Le notizie di cronaca e le discussioni che imperversano sui social a un anno dall’avvio della campagna vaccinale contro Covid-19 potrebbero farci pensare che lo scetticismo e la resistenza nei confronti della vaccinazione siano piuttosto diffusi. L’impressione però non trova affatto riscontro nei dati pubblicati recentemente dalla Commissione europea. L’indagine Eurobarometro “Attitudes on vaccination against COVID-19” ha evidenziato degli atteggiamenti ampiamente favorevoli dei cittadini dell’Unione nei confronti della vaccinazione e della strategia di vaccinazione messa in atto: l’82% degli europei intervistati, infatti, ha dichiarato di essere a favore della vaccinazione.
La pubblicazione del report ha suscitato anche l’entusiasmo della Commissaria alla salute Stella Kyriakides che condividendo i risultati del rapporto Eurobarometro su Twitter ha commentato: “La strategia dell’UE sui vaccini è un successo storico. Con oltre il 70% completamente vaccinato e oltre il 50% degli europei che hanno ricevuto il booster, abbiamo fatto buoni progressi”.
Pochi rifiutano, e sono soprattutto nei Paesi dell’Est
I dati dell’Eurobarometro evidenziano come i tassi di vaccinazione contro Covid-19 siano assai eterogenei tra i diversi Stati membri dell’UE: i vaccinati passano dal 45% in Bulgaria al 97% della Spagna.
In tutti gli Stati, coloro che esitano a vaccinarsi o rifiutano la dose booster rappresentano la quota più esigua, con una media del 5%. Le percentuali maggiori si registrano in Lettonia, Bulgaria ed Estonia: in questi Paesi si supera il 10% di cittadini esitanti.
I dati confermano, è vero, che permane una quota di cittadini categoricamente ostili alla vaccinazione anti Covid-19, che raggiunge la media dell’8% in Europa. Anche in questo caso i dati mostrano un’ampia differenza tra Paesi. Nell’Est Europa questo atteggiamento appare maggiore che nel resto del Continente: in Bulgaria, Slovacchia e Slovenia, per esempio, gli ostili alla vaccinazione superano il 20%.
Da quali fattori sono influenzati questi atteggiamenti? Secondo il report stillato dai ricercatori che hanno condotto l’indagine, gli atteggiamenti verso la vaccinazione sembrano essere influenzati dall’età dei rispondenti: le persone di età pari o superiore a cinquantacinque anni mostrano una maggiore propensione alla vaccinazione.
I contrari sono irriducibili
Su quali giudizi si fonda l’atteggiamento di coloro che dichiarano un’ostilità verso le vaccinazioni contro la Covid-19? Come in altre rilevazioni nazionali, “che i vaccini Covid-19 non siano stati testati a sufficienza” è la motivazione prevalente tra chi non intende vaccinarsi.
Sebbene i dati più recenti evidenziano un numero esiguo (e in calo) di effetti collaterali da vaccino anti-Covid, un’altra motivazione riguarda la preoccupazione “per i possibili effetti collaterali dei vaccini” e “che i vaccini non siano efficaci”.
Cosa indurrebbe gli indecisi a vaccinarsi? Il 30% degli intervistati ha affermato che sarebbe più propenso a vaccinarsi se “vedesse che ci sono forme più gravi di Covid-19 tra le persone che non sono vaccinate” e circa tre intervistati su dieci hanno affermato che sarebbero incoraggiati a vaccinarsi se vedessero che “più persone sono già state vaccinate e vediamo che funziona e che non ci sono effetti collaterali importanti” o se ci fosse “piena chiarezza su come i vaccini sono stati sviluppati, sperimentati e autorizzati”.
Quelli già vaccinati hanno affermato che proteggere se stessi e i loro parenti da forme gravi di malattia, ospedalizzazione e morte sono fattori che hanno influito nell’orientare la loro decisione.
Un dato più di ogni altro appare molto interessante: tra i contrari alla vaccinazione, il 65% ritiene che nulla possa convincerli a cambiare idea. Il dato appare come un duro colpo alle campagne di comunicazione e di sensibilizzazione messe in atto fin qui.
Secondo un diffuso stereotipo, gli atteggiamenti verso i vaccini si nutrirebbero tra l’altro di una crescente sfiducia negli esperti e nelle fonti istituzionali. Anche questo aspetto è smentito dai dati Eurobarometro.
Al primo posto tra le fonti ritenute più credibili vi sono infatti i medici, operatori sanitari e farmacisti, indicati da sei europei su dieci; al secondo posto vengono indicate le autorità sanitarie nazionali mentre appare più evidente una diffidenza verso le autorità politiche sia europee che nazionali, indicate come fonti più credibili solo da due cittadini su dieci.
Un anno dopo: poche variazioni
La recente indagine non mostra cambiamenti significativi negli atteggiamenti e nelle opinioni dei cittadini europei rispetto alla precedente rilevazione. Medici, operatori sanitari e farmacisti e le autorità sanitarie nazionali erano considerati le fonti d’informazione più affidabili anche un anno fa. Il 47% dei cittadini era soddisfatto della strategia vaccinale promossa dall’Unione europea e il 46% si diceva soddisfatto di quanto messo in atto dal proprio Governo nazionale. Già nell’indagine effettuata a maggio 2021 era evidente che le posizioni anti-vaccini, pur essendo sostenute da una minoranza particolarmente attiva e “notiziabile”, fossero nettamente minoritarie nell’opinione pubblica europea.
La quota di quanti ritenevano di farsi vaccinare era del 79%; il 6% appariva dubbioso e il 9% era contrario alla vaccinazione anti Covid-19. Tra chi si diceva pronto alla vaccinazione pesava la percezione che i benefici superassero i potenziali rischi (76%) e la convinzione che vaccini autorizzati nell’Unione europea fossero sicuri (72%).
L’esigua variabilità nelle opinioni dei cittadini appare come un’ulteriore indicazione di quanto sia importante, in questo ambito, accompagnare le decisioni di policy con una comunicazione che non si limiti paternalisticamente a rispondere all’emergenza, ma coltivi un rapporto di fiducia nel lungo periodo, anche “in tempo di pace”.