Nell’Amazzonia orientale brasiliana c’è una comunità che soffre di gravi malattie respiratorie per l’inquinamento causato dalle industrie siderurgiche e dai processi di estrazione mineraria. Questa comunità vive a Piquiá de Baixo, un sobborgo di Açailandia, nello Stato del Maranhã, e ha deciso di lottare per il diritto alla salute. Dopo oltre vent’anni di rivendicazioni per la riparazione delle violazioni subite, gli abitanti della baraccopoli hanno ora ottenuto il diritto al prossimo reinsediamento in un nuovo quartiere, sufficientemente lontano dai fumi tossici, denominato Piquiá da conquista.
Uno fra i primi a mobilitarsi a favore della comunità di Piquiá è stato Padre Dario Bossi, missionario comboniano, che dichiara ad Agenda17: “Assieme ai tanti alleati della comunità di Piquiá, abbiamo appoggiato iniziative e proposte nate direttamente dagli abitanti: una battaglia di una piccola collettività di circa 1.100 persone, riguardante il futuro sostenibile e la lotta all’inquinamento.”
Piquiá: dalla catena produttiva in Carajás ai problemi di salute da inquinamento
La vicenda inizia nel 1987, quando l’industria del ferro e dell’acciaio si insedia attorno a Piquiá con cinque fabbriche di ghisa, una ferrovia e altri impianti dell’impresa mineraria. Da quel momento gli abitanti subiscono la presenza della Vale SA, un colosso industriale attivo 24h su 24, e chi vive a ridosso delle acciaierie sperimenta sulla propria pelle i danni dei fumi tossici.
Carajás è la più grande miniera di ferro a cielo aperto del Mondo e si trova nel cuore dell’Amazzonia. L’immenso corridoio logistico di esportazione (900mila km2) attraversa due Stati brasiliani e circa 100 comunità, con un’estensione che va dalle miniere al porto di São Luís, dal quale i container sono inviati in molte parti del Mondo. Cina, principalmente, ma anche Europa e Italia.
Spiega Padre Bossi: “Le ingenti attività di estrazione siderurgica, la produzione di cemento e le acciaierie hanno contaminato l’aria di questa zona con forti impatti sulla salute della comunità, come è stato dimostrato dagli studi scientifici. Le aziende e le istituzioni pubbliche sono state sollecitate a riparare i danni morali, materiali e a mitigare le emissioni, ma le poche risposte ottenute sono ancora ritenute insufficienti da parte degli abitanti danneggiati.”
La ricerca scientifica conferma i danni alla salute
La scienza si è mossa per indagare lo stato di salute della comunità di Piquiá. Già nelle prime indagini, la popolazione riferiva disturbi respiratori e altre malattie e, nel 2007, una perizia del biologo brasiliano Ulisses Brigatto indicava una possibile soluzione: abbandonare l’ambiente malsano e andare a vivere altrove. Per ottenere lo spostamento, tuttavia, mancava la prova di un nesso causale fra i danni alla salute osservati nella popolazione e gli elevatissimi livelli di inquinamento.
“A questo scopo, è stato dirimente lo studio condotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – afferma Padre Bossi – giunto alla conclusione che esiste un alto numero di persone con insufficienza polmonare e cardiaca a Piquiá. La raccolta dei dati si è basata sulla registrazione della storia medica dei soggetti tramite questionari, concentrandosi su patologie cardiovascolari e respiratorie, con valutazione attraverso test spirometrici.
Dalla ricerca emerge che quasi il 30% della popolazione analizzata aveva un deficit respiratorio significativo; si tratta di una percentuale fino a sei volte superiore rispetto a quella del resto degli abitanti del Brasile.”
Anche la Federazione internazionale dei diritti umani (Fédération Internationale pour les droits humains, FIDH) si è più volte schierata a favore di Piquiá, con tre rapporti pubblicati nel 2011, 2019 e nel 2022, che hanno evidenziato che i tre quinti della comunità soffrono di problemi respiratori.
La campagna An invitation to Piquiá de Baixo, che gli abitanti del sobborgo hanno condotto assieme alla FIDH, ha avuto proprio l’obiettivo di denunciare l’inquinamento prodotto dalle aziende minerarie operanti in loco, quali Vale SA e Grupo Ferroeste.
Il percorso di riconoscimento del diritto alla salute
Racconta Padre Bossi: “Ho vissuto in prima persona il cammino di denuncia, rivendicazione di diritti e affermazione della dignità di tutti gli abitanti di Piquiá, che hanno affrontato con coraggio e determinazione la lotta per una nuova vita lontana dai fumi tossici.
Manifestazioni di accoglienza alla comunità di Piquiá sono arrivate dalle associazioni locali, come il Centro di difesa della vita e dei diritti umani Carmen Bascarán, dall’organizzazione di diritti umani Justiça nos Trilhos e da noi Missionari comboniani.
Questa resistenza sta portando i suoi frutti per il recupero dei diritti alla vita. Inizialmente l’idea di proporre il nuovo quartiere fuori dalla zona contaminata sembrava irrealizzabile. Ora sta arrivando un primo risultato: il reinsediamento di circa 350 famiglie in Piquiá da conquista è infatti prossimo.”
Piquiá da conquista: un nuovo quartiere per ricominciare a vivere
“All’inizio di tutta la vicenda, avremmo potuto chiamare in causa le industrie siderurgiche, costringendole a trasferire le loro attività, visto che l’insediamento industriale si era inserito in un contesto già abitato – prosegue Padre Bossi -. L’alternativa sarebbe stata accettare di convivere con gli impianti, ma solo in presenza di garanzie di una severa riduzione delle emissioni, cosa che non è mai avvenuta.
Per questo, la comunità ha dovuto optare per il reinsediamento, abbandonando le proprie radici per spostarsi in un nuovo quartiere, a condizione però che fosse costruito a spese del governo e dei responsabili dell’inquinamento.”
Nel nuovo quartiere Piquiá da conquista, nato su un ampio terreno a otto km dalla zona inquinata, sono in costruzione abitazioni e spazi per giardini, attività ricreative e di socialità, nel rispetto del rapporto urbanismo/salute grazie alla presenza di biogestori, con impianti di depurazione delle acque per il trattamento e il recupero dei rifiuti urbani. Un progetto innovativo pilota per altre simili situazioni di emergenza ai fini della giustizia sociale e sostenibilità.
Le nuove sfide
Il lungo processo di negoziazione per la concessione del nuovo spazio lontano dai fumi tossici ha visto una svolta tra il 2014 e il 2015, con il decreto di reinsediamento emesso dal Municipio, ratificato dal Governo federale. I lavori sono iniziati nel 2018, finanziati dallo stesso Governo e, in parte, dalla Fondazione Vale.
“Il nuovo quartiere è quasi giunto a completamento e ciò che sembrava utopia si è trasformato in realtà – conclude Padre Bossi – ma restano ancora in sospeso le questioni del risarcimento dei danni alla salute e ambientali. Inoltre bisognerà trovare una soluzione per l’area, per evitare che altre persone finiscano per occupare le case di Piquiá che saranno abbandonate dai residenti per trasferirsi nel nuovo quartiere.”
Fra le proposte, c’è la riqualificazione della zona contaminata e la sua trasformazione in un parco pubblico.