La carenza idrica che sta segnando il 2022 ha accentuato una difficoltà già esistente per i rifugi alpini che dipendono dall’acqua per l’uso sanitario e, spesso, anche per la produzione di energia elettrica. Continuare a vivere e frequentare la montagna significa perciò anzitutto conoscere con precisione come il cambiamento climatico sta alterando le caratteristiche di quei luoghi. È una competenza che, a questa scala territoriale, possiedono poche persone, fra cui i gestori, che in quei luoghi vivono e lavorano ormai da secoli.
Solamente in base a questa conoscenza maturata con l’esperienza si possono ridefinire i modi di gestire le risorse idriche in alta quota, così come promuoverne la formazione sul buon uso da parte dei clienti.
Agenda17 ha intervistato alcuni esperti del settore, che già da anni conoscono una situazione diventata oggi visibile anche in pianura.
Siccità anche in alta quota: rifugi in difficoltà. Il caso del Quintino Sella
La siccità, diventata emergenza nell’estate del 2022, è frutto di anni di scarse precipitazioni, come si evince dal rapporto del marzo scorso dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) sui dati meteo climatici in Italia. La precipitazione totale annua nel 2020 è infatti pari a 661mm, con una diminuzione media di -132mm sul valore medio corrispondente per il periodo 2006-2015.
Il 4 luglio il Consiglio dei ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico per le Regioni e le Province autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, e per i territori dell’Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto.
I dati emessi dall’Osservatorio siccità del Centro nazionale delle ricerche per il mese di giugno 2022 confermano le condizioni critiche del Nord Italia e la progressiva estensione della carenza idrica anche al Centro Sud.
In particolare, le condizioni di stress idrico del fiume Po in pianura sono state oggetto di interesse dopo la diffusione di immagini satellitari che ne mostravano l’inequivocabile situazione di crisi.
A soffrirne c’è anche il rifugio Quintino Sella, ai piedi del Monviso, non distante dalle sorgenti del fiume Po. Alessandro Tranchero, attuale gestore del rifugio, racconta ad Agenda17 le condizioni in cui ha riaperto la struttura.
“A giugno 2022 ci siamo trovati di fronte a una situazione paragonabile a quella che vediamo tra settembre e ottobre, quando chiudiamo la stagione. L’inverno scorso sul massiccio del Monviso è scesa poca neve e i nevai erano già impoveriti dalla stagione precedente, quando le scarse precipitazioni nevose erano avvenute in condizioni di vento, non permettendo l’accumulo.”
“In venticinque anni – prosegue Tranchero – non ho mai visto una situazione simile con i laghi che, ad occhio, sono tra i due e i tre metri sotto il loro livello di inizio estate. Quella di oggi è una situazione che deriva dagli anni precedenti perchè la scorsa estate si sono consumati gli strati di neve più bassi e a settembre 2021 siamo stati costretti per la prima volta a chiudere il rifugio in anticipo per la carenza d’acqua, che a noi serve non solo per l’uso sanitario, ma soprattutto per la produzione di corrente elettrica.”
Se manca l’acqua manca anche energia
I rifugi d’alta quota, infatti, solitamente non sono raggiunti dalle linee elettriche e devono essere autonomi, il che significa avere una centralina idroelettrica, un generatore per le situazioni di emergenza e, in qualche caso, i pannelli fotovoltaici.
Le sorgenti che mantengono vivo il Quintino Sella sono due e sono entrambe proprio sotto la cima del Monviso: la sorgente della cresta Sud Est serve per l’acqua a uso sanitario e potabile, l’altra nella zona delle Sagnette alimenta una centralina che negli ultimi vent’anni ha permesso anche di aumentare le offerte del rifugio ai clienti.
“La centralina idroelettrica è la nostra fonte di energia, abbiamo anche un generatore di corrente da usare nei casi di necessità ma non è sostenibile né dal punto di vista ambientale, né da quello economico: il prezzo del gasolio è molto alto e per noi raddoppia, dovendolo far arrivare in elicottero” spiega Tranchero.
“Avere energia elettrica costantemente prodotta dalla centralina ci permette di conservare i cibi alle giuste temperature con frigo e freezer, di avere forni e strutture come in una cucina ben attrezzata e quindi di fornire buoni servizi ai nostri clienti. Allo stesso modo l’abbondanza di acqua per uso sanitario ci ha permesso negli anni di garantire docce e molti lavandini per migliorare la qualità dell’ospitalità e venire incontro ad esigenze sempre maggiori dei fruitori del rifugio” continua Tranchero.
Giacomo Benedetti, già presidente nazionale della Commissione rifugi del Club alpino italiano (Cai) e attualmente membro del Consiglio Centrale, spiega ad Agenda17 che “la tipologia di persone che frequenta i rifugi è cambiata negli ultimi anni. Da punti di partenza per le salite in alta quota, le nostre strutture sono diventate la meta finale di gite domenicali e molti dei frequentatori non sanno che cosa significhi la gestione di un presidio in montagna. Vivono il rifugio come se fosse un Alpi-grill e si aspettano tutti i servizi che si possono avere in pianura. Per questo il Cai è attivo da tempo sull’informazione e sulla formazione alla fruizione della montagna e riconosce la necessità di potenziarla ulteriormente.”
Come ridurre il danno di una siccità diventata strutturale
“Stiamo studiando da tempo delle alternative per poter garantire i servizi a fronte di una sempre minore presenza di acqua. Si tratta di ripensare, ridefinire il modo di gestire ciò che abbiamo e rivedere abitudini consolidate nell’ottica di una nuova realtà” spiega Tranchero.
Per il Quintino Sella, come per molti altri rifugi alpini, la questione prioritaria è la produzione di energia elettrica e le prime azioni concrete consistono nell’usare in modo più efficiente ciò che si ha. “Dobbiamo imparare – prosegue Tanchero – a ridurre gli sprechi e dobbiamo poter accumulare l’energia che produciamo con l’acqua, poiché la sua produzione è proporzionale alla portata dell’acqua. Una parte dell’energia viene sprecata quando non usata immediatamente e per questo la prima azione consiste nell’avere degli accumulatori che ci consentano di averla anche nei momenti di calo di produzione.”
Aggiunge Benedetti: “come Direzione generale del Cai stiamo da tempo affrontando questo problema complesso in sinergia con i gestori e abbiamo in previsione la messa in opera di batterie accumulatori per le centraline idroelettriche, oltre alla messa in opera di pannelli fotovoltaici, dove non ci sono ancora, anch’essi accompagnati da accumulatori per garantire una distribuzione omogenea della corrente anche nei momenti di calo energetico.”
“L’acqua ci serve anche per incombenze meno conosciute seppur essenziali – continua Tranchero – come la gestione delle acque reflue: ad alta quota le normali fosse biologiche non funzionano e a fine stagione è necessario svuotarle, pulirle e filtrare i depositi della stagione per poi portarli a valle in elicottero”.
Un’operazione che dura parecchi giorni e richiede sia energia elettrica che acqua corrente, entrambe dipendenti dallo stato delle sorgenti. “Purtroppo – prosegue Tanchero – spesso il comportamento di chi viene in rifugio e non rispetta le normali pratiche nell’uso dei sanitari rende ancora più complesso il nostro lavoro.”
Aggiunge Benedetti: “dobbiamo formare le persone che frequentano la montagna a un uso consapevole e sostenibile del territorio. I nostri rifugi non sono solo strutture ricettive, sono presidi del territorio e garantirne la vitalità è fondamentale per proteggere il territorio montano.”
Potenziare le collaborazioni con i centri di ricerca e incentivare le buone pratiche
La Commissione rifugi del Cai ha inserito già da qualche anno nel bando stabile rifugi, ovvero il fondo a cui le sezioni locali attingono per finanziare i lavori nelle loro strutture, una premialità per gli interventi di realizzazione di opere per l’approvvigionamento dell’acqua e l’ottimizzazione dell’uso sia dal punto di vista sanitario che energetico.
Quest’anno ha poi creato un ulteriore bando, emesso a giugno 2022, per sostenere i lavori di captazione acqua che sono in corso. “Si tratta – spiega Benedetti – di piccoli interventi, che comunque non sono risolutivi per una situazione che richiede la messa in opera di azioni importanti di ristrutturazione delle strutture.
Per questo si sono già attivate e si dovranno potenziare collaborazioni in sinergia con gli studi di ricerca delle Università e i Politecnici in modo da concretizzare azioni che siano focalizzate sul lungo termine.”
In alcuni rifugi in Italia, sono già attivi dei sistemi di fitodepurazione delle acque reflue, che rappresentano un’avanguardia nella gestione sostenibile del territorio. “Non sappiamo – conclude Trachero – come proseguirà la stagione qui ad alta quota, staremo a vedere, non possiamo fare previsioni ma solo gestire al meglio ciò che abbiamo.”
(aggiornato il 18 luglio 2022)
Bravi Alessandro e Giacomo… Assolutamente in linea con le vostre analisi…. Grszie