Qual è l’atteggiamento degli italiani nei confronti di questa stagione invernale, dove vedranno il ritorno dell’influenza durante la pandemia da Covid-19 che ancora ci accompagna? Secondo la ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, un italiano su due si appresta a vivere con uno stato d’animo negativo la prossima stagione influenzale. Tra gli stati d’animo prevalgono ansia (23%), stanchezza (21%), tristezza (3,7%) e diffidenza (3,3%).
Le donne si dichiarano più in ansia degli uomini (27,1% vs 19,1%), e tra le fasce d’età, i più demotivati e sfiduciati sono i trentenni, mentre i giovanissimi si dividono tra ansiosi e indifferenti.
I principali motivi di preoccupazione e stress sono legati al timore di nuove restrizioni per contenere i contagi (per quasi il 22% degli intervistati totali, 25,3% nella fascia 25-34 anni), alla paura di contagiare i più fragili (17,1%) e alle difficoltà nel distinguere i sintomi dell’influenza da quelli del Covid-19 (16,6%).
Allargando lo sguardo nel panorama mondiale, lo studio Global Monitor condotto questa estate da Kantar per conto della azienda farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK) mostra che gli italiani over cinquanta spiccano nell’attenzione alla propria salute: il 92% degli intervistati dichiara di aver fatto almeno un controllo di routine negli ultimi 5 anni, contro un dato globale del 81% nei Paesi coinvolti nello studio (Giappone, Regno Unito, Spagna, Italia, Francia, Germania, Brasile, Stati Uniti e Canada).
Alta propensione a vaccinarsi contro Covid, bassa contro l’influenza
L’88% dei rispondenti dichiara di essere vaccinato contro Covid-19, e la motivazione principale per questa scelta è, in tutti i Paesi, quella di voler proteggere se stessi. A seguire viene riportata la volontà di proteggere i propri cari, seconda ragione per tutti i Paesi, tranne per il Giappone, per cui al secondo posto c’è “proteggere gli altri” (risposta al terzo per tutti gli altri Paesi). Nonostante l’elevato tasso di adesione alla vaccinazione contro Covid-19, la propensione ad aderire alla vaccinazione cala nei confronti dell’antinfluenzale: solo il 56% dichiara di aver fatto il vaccino negli ultimi cinque anni.
L’80% dei rispondenti afferma di sentirsi direttamente responsabile per la propria salute, e il 71% cita gli operatori sanitari come fonte principale di informazione: occorre quindi lavorare sulla comunicazione tra operatori sanitari e pazienti.
Piyali Mukherjee, Vicepresidente e Capo globale Medical Affairs di GSK Vaccines, durante la presentazione dei risultati dell’indagine afferma “Bisogna assicurarsi che i pazienti abbiano maggiori informazioni sulla vaccinazione e che incontrino il minor numero di difficoltà possibili nel percorso per vaccinarsi; occorre migliorare la conversazione tra operatori sanitari e pazienti sui vaccini e la vaccinazione dell’adulto deve diventare una priorità: i vaccini devono trasformarsi in vaccinazioni”.
Quattro italiani su dieci dichiarano di volersi vaccinare contro l’influenza, ma altrettanti la ritengono inutile
Secondo l’indagine di Assosalute, circa quattro italiani su dieci dichiarano di volersi vaccinare contro l’influenza, un dato in crescita rispetto al 2019, quando solo il 14,6% aveva intenzione di vaccinarsi. L’intenzione a vaccinarsi sale ancora di più tra gli over-65, dei quali due su tre ha intenzione di fare il vaccino.
Quali sono le motivazioni che li spingono? Per il 44,2% degli intervistati è importante vaccinarsi per evitare di contagiare le persone vicine, ma anche per agevolare la diagnosi differenziale tra influenza e Covid-19 (29,4%).
Il 42% degli intervistati, tuttavia, ritiene che la vaccinazione anti-influenzale sia inutile e non ha intenzione di vaccinarsi, poiché si ammala raramente e con sintomi lievi. In lieve calo il numero degli indecisi (24,5% contro il 26,3% del 2020).
In quanti si sono effettivamente vaccinati negli ultimi vent’ anni? Le coperture vaccinali mostrano un trend in crescita negli over 65 nella prima metà degli anni 2000, seguita da un calo a partire dal 2010, per poi rialzarsi dal 2015, con un picco nel primo inverno della pandemia da Covid-19 2020-2021 (aumento registrato anche nella popolazione generale).
La scorsa campagna antinfluenzale è stata caratterizzata dalla possibilità della somministrazione concomitante di anti-Covid e antinfluenzale, ma ha mostrato un calo rispetto all’anno precedente- evidenziando una riduzione dell’attenzione verso questo importante tema di sanità pubblica, anche se le percentuali di vaccinati mantengono comunque il trend di crescita dal 2015.
La diminuzione rispetto all’anno precedente può essere riconducibile a molteplici ragioni, tra le quali una ridotta percezione del rischio dovuta al confronto con i rischi della malattia da Covid-19 e a una minor circolazione dell’influenza nell’inverno precedente.
La copertura negli anziani presenta differenza a livello regionale: lo scorso inverno si è registrata una copertura più alta in Umbria, Basilicata e Emilia-Romagna, più bassa nella provincia di Bolzano.
Due malattie con un vaccino: fra effetto traino e paura di effetti collaterali
Con la circolare “Prevenzione e controllo dell’influenza” il Ministero ha raccomandato a tutte le regioni di anticipare la campagna di vaccinazione anti-influenzale a inizio ottobre, e d’accordo con l’Agenzia italiana del farmaco e Istituto superiore di sanità, ha dato il via alla somministrazione concomitante delle vaccinazioni per Covid-19 e influenza. Questa strategia è stata adottata anche nell’ottica di ridurre la stanchezza vaccinale. In alcuni casi, come a Palazzo delle Scintille a Milano, l’antinfluenzale sembra aver fatto da traino al booster anti Covid-19: all’inaugurazione dell’antinfluenzale, nell’hub antiCovid milanese le prenotazioni sono raddoppiate.
Ma non tutti sono convinti dalla doppia somministrazione, come riportano nel documento congiunto, le società scientifiche Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), la Società italiana delle malattie infettive e tropicali, e Società italiana di igienei temono che la sovrapposizione delle campagne vaccinali possa rallentare il raggiungimento degli obiettivi di copertura prefissati.
C’è infatti chi teme gli effetti collaterali e ha difficoltà ad accettare la possibilità della co-somministrazione. In realtà, i dati raccolti finora non riportano particolari effetti collaterali legati alla doppia immunizzazione: uno studio del Center for Disease Control and Prevention pubblicato quest’estate mostra che solo il 10% delle persone che hanno ricevuto in concomitanza il booster a mRNA e l’anti-influenzale ha avuto maggiori effetti collaterali, comunque minori, come affaticamento, mal di testa e indolenzimento muscolare, della durata media di pochi giorni.
Le società scientifiche si appellano alle Istituzioni e alle strutture e operatori afferenti alla sanità pubblica con una call to action in cui invitano a generare e diffondere per gli operatori sanitari per “Sostenere con forza la possibilità della co-somministrazione in aderenza alle recenti indicazioni” e ribadirne la sicurezza.
Sono in corso anche studi per vaccini bivalenti contro entrambi i virus- SARS-CoV-2 e influenza- per arrivare nel prossimo futuro a un’unica somministrazione. Novavax ha recentemente presentato i risultati positivi dello studio clinico di fase 1/2 del suo potenziale vaccino combinato Covid-19-Influenza (CIC) al World Vaccine Congress Europe 2022. Nell’ottica di future stagioni influenzali che vedranno SARS-CoV-2 far compagnia al virus influenzale di turno, potremmo cercare di tenere a bada due malattie con un vaccino.