Il rapporto “Sussidiarietà e… sviluppo sociale”, pubblicato di recente dalla Fondazione per la sussidiarietà in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica (Istat), ha evidenziato una robusta correlazione positiva fra l’impegno sussidiario, la soddisfazione per la propria vita, l’inserimento lavorativo e lo sviluppo sociale.
Il Terzo settore e gli obiettivi dell’Onu
L’impegno sussidiario consiste nella partecipazione ad attività collettive, sociali, civiche che costituiscono il Terzo settore. Il Terzo settore, che si colloca oltre quello pubblico e quello commerciale, è stato riconosciuto giuridicamente in Italia solo nel 2016 e raggruppa gli enti privati che svolgono attività senza scopo di lucro con finalità civiche e di solidarietà. Tali enti reinvestono infatti eventuali profitti per finanziare le proprie attività, senza redistribuirli ai propri membri.
Le istituzioni che fanno parte del Terzo settore in Italia sono oltre 375mila, concentrate in misura maggiore nel Nord e nel Centro (72,7%), e contano più di 900mila dipendenti e quattro milioni di volontari. I diversi tipi di attività coprono i principali ambiti dei diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu): cura dell’ambiente, cultura e arte, sport, tutela dei diritti, protezione civile, cooperazione internazionale, attività di socializzazione, assistenza sanitaria e alle persone con disabilità, promozione del volontariato.
Sussidiarietà, occupazione e sviluppo sociale: una correlazione positiva
“La correlazione positiva trovata fra partecipazione ad attività sociali e inserimento lavorativo è il primo risultato in questo senso. Tenendo presente che si utilizza una scala da 0 a 1 (cioè da nessuna correlazione a correlazione totale), la partecipazione alla formazione continua impatta sull’occupazione con indice +0,70, cioè la favorisce molto. Ancora di più impattano sull’occupazione la partecipazione ad attività culturali fuori casa e la presenza di organizzazioni non profit” afferma ad Agenda17 Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà.
La sussidiarietà diminuisce anche l’incidenza della povertà e di giovani che non studiano e non lavorano NEET (Not in education, employment or training).
Lo studio ha analizzato la relazione fra la sussidiarietà e il sentimento di fiducia e soddisfazione per se stessi, e lo sviluppo sociale, ovvero il miglioramento complessivo delle condizioni di vita della società. Sono state trovate delle correlazioni molto robuste: +0,95 fra il sentimento di fiducia in se stessi e la sussidiarietà e +0,91 fra quest’ultima e lo sviluppo sociale. Tutti e tre gli indicatori sono più alti nelle regioni del Centro-Nord rispetto al Sud.
“Il Sud – afferma Vittadini – sconta i tradizionali limiti come la mancanza di lavoro, i redditi più bassi e la carenza di infrastrutture, fisiche e digitali; probabilmente anche una certa ‘postura’ assistenzialistica e statalista con cui è spesso concepito il rapporto tra pubblica amministrazione e società. Tuttavia, ci sono importanti segnali in controtendenza che il nostro rapporto ha messo in luce, tra cui una crescita marcata del Terzo settore negli ultimi anni: 25% dal 2016 a oggi. È una percentuale nettamente superiore a quella del Nord Italia (18%) e anche alla media nazionale (20%).”
Il Benessere equo e sostenibile e la pandemia
Il sentimento relazionale di sé e lo sviluppo sociale sono stati quantificati utilizzando i dodici indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes) elaborati dall’Istat. Il progetto Bes ha lo scopo di riuscire a misurare il benessere in senso multidimensionale e non soltanto limitato al Prodotto interno lordo (Pil). I dodici indicatori Bes sono: salute, istruzione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione ricerca e creatività, qualità dei servizi.
Secondo il rapporto Istat “Il benessere equo e sostenibile in Italia 2021”, pubblicato nel 2022, la percentuale di persone con più di quattordici anni che hanno partecipato nell’ultimo anno ad attività civiche e sociali è del 14,6%, dato già in diminuzione nel 2020 a causa della pandemia (nel 2019 era 22,7%). Si tratta del valore più basso dal 1998, maggiore per il Centro-Nord e minore per il Sud. Nel 2021 diminuisce anche l’attività di volontariato, che era rimasta stabile nel primo anno di pandemia.
“Con la pandemia tutte le attività si sono ridotte, compreso il Terzo settore. Il ruolo del volontariato, però, è diventato ancora più importante per la sua funzione sociale a fianco del settore pubblico. Si deve considerare che le associazioni non profit attive nella sanità, nell’assistenza sociale e nella protezione civile rappresentano il 15% sul totale delle organizzazioni. Questo mondo sussidiario è stato fondamentale per supportare certi servizi alla sanità (si pensi per esempio al trasporto dei malati) e per l’assistenza e l’aiuto anche alimentare alle famiglie colpite dalle conseguenze del Covid, ad esempio la perdita del lavoro o la forte contrazione del reddito” afferma Vittadini.
Durante la pandemia, infatti, si è ridotto il tasso di occupazione dei lavoratori tra i venti e i sessantaquattro anni di due punti percentuali nel secondo trimestre 2020 rispetto al primo trimestre 2020; ma si è trattato di una riduzione maggiore per le donne e per i giovani. Sono inoltre aumentati i giovani NEET e proprio nei giovani si è registrato un deterioramento della soddisfazione per la propria vita.
I progetti del Pnrr per il Terzo settore
Alla luce di questo quadro, oltre che investire nell’occupazione dei giovani e delle donne, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) può anche rafforzare il Terzo settore. Secondo Cantiere Terzo Settore, proprio nella prima metà del 2022 sono stati approvati progetti di interventi negli ambiti della rigenerazione urbana, del social housing, dell’emarginazione sociale e dell’assistenza sanitaria territoriale, in collaborazione con le organizzazioni di volontariato.
“Il Pnrr è uno strumento pensato per favorire lo sviluppo sostenibile – afferma Vittadini -. Può però avere un grande impatto anche sul volontariato, perché i settori cui sono indirizzati gli investimenti non possono (o non dovrebbero) prescindere, sia nella progettazione che nell’attuazione, dal contributo che possono dare le realtà sociali presenti sul territorio.”
La sussidiarietà come incremento di bene comune
L’attenzione al Terzo settore riflette l’importanza della sussidiarietà per raggiungere la sostenibilità, l’inclusività e il benessere comune, che non possono essere affidati esclusivamente allo Stato o al mercato. Il rapporto della Fondazione per la sussidiarietà presenta anche un’analisi svolta sui volontari di alcune grandi associazioni: Portofranco (sostegno allo studio), Banchi di Solidarietà (contrasto alla povertà alimentare), Progetto Arca (inclusione sociale) e Fondazione Don Gnocchi (assistenza sanitaria).
I risultati hanno dimostrato che i volontari sono consapevoli del problema in cui sono coinvolti, desiderano offrire il proprio aiuto e soprattutto sentono il bisogno di fare questa esperienza per se stessi. Il volontariato arricchisce chi lo compie, perché risponde al bisogno di relazione, e aumenta la sensibilità verso le difficoltà altrui. La sussidiarietà non è dunque la rinuncia a un proprio bene per quello altrui, ma nasce dal percepire il bene altrui come bene per sé: “non un gioco a somma zero (in cui perdite e guadagni si bilanciano), ma un incremento di bene comune”.
“L’Italia – conclude Vittadini – si conferma un Paese con una grande vocazione solidale, che affonda le radici nella cultura civica. Il tessuto connettivo della società italiana non è stato dato solo, né principalmente, dalle istituzioni dello Stato unitario, ma da una rete di forme associative, mutualistiche e cooperativistiche – i cosiddetti corpi intermedi – nate dal basso. C’è stato nei decenni recenti, in Italia come altrove, un processo di ‘disintermediazione’, che ha mortificato il ruolo dei corpi intermedi a vantaggio di politici ‘soli al comando’, in un apparato statale sempre più debole, e soprattutto a vantaggio del mercato, sempre più potente nel rapporto con l’individuo isolato.
Questa deriva non ha aiutato la crescita e l’inclusione. Ora sempre più si diffonde invece la consapevolezza che occorre agire ridando alla Comunità il ruolo di ‘terzo pilastro’ che deve avere. In Europa non mancano altri Paesi in cui il volontariato è molto diffuso, per esempio la Germania e la Francia. L’Italia ha però una peculiarità: la parola ‘sussidiarietà’ è nella Costituzione. E questo è un buon esempio.”