Il XXVII Rapporto della Fondazione Ismu sulle migrazioni 2021 stima che al 1° gennaio 2021 gli stranieri presenti in Italia siano stati 5.756.000, 167.000 unità in meno rispetto alla stessa data del 2020 (-2,8%).
Il calo delle presenze nel 2020 è per lo più dovuto agli stranieri regolari non residenti, che scendono a 224mila unità (al 1° gennaio 2020 erano 366mila), mentre gli iscritti in anagrafe diminuiscono solo marginalmente (5.013.000 unità al 1° gennaio 2021). Il numero degli irregolari resta sostanzialmente invariato, attestandosi sui 519mila (contro i 517mila dell’anno precedente).
Il rapporto stima che alla vigilia della pandemia (2019) in Italia si contavano, secondo la rilevazione continua sulle forze lavoro, oltre 4 milioni di stranieri in età attiva e quasi 2 milioni e 900mila stranieri attivi (ossia occupati o alla ricerca di un impiego), pari all’11,3% delle forze lavoro complessive.
A un anno di distanza (2020), i dati del Rapporto Ismu riportano che gli stranieri rappresentano il 10,8% della popolazione attiva e il loro peso sulle forze lavoro è sceso al 10,4% per effetto di un deciso incremento della componente inattiva, oltre cinque volte quello che ha interessato la popolazione italiana.
Per quanto riguarda le provenienze degli stranieri, il 70% viene da paesi extra-Unione europea. Se si considerano gli stranieri residenti, al 1° gennaio 2021 il gruppo nazionale più numeroso continua a essere quello dei rumeni (1 milione e 138 mila residenti, il 23% del totale degli stranieri residenti in Italia), seguito dagli albanesi (410 mila) e dai marocchini (408 mila). I cittadini dei Paesi terzi coprono circa il 70% del totale (3 milioni e 543 mila unità, includendo anche il Regno unito).
È la ricerca di lavoro la motivazione principale che spinge a migrare nel Mondo
Il World Migration Report (WMR) 2022 dell’Agenzia delle Nazioni unite IOM – International Organization for Migration stima che in tutto il Mondo nel 2019 ci sono stati circa 164 milioni di lavoratori migranti che rappresentano quasi i due terzi (62%) dei 272 milioni di migranti internazionali. Queste stime sono antecedenti alla pandemia da Covid-19, che ha influenzato in molti modi la migrazione internazionale.
Molti migrano verso Paesi ad alto reddito alla ricerca di lavoro o per ragioni famigliari e studio ma il lavoro è il motