Quando si parla di consumo responsabile, in particolare per quanto riguarda la gestione sostenibile delle risorse e la riduzione degli scarti, l’attenzione è concentrata sugli ambienti terrestri e acquatici. Ma esiste un altro “ambiente” nel quale le questioni di sostenibilità sono sempre più problematiche: lo Spazio. Recentemente la Space Force statunitense, la nuova branca delle forze armate americane responsabile delle attività militari aerospaziali, con un tweet ha confermato l’esplosione in orbita di un razzo di fabbricazione russa, che si è frantumato in almeno sedici pezzi.
Secondo il giornalista Anatoly Zak, esperto di cosmonautica e amministratore del sito di notizie spaziali Russian Space Web, si trattava di una componente di un razzo russo utilizzato nel 2007 per il lancio in orbita di tre satelliti. Non è la prima volta che quel tipo di oggetto esplode in orbita. Ma il problema non riguarda solo i russi: dall’inizio dell’era spaziale, almeno 630 eventi simili sono stati rilevati in orbita. Probabilmente però il loro numero è molto più alto.
130 milioni di detriti attorno al Pianeta
Queste cifre danno un’idea dell’enorme quantità di detriti spaziali che orbitano intorno al nostro Pianeta: secondo i dati dell’ Agenzia spaziale europea ESA, European Space Agency- Space Debris Office, aggiornati al 10 maggio 2022, dei circa 8.500 satelliti in orbita intorno alla Terra, almeno 2.800 non sono più funzionanti. Accanto a questi, si stima che ci siano altri 130 milioni di detriti di diversa natura e dimensioni: componenti di razzi, parti di satelliti, e frammenti prodotti da esplosioni e collisioni.
Dato che la loro velocità può arrivare fino a 28.000 km/h, anche frammenti molto piccoli possono avere effetti significativi in caso di impatto con altri oggetti in orbita. Oltre a costituire un pericolo per i satelliti attualmente attivi e un rischio per la vita degli astronauti, la presenza di questi detriti pone dei limiti ai futuri sviluppi dell’industria aerospaziale.
Un’orbita molto affollata
Lo Spazio, infatti, non è una risorsa illimitata: per mettere in orbita un satellite è necessario posizionarlo in un’orbita molto specifica, in base al suo utilizzo. La maggior parte dei satelliti si trova in quella che viene chiamata LEO (Low Earth Orbit, orbita terrestre bassa), compresa tra 300 km e 2.000 km di quota; di questo gruppo fanno parte anche satelliti per l’osservazione della superficie terrestre, il monitoraggio ambientale e climatico, il coordinamento dei soccorsi in caso di disastri, e le telecomunicazioni pubbliche e private. La presenza dei detriti pregiudica la possibilità di lanciarne di nuovi.
L’uso responsabile dello spazio
“Possiamo considerare a tutti gli effetti lo spazio utilizzabile dai satelliti in orbita come una risorsa finita e limitata – afferma Daria Guidetti dell’Istituto nazionale di astrofisica, referente in Italia per la comunicazione della Rete europea di sorveglianza e tracciamento spaziale – Deve quindi essere utilizzata con consapevolezza, operando tutte le precauzioni per evitare che la presenza dei ‘rifiuti’ comprometta gli utilizzi futuri.”
“A livello globale, restano valide le linee guida internazionali per un comportamento responsabile nello spazio della Inter-Agency Space Debris Coordination Committe – continua Guidetti –, ma non sono vincolanti e non tutte le nazioni hanno aderito. Un altro fattore rilevante è la partecipazione dei privati alle operazioni spaziali. Questi infatti stanno avanzando di gran passo nel settore dell’aerospazio, offrendo valide proposte anche per affrontare la questione dei detriti spaziali.”
Le soluzioni possono essere diverse: l’azienda statunitense SpaceLogistics ha portato a termine con successo due missioni agganciandosi a due satelliti per le comunicazioni e dando loro una “spinta” per allungarne la vita operativa; oppure l’italiana D-Orbit che fornisce componenti da installare su altri satelliti per ottimizzare le operazioni di rientro ed eliminazione in atmosfera. Ma le sfide sono ancora molte: il mese scorso l’azienda giapponese AstroScale si è avvicinata a un detrito in orbita, ma la manovra di agganciamento non è stata completata con successo.