Con l’intensificarsi del conflitto ucraino e l’emergere di tragici episodi di violenza nei confronti della popolazione civile quarantuno Stati, inclusa l’Italia, hanno richiesto l’intervento della Corte penale internazionale (ICC – International Criminal Court) che ha nominato il Procuratore capo Karim Ahmad Khan responsabile per l’apertura delle indagini su sospetti crimini di guerra.
Ecco cosa c’è da sapere sulla Corte penale internazionale per capire cosa potrebbe succedere nel caso della guerra in Ucraina.
Come nasce la Corte penale internazionale
Come ci illustra Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, il concetto di giustizia universale si è affermato nel 1998 con la Conferenza di Roma, che ha visto la partecipazione di una grande componente non-governativa che da tempo faceva campagna per l’istituzione di un organo permanente di giustizia universale.
La Corte penale internazionale fu istituita a Roma il 17 luglio 1998 e con lo “Statuto di Roma”, per la prima volta nella storia dell’umanità, 123 Stati hanno aderito e accettato la giurisdizione di un tribunale internazionale permanente per il perseguimento degli autori dei reati più gravi commessi nei loro territori o dai loro cittadini dopo il 1 luglio 2002, data dell’entrata in vigore dello Statuto di Roma.
La Corte penale internazionale non sostituisce i tribunali nazionali ma secondo lo Statuto di Roma, è dovere di ogni Stato esercitare la propria giurisdizione sui responsabili di crimini internazionali.
La Corte penale internazionale ha sede all’Aia, in Olanda, e opera indipendentemente dalle Nazioni unite. La sua missione principale è portare davanti alla giustizia gli autori dei reati più gravi che interessano la comunità internazionale e contribuire alla prevenzione dei genocidi, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di aggressione. Può intervenire solo laddove uno Stato non sia in grado o si dimostri riluttante a svolgere realmente le indagini e perseguire i colpevoli.
Durante i conflitti che hanno segnato il Novecento furono commessi alcuni dei crimini più efferati contro l’umanità e i tribunali di Norimberga e Tokyo furono istituiti sulla scia della seconda guerra mondiale. L’idea di un sistema di giustizia penale internazionale riemerse solo dopo la fine della Guerra fredda ma, proprio mentre erano in corso i negoziati sullo statuto della Corte penale internazionale alle Nazioni unite, il mondo assistette alla realizzazione di crimini di guerra e contro l’umanità nei territori dell’ex Jugoslavia e in Ruanda.
In risposta a quelle atrocità, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite istituì due organismi separati: il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, costituito nel maggio 1993 per punire i crimini commessi durante i conflitti nei Balcani e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, creato nel novembre 1994 per giudicare i colpevoli di uno dei più sanguinosi episodi della storia dell’umanità del XX secolo, il genocidio dei Tutsi e degli Hutu.
Questi eventi hanno indubbiamente avuto un impatto molto significativo sulla decisione di convocare la conferenza che istituì la Corte penale internazionale a Roma nell’estate del 1998.
Tuttavia, mentre la maggior parte dei Paesi del Mondo ha ratificato l’adesione, ci sono delle eccezioni significative nell’attuale scenario geopolitico che includono Russia, Stati Uniti e Ucraina. Sia la Russia che gli Stati Uniti hanno firmato il trattato per la creazione della Corte penale internazionale ma non l’hanno poi ratificato mentre l’Ucraina ha riconosciuto la giurisdizione della Corte per i crimini commessi sul suo territorio a partire dall’invasione russa della Crimea nel 2014 ma la legge non è stata ancora formalizzata.
“In questi vemt’ anni – afferma Riccardo Noury – il Tribunale ha dato dei risultati soltanto parziali, ma non per colpa sua. È un po’ visto, dagli Stati che non ne fanno parte, come l’organo che può occuparsi dei conflitti di serie B come quelli africani. Mentre chi non si è mai vincolato e chi ne è uscito pensa, in qualche modo, di sottrarsi alla sua azione. L’esempio più evidente è il tentativo riuscito da parte degli Stati uniti di tirarsi fuori dai crimini commessi in Afghanistan.”
La Corte penale internazionale ha definizioni specifiche di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di aggressione.
Per la guerra in Ucraina, le indagini preliminari della Corte penale internazionale erano state già avviate dall’aprile 2014 a dicembre 2020, poi interrotte per la situazione pandemica. All’epoca, il pubblico ministero aveva affermato che c’erano prove di crimini di guerra e crimini contro l’umanità mentre, per quanto concerne il conflitto in corso, le accuse di genocidio dovranno essere attentamente valutate e, eventualmente, convalidate in quanto si tratta di un concetto giuridico che richiede delle prove specifiche.
Il genocidio è un crimine che contiene due aspetti: una “motivazione mentale”, comprovato da dichiarazioni pubbliche dell’intento di distruggere un carattere nazionale, etnico, razziale o religioso incluso uccidere i membri del gruppo, prevenire le nascite e il trasferimento forzato dei bambini e “un aspetto fisico”, ovvero l’uccisione del gruppo come il genocidio di Srebrenica del 1995 o lo sterminio del popolo Yazida commesso dallo Stato islamico nel 2014.
La nozione di crimine contro l’umanità risale all’8 agosto 1945 ed è codificata nell’articolo 7 dello Statuto di Roma. I crimini contro l’umanità includono attacchi diffusi o sistematici diretti contro la popolazione civile, omicidi, trasferimenti forzati, tortura, stupro o qualsiasi altra forma di violenza sessuale; persecuzione su base politica, razziale, nazionale, etnica, culturali, religiosi o di genere; sparizione forzata; il reato di apartheid.
Con i crimini di guerra si intendono gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra e delle leggi applicabili nei conflitti armati inclusi omicidi, torture, attacchi contro la popolazione civile, attacchi contro ospedali, qualsiasi forma di violenza sessuale, arruolamento di bambini nelle ostilità.
I crimini di aggressione indicano la pianificazione, preparazione o esecuzione di forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato. L’atto di aggressione comprende l’invasione, l’occupazione militare e l’annessione con l’uso della forza, blocco dei porti in palese violazione della Carta delle Nazioni unite.
Chiunque sia accusato di un crimine nella giurisdizione del tribunale, che include paesi membri della Corte penale internazionale, può essere processato dal Tribunale penale internazionale. La corte processa le persone, non i Paesi, e si concentra su coloro che hanno maggiori responsabilità: leader e funzionari.
Il Tribunale ha diciotto giudici in carica per un mandato di nove anni.
I procedimenti giudiziari possono essere avviati in due modi: da un governo nazionale o dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che deferisce i casi alle indagini.
Nella opinione del portavoce di Amnesty International Italia, è anche importante rafforzare gli sforzi degli Stati che sono dotati del principio fondamentale della giurisdizione universale. Tra questi la Germania che ha una Camera apposita incaricata di raccogliere prove di diritto internazionale che consente ai tribunali del Paese di giudicare anche eventi che si sono verificati all’estero. È proprio sulla base di questo principio che la Germania ha potuto condannare all’ergastolo un colonnello siriano Anwar Raslan, ex ufficiale dei servizi segreti siriani riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità.
Per quanto riguarda l’Italia, non siamo ancora in grado di applicare questo principio per mancanza di adeguamento dell’ordinamento interno, dato che non abbiamo una legislazione sui crimini contro l’umanità.
Inchiesta internazionale in Ucraina
Il 2 marzo di quest’anno la Corte penale internazionale ha aperto un’indagine su sospetti crimini di guerra in Ucraina, supportata anche dalle 5.600 denunce presentate alle autorità ucraine di presunti crimini di guerra da parte delle forze russe dall’inizio dell’invasione, cominciata il 24 febbraio.
Nel corso della visita a Bucha dello scorso marzo il procuratore Khan ha affermato che considera l’Ucraina come “la scena di un reato” e che “abbiamo ragionevoli motivi per ritenere che vengano commessi reati di competenza del tribunale.”
In un report pubblicato il 6 maggio Amnesty International dichiara di aver documentato ventidue casi di uccisioni illegali da parte delle forze russe a Bucha e nelle vicinanze aree a Nord-Ovest di Kiev, la maggior parte delle quali erano apparenti esecuzioni extragiudiziali.
I ricercatori di Amnesty International hanno raccolto testimonianze e analizzato materiali investigativi anche digitali e ritiene che ci siano prove convincenti che sia l’uccisione deliberata di civili e gli attacchi aerei che hanno causato numerosi morti tra i civili costituiscano crimini di guerra.
Amnesty International sta collaborando agli sforzi del procuratore Khan per raccogliere le prove, astenendosi da interferenze e tentativi di creare organi alternativi come tribunali speciali che richiederebbero troppo tempo per la costituzione. Continua Riccardo Noury: “nei confronti dei crimini di guerra che si stanno commettendo in Ucraina, il Tribunale penale internazionale è il massimo della speranza che possiamo riporre con l’obiettivo di porre fine alle impunità, sapendo bene che l’impunità è una delle condizioni che consentono alle guerre di proseguire perché i responsabili militari e civili rimangono al loro posto.”
È ora responsabilità del Tribunale penale internazionale raccogliere le prove di quanto sta accadendo e come per Kigali in Ruanda e Srebrenica in Bosnia la giustizia internazionale, anche se in tempi purtroppo molto lunghi data la complessità dei reati, farà il suo corso.
Conclude Riccardo Noury: “il limite del Tribunale penale internazionale è la giustizia dei vincitori contro i vinti. Sarebbe bello che il Tribunale, che ha avviato la sua indagine praticamente in contemporanea con il crimine di aggressione internazionale della Russia, esercitasse la giustizia nel più breve tempo possibile. Se ci poniamo dal punto di vista delle vittime, noi dobbiamo accompagnare tutte le vittime nella ricerca della giustizia per tutti gli anni necessari.”