estate associate alla carenza idrica evidente già a inizio luglio anche ad alta quota hanno preoccupato da subito i rifugisti che temevano una chiusura anticipata della stagione di lavoro. Qualche precipitazione  nel mese di agosto associata a interventi per migliorare la captazione dell’acqua hanno garantito il mantenimento dei servizi in quota fino a metà-fine settembre come da prassi. 

Giacomo Benedetti, neoeletto alla vicepresidenza generale del Club alpino italiano (Cai), racconta ad Agenda17 come è andata la stagione estiva.

“Le sorgenti hanno retto, anche se non a pieno regime, e i rifugisti sono riusciti a concludere la stagione. Ciò non toglie che il problema dell’acqua e del suo approvvigionamento resti in primo piano nelle preoccupazioni del Cai. Il bando della stagione scorsa per sostenere finanziariamente azioni di miglioramento sulla captazione ha avuto successo e sono stati molti gli interventi distribuiti nei rifugi alpini: ma non è la soluzione. 
La diminuzione delle piogge, la risposta del territorio in base alla sua geologia e, in generale, i cambiamenti climatici, non sono elementi semplici a cui si possa dare una risposta semplice in termini di mitigazione degli effetti.”

Giacomo Benedetti, vicepresidente del Cai (© cai.it)

Il Cai, con i suoi interventi, rappresenta il riferimento centrale nel panorama italiano per la gestione dei rifugi alpini, intesi non solo come presidi turistici ma soprattutto come presidi storici, sociali, simbolici e culturali del territorio montano. I suoi delegati a livello nazionale si interrogano su come far fronte a questi cambiamenti dirompenti riconoscendo gli elementi non dipendenti dalle proprie azioni, come la distribuzione delle piogge, e la necessità di garantire tali presidi sul territorio come tutela di un patrimonio culturale che sostiene anche un contesto di condivisione. 

I rifugi come luogo di condivisione e scambio di idee per tutelare il territorio

“Molti gestori – continua Benedetti – stanno lavorando nell’ottica di promuovere un uso del rifugio montano secondo la modalità con cui era originariamente nato. Rifugio non solo come luogo dove trovare un pasto e un locale notturno, ma anche e soprattutto un punto di incontro, di scambio di idee, di condivisione tra persone che vivono un certo ambiente. Tutto questo nell’ottica di tutelare un territorio e chi lo vive, anche solo saltuariamente, garantendo spazi fisici di incontro, confronto e condivisione.” 

Con la pandemia si è sviluppato un importante fenomeno di flusso turistico verso la montagna di tipo mordi e fuggi, motivato probabilmente dal desiderio di stare in ambienti aperti e meno contaminati, senza la piena consapevolezza del tipo di ambiente frequentato. L’estate che si è appena chiusa ha visto un ritorno alla normalità in termini di frequentazione dei rifugi anche da parte dei turisti stranieri e una ripresa dei pernottamenti che garantiscono il mantenimento della socialità che sottende il semplice andare in montagna oltre che la gestione economica degli stessi. 

“La montagna offre mille possibilità di frequentazione a livelli diversi, ciascuno può scegliere il più adatto a sé – prosegue Benedetti -. Probabilmente il turismo mordi e fuggi si stabilizzerà sui livelli generati a causa della pandemia a fianco della ripresa dei frequentatori più abituali e consapevoli della montagna. C’è posto e spazio per tutti sempre con attenzione a preservare il territorio e il suo patrimonio.” 

Le previsioni sull’imminente stagione invernale sono difficili da fare sul breve termine, mentre i modelli sui cambiamenti climatici offrono indicazioni abbastanza precise sul lungo termine “I rifugi non possono modificare del tutto le offerte turistiche che comunque sono molto variegate nell’arco dello stesso territorio montano italiano. In alcune zone i rifugi alpini sono più simili alla visione originale di presidio spartano ed essenziale del territorio, mentre in altre si sono assimilati di più ad altre offerte turistiche che garantiscono maggior comfort e raggiungono numericamente una maggiore utenza – spiega Benedetti che è stato presidente della Commissione nazionale rifugi per il Cai -. Se nevicherà di meno, la fruizione dell’ambiente montano da parte di chi già la praticava, resterà confermata ma cambierà la forma, ovvero si passerà dalle ciaspole e sci alpino all’escursionismo invernale. I rifugi potranno continuare ad offrire i loro servizi laddove possibile poiché l’apertura invernale ha possibilità limitate da questioni logistiche di riscaldamento.”
Il Cai sta proseguendo con le collaborazioni con il mondo universitario: per esempio nell’ambito del processo di riqualificazione di alcuni importanti rifugi come Capanna Margherita, è in atto un percorso di studi con il Politecnico di Milano. Altre ancora le collaborazioni per esempio in relazione ai percorsi sulla fitodepurazione oltre che un programma con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per la rilevazione della qualità dell’aria in montagna.

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