Nella sanità italiana le donne sono fortemente presenti ma non adeguatamente rappresentate e retribuite: la differenza salariale va dal 16% al 20% in meno.
“Se nei comparti infermieristico, tecnico e dell’assistenza le donne superano il 50%, c’è però un paradosso – ha affermato Monica Calamai, coordinatrice della Community Donne protagoniste in sanità nel corso del convegno che si è recentemente tenuto a Bologna -, sono gli uomini ad avere posizioni di potere, persino negli ordini professionali a prevalenza femminile. Anche le posizioni di direttore di struttura complessa vedono una massiccia prevalenza maschile. Per questo, la questione di genere deve essere inserita tra gli indicatori che valgono per la valutazione delle performance, come accade ad esempio per il Livelli essenziali di assistenza (Lea).”
Dai tavoli di lavoro del convegno è stato sottolineato che “può succedere che le donne rifiutino incarichi di maggiore responsabilità, facciano meno straordinario o libera professione (solitamente in orari pomeridiani o serali) per l’impossibilità di conciliare gli impegni di lavoro con la cura dei familiari, non solo minori ma anche genitori anziani o altri famigliari bisognosi di cure, i care giver familiari, è noto, sono soprattutto donne.”
Da qui l’importanza di interventi per facilitare la conciliazione fra impegno lavorativo e cura personale e della famiglia, agendo su turni e orari di lavoro e prevedendo asili nido nelle sedi lavorative.
Il nostro Paese fra peggiori in Europa e con forti differenze regionali
I dieci Paesi migliori dove intraprendere una carriera nel settore sanitario per le donne sono, nell’ordine: Francia, Olanda, Finlandia, Slovenia, Danimarca, Regno unito, Lettonia, Estonia, Spagna, Svezia.
L’Italia è ottava tra i Paesi peggiori in Europa per le donne nelle professioni sanitarie, con salario medio annuale femminile di 32.116 euro contro un maschile di 42.082 euro. Nel nostro Paese per quanto riguarda i vertici delle aziende sanitarie vi sono anche chiare differenze regionali.
Presso il Ministero della salute è stato costituito un tavolo tecnico per individuare politiche e iniziative istituzionali efficaci per contrastare le disuguaglianze, migliorare la condizione lavorativa, valorizzare le professionalità delle donne in sanità e realizzare l’equo accesso ai ruoli di responsabilità, tavolo a cui partecipa Calamai, direttrice generale dell’Azienda USL di Ferrara, oltre che coordinatore della Community.
Il tavolo tecnico dovrà terminare i lavori entro il 15 settembre 2022, producendo una relazione finale con le proposte emerse da sottoporre a Governo e Parlamento, anche in vista dell’approvazione del bilancio dello Stato per gli anni 2023-2025.
Incentivare gli studi nei settori ad alta occupabilità, rendere effettiva la normativa antidiscriminatoria sul lavoro e investire nelle infrastrutture sociali
Secondo l’Istat, la pandemia aveva ridotto il tasso di occupazione femminile sotto il 48% (tornato al 50,1% a gennaio 2022), e ampliato il gap occupazionale tra donne e uomini (da 17,9 a 18,9 punti).
In base ai dati del Global Gender Gap Report 2021 (World Economic Forum), le donne registrano tassi di disoccupazione più elevati, in parte anche perché spesso sono impiegate con contratti precari e in settori più colpiti dalla crisi. L’Istat ha registrato che nel 2021 il 5% di tutte le donne occupate ha perso il lavoro, rispetto al 3,9% degli uomini, e il reinserimento lavorativo è stato più lento.
Secondo il report Il Gender Gap in Italia del Centro di ricerca della Rome Business School, per affrontare questa emergenza è necessario incentivare percorsi di studio che vadano nella direzione dei settori a più alta occupabilità, rendere effettiva la normativa antidiscriminatoria sui luoghi di lavoro e investire in maniera poderosa sulle infrastrutture sociali. Infatti, l’occupazione femminile è più bassa laddove è più fragile la rete delle infrastrutture sociali.
Il Rapporto Istat sui SDGs (Sustainable Development Goals) 2021 evidenzia l’insufficienza dei posti negli asili per i bambini di 0-2 anni in Italia. Nell’anno educativo 2019/2020 i servizi per la prima infanzia pubblici e privati attivi sul territorio italiano hanno coperto il 26,9% dei bambini, sotto il parametro del 33% fissato dall’Unione europea, con un ampio il divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno. I livelli di copertura più alti si registrano in Valle D’Aosta (43,9%), Umbria (43%), Emilia-Romagna (40,1%), regioni dove più di 4 bambini ogni 10 hanno la possibilità di frequentare un nido mentre solo 1 bambino su 10 ha la stessa opportunità in Campania (10,4%), Calabria (10,9%) e Sicilia (12,4%).
