Il fluire delle acque dei fiumi è fondamentale per la biodiversità, perché assicura lo spostamento di sedimenti, dei nutrienti e degli stessi animali. Eppure questa condizione non è sempre garantita sul territorio europeo, e in special modo in Italia, dove numerosi ostacoli provocano la frammentazione dei corsi d’acqua, impoverendo degli ecosistemi.
Il progetto europeo AMBER individua uno sbarramento ogni 1,5 km
L’ultimo rapporto disponibile che fotografa lo stato di continuità dei fiumi in Europa è del 2020. Il progetto AMBER ha infatti monitorato per tre anni la presenza di barriere trasversali lungo i fiumi europei, stimando oltre 1 milione di ostacoli alla libera circolazione delle acque.
Diversi per dimensioni e tipologia, questi sbarramenti servono per ricavare energia elettrica, per irrigare i campi, per contenere i corsi d’acqua e per altri usi. Si tratta di dighe, briglie, guadi, tombinature e chiuse, molte ormai obsolete e in disuso.
Quelle di grandi dimensioni sono facilmente rintracciabili, ma rappresentano meno dell’1% dei reali sbarramenti in Europa. Sono però le piccole strutture ad avere un maggior effetto nell’ostacolare il trasporto di sedimenti e il movimento degli organismi acquatici, alterando le comunità fluviali. Per essere rintracciati, ed eventualmente rimossi, questi sbarramenti richiedono un’analisi sul campo.
Per tale ragione lo studio AMBER ha effettuato una rilevazione diretta sul territorio, analizzando oltre 2.715 km di 147 fiumi, rappresentativi di diversi territori europei. I dati ottenuti dall’analisi sul campo hanno consentito di modellizzare la probabile distribuzione di barriere in Europa, arrivando a ipotizzarne in media una ogni 1,5 km circa. Questi valori, scrivono i ricercatori coinvolti nel progetto, sono probabilmente sottostimati rendendo l’Europa il posto al mondo con i fiumi più frammentati.
Lo scorso dicembre, nell’ambito del Piano strategico europeo per la biodiversità 2030, la Commissione europea ha emanato le linee guida contenenti le indicazioni operative volte a ripristinare la connettività di 25mila km di fiumi in Europa. La Dam Removal Europe, una partnership di sette organizzazioni internazionali, ha già iniziato. Al suo attivo ha 239 sbarramenti rimossi, di cui però nessuno in Italia.
Insufficienti i dati del nostro Paese. Bolzano e il Piemonte esempi virtuosi
Ma che cosa succede in Italia? Andrea Goltara, direttore del Centro Italiano Riqualificazione Fluviale (Cirf), spiega ad Agenda17: “In Italia i dati sugli effettivi sbarramenti fluviali sono pochi e disomogenei. Nonostante la direttiva europea sulle acque da anni abbia richiesto un’analisi dei corsi d’acqua, soltanto alcune Regioni hanno lavorato, raccogliendo informazioni e portando avanti progetti di riqualificazione fluviale.”
Inoltre, ricorda Goltara, oltre alle barriere trasversali, altri interventi possono incidere sulla limitazione della connettività fluviale. Fra questi, gli argini e le difese spondali, gli interventi di escavazione del fondo e infine il prelievo idrico, che provoca discontinuità nella presenza di acqua.
Esistono tuttavia anche esempi virtuosi. Nella provincia autonoma di Bolzano da oltre vent’anni proseguono azioni che seguono la direttiva europea, finalizzate a garantire una migliore qualità idrica dei fiumi. Sono circa settanta i chilometri di connettività fluviale ripristinati grazie alle rimozioni di barriere che hanno interessato corsi d’acqua come il Rio Isarco, Anterselva, Talvera, Sesto e il fiume Rienza.
Anche il Piemonte, nella provincia del Verbano Cusio Ossola, ha attuato un importante intervento. Il progetto IdroLIFE, della durata di sei anni e conclusosi a marzo 2022, si è posto l’obiettivo di conservare le specie acquatiche native e a rischio nella zona della Provincia. Tra le azioni intraprese è stata di rilievo la rimozione di numerose barriere sul fiume Toce e sul torrente San Bernardino, che hanno garantito un ripristino della connettività fluviale per oltre cinquanta km.
La trota fra le specie a rischio
Tra le specie acquatiche italiane, alcune sono anadromi (ovvero: risalgono le correnti d’acqua per riprodursi, come la lampreda, ormai in via di estinzione), mentre altre sono catadromi (depongono cioè le uova nel mare, ma trascorrono la maggior parte del ciclo vitale in acqua dolce, come le anguille).
Esistono infine pesci che, come la trota mediterranea, si spostano per cercare habitat con le condizioni ecologiche più adatte alla fase di sviluppo. Tutte queste specie sono a rischio per via della frammentazione dei corsi d’acqua, che impedisce che il ciclo vitale si compia, oltre che per l’inquinamento e la pesca illegale.
Il progetto in corso LIFE STREAMS dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) si rivolge proprio alla trota mediterranea e persegue la riduzione della frammentazione dei corpi idrici, anche per rendere più resilienti le popolazioni ai cambiamenti climatici.
Spiega ancora Goltara, “le specie acquatiche risentiranno sempre di più degli effetti dei cambiamenti climatici, che si esprimeranno sotto forma di eventi di piena alternati ad altri di magra e a variazioni delle temperature, parametro fondamentale nei cicli vitali degli animali. L’unico modo per mitigare gli effetti degli sconvolgimenti climatici è proprio operare una riqualificazione fluviale, anche attraverso la rimozione di barriere per consentire gli spostamenti delle specie che cercano ecosistemi adeguati o zone di rifugio.”
Nessun progetto italiano finanziato. Prossima scadenza luglio
Open Rivers è un importante programma europeo, che dedicherà 42,5 milioni di euro ad azioni di rimozione di dighe e ripristino fluviale. Tra i diciannove progetti approvati ad aprile 2022, purtroppo nessuno è in Italia. La prossima scadenza per richiedere un finanziamento è prevista per il luglio prossimo.
Secondo Goltara “il vero motore immediato all’azione deve essere una normativa vincolante imposta dall’Unione Europea, che stiamo aspettando da anni. Al momento le intenzioni nazionali sembrano andare nella direzione opposta, vista la volontà di creare nuove barriere per la produzione di energia idroelettrica.
Siamo un popolo poco legato ai corsi d’acqua, li viviamo poco nelle nostre attività di svago, li conosciamo poco e siamo poco sensibili alle loro problematiche. È urgente diffondere la conoscenza di questi ambienti, partendo dai giovani. Soltanto così potrà nascere la consapevolezza che guida l’agire.”