Il destino della foresta dell’Amazzonia e dei popoli indigeni che se ne prendono cura dipenderà anche dal risultato del prossimo ballottaggio per le presidenziali del Brasile del 30 ottobre.
Un recente studio condotto dal gruppo di ricerca Forensic Architecture della Goldsmith University of London, in collaborazione con il Climate Litigation Accelerator della New York University, ha ricostruito la sequenza temporale di una serie di eventi di intimidazione e distruzione causate dall’estrazione dell’oro nel territorio del popolo indigeno Yanomami nello stato di Roraima, regione Nord del Brasile, mettendoli in relazione con le politiche dell’amministrazione Bolsonaro.
Dal 2019, primo anno della presidenza di Jair Bolsonaro, è aumentata rapidamente l’estrazione illegale di oro lungo vasti tratti della foresta amazzonica in Brasile, e con essa la violenza nei confronti delle comunità indigene che abitano queste terre. Queste miniere clandestine, che riforniscono la filiera globale dell’oro per la produzione di componenti elettroniche e circuiti, contribuiscono alla devastazione in corso del complesso ecosistema che regola la foresta pluviale, una regione vitale per la regolazione del clima sia a livello locale che planetario.
Devastazione in rapida crescita
L’analisi dei dati ha mostrato come l’attività mineraria lungo questo fiume, che nei tre anni precedenti l’ascesa al potere di Bolsonaro era cresciuta di circa 500 ettari, sia rapidamente aumentata nei tre anni successivi, devastando altri 1000 ettari di foresta pluviale in questa regione. Dallo studio, che combina immagini da satellite, modelli 3D, geo-localizzazione, analisi di video, immagini e pattern, sono emerse anche prove visive del deflusso da un complesso minerario vicino al villaggio di Aracaca, probabilmente contenente elementi altamente inquinanti.
Un altro indicatore dell’aumento nell’attività mineraria è il proliferare di piste di atterraggio illegali, che – oltre ai corsi d’acqua – rappresentano l’unica soluzione per spostare carichi e persone nella foresta pluviale amazzonica. Lo studio di Forensic Architecture ha rivelato almeno otto nuove piste di atterraggio illegali lungo il fiume Uraricoera.
Nello Stato di Roraima, il popolo indigeno Yanomami, da sempre in prima linea nella lotta per difendere la foresta pluviale amazzonica, ha segnalato un aumento estremo di violenze da parte dei cercatori d’oro clandestini negli ultimi tre anni.
“Poiché queste terre indigene sono remote e poiché i reportage da queste aree sono diventati molto pericolosi per giornalisti e attivisti per i diritti umani, come hanno mostrato dolorosamente i recenti omicidi di Bruno Pereira e Dom Philips – l’attivista e indigenista brasiliano e il giornalista britannico assassinati lo scorso giugno nella foresta amazzonica – il pubblico riceve solo impressioni della violenza inflitta in questi territori, che quindi appaiono come eventi sporadici e disconnessi” – ha commentato Paulo Tavares, professore di architettura e urbanismo all’Università di Brasilia e collaboratore di Forensic Architecture.
Invertire il trend
Oltre a ricostruire gli attacchi alle popolazioni indigene, la distribuzione geografica delle miniere clandestine e la devastazione ambientale, lo studio traccia dei paralleli tra questi eventi in aumento e le politiche adottate. Emerge un trend che favorisce l’estrazione dell’oro e mina la sovranità indigena attraverso diverse strategie: indebolire le agenzie di protezione ambientale e ridurre i loro finanziamenti; attenuare le sanzioni per reati ambientali; tentare di legalizzare l’attività mineraria sui territori indigeni.
Ne è un esempio il progetto di legge attualmente in discussione presso il Congresso brasiliano, che intende regolarizzare l’estrazione mineraria nelle terre indigene e la costruzione di infrastrutture – strade, centrali idroelettriche – relative a questa attività. Approfittando della guerra in Ucraina, lo scorso marzo la Camera dei Deputati ha accelerato l’iter parlamentare di questa misura, nell’ottica di ridurre la dipendenza del Brasile dai fertilizzanti stranieri (in particolare quelli provenienti dalla Russia).
Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato che l’attività mineraria non sarà consentita nei territori indigeni protetti in caso di un suo ritorno al governo.
L’estrazione mineraria clandestina, in crescita anche sulla spinta dell’aumento del prezzo dell’oro negli ultimi anni sul mercato internazionale, è solo una delle molteplici attività che contribuiscono alla distruzione della foresta amazzonica, dal land grabbing allo sfruttamento illegale del legno, i cui interessi si estendono ben oltre i confini brasiliani, e che danneggiano gravemente il territorio e la salute delle popolazioni indigene.
Va notato, come ha fatto Bolsonaro nel corso di un dibattito preelettorale, che anche i governi precedenti al suo avevano contribuito in maniera significativa alla distruzione della foresta amazzonica. I dati dell’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (INPE) dimostrano che fino al 2008 il tasso di deforestazione è stato altissimo, superando i diecimila chilometri quadrati – equivalente alla superficie dell’Abruzzo – all’anno. Si evince però un trend generalmente in calo sin dal 2005, che ha raggiunto il minimo storico nel 2012 per poi invertire successivamente la tendenza, con un nuovo aumento marcato, che ha riportato il tasso sopra i diecimila chilometri quadrati l’anno, dal 2019 ad oggi.