Anche la formazione nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), snodo fondamentale per consentire alle donne di essere protagoniste nei lavori del futuro, vede le donne penalizzate.
Il Rapporto Istat sui SDGs evidenzia il basso livello di incidenza di laureati in discipline STEM: nel 2018, il 15,1 per mille degli individui di 20-29 anni hanno un laurea STEM, un valore di quattro punti per mille inferiore alla media europea. Il possesso di un titolo terziario è più diffuso tra le donne, mentre i laureati nelle discipline STEM sono più numerosi tra gli uomini, e il divario di genere, anche se abbastanza contenuto, è in crescita negli ultimi anni.
Pnrr e uguaglianza di genere
Considerato che le donne sono state tra i soggetti maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia, gli indirizzi della nuova strategia europea per l’uguaglianza di genere sono stati accolti e integrati anche in Italia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere è identificato come obiettivo trasversale da raggiungere attraverso l’attuazione delle Riforme e delle Missioni.
La legge n. 162/2021 prevede a partire dal 1° gennaio 2022 la certificazione della parità di genere sul posto di lavoro per eliminare il divario di retribuzione tra uomini e donne. Le aziende con più di cinquanta dipendenti sono tenute a redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni. Il rapporto va trasmesso dalle aziende alle rappresentanze sindacali aziendali entro il 31 dicembre, ogni due anni.
Nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi a tale obbligo sono previste sanzioni e verifiche dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Per le aziende private virtuose è previsto uno sconto dell’1% sui contributi fino a 50mila euro all’anno, inoltre un punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato e/o finanziamenti pubblici in genere e nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture.
La certificazione di parità, peraltro, è una delle misure che il Governo ha inserito nel Pnrr, nella missione 5, «Inclusione e coesione», tra le politiche per il lavoro, destinando a questa finalità 10 milioni di euro.
Si tratta di un’opportunità che non va sprecata a cui potrà utilmente contribuire anche la Community delle Donne protagoniste in sanità. A tal proposito, ricorda Calamai: “la certificazione di genere deve essere il punto di partenza su cui continuare a lavorare per aiutare a conciliare i tempi di cura della famiglia ed il lavoro per le donne che lavorano in sanità e non solo”.
Premio Protagoniste in Sanità 2022: dai bilanci di genere e pari opportunità nelle aziende sanitarie alle visite oncologiche nelle carceri femminili
Per valorizzare le esperienze tese a superare il gender gap o a introdurre percorsi di salute ad hoc per la donna, la Community Donne protagoniste in sanità ha istituito il premio Donne Protagoniste 2022, articolato in due sezioni.
Dei 100 i progetti che si sono candidati, ne sono stati selezionati dodici per la finale e premiati quattro.
”Bilancio di genere e promozione delle pari opportunità”: premiate l’Aoup Pisana e il San Raffaele
L’Azienda ospedaliera universitaria pisana (Aoup) ha vinto con il progetto “Un’azienda che guarda alle donne e non solo”. Il progetto partecipa allo studio sul bilancio di genere e ricadute nell’organizzazione del lavoro condotto dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e Anaao Assomed per strutturare indicatori comuni nelle aziende sanitarie e costruire così un modello di bilancio di genere.
Tra le aziende private, è stato premiato l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano con il suo “Gender Equality Plan” una policy aziendale per migliorare il bilanciamento di genere per la realizzazione di obiettivi e azioni è previsto un budget dedicato con identificazione di responsabilità, tempi di realizzazione e un monitoraggio ex post.
”Percorsi di salute ad hoc per la donna”: premiate l’Azienda USL di Piacenza e ACTO Puglia
Per le aziende pubbliche è stato premiato il progetto “Ospedale della donna” dell’Azienda USL di Piacenza . Si è partiti dall’individuazione di una sede centralizzata alla messa in atto di percorsi integrati che comprendono diagnosi, consulenza, cura, riabilitazione delle patologie femminili e un lavoro in rete che facilita confronto e scambio di competenze tra i professionisti.
Altro progetto premiato è “VeniAMOdaTE” promosso dall’Alleanza contro il tumore ovarico della Puglia (ACTO). Il progetto, dedicato alla prevenzione oncologica negli istituti penitenziari pugliesi, ha offerto gratuitamente nelle case circondariali femminili della regione il necessario per la prevenzione dei tumori ginecologici: informazioni, screening, visite, ecografie, pap test oltre a suggerimenti e cure promuovendo la cultura delle prevenzione.
C’è stata infine una menzione speciale all’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino- AMICI, per il progetto “Resilient mothers: l’arte della maternità delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino” (malattia di Crohn , colite ulcerosa …) ,per l’attenzione al percorso di maternità delle donne che ne sono affette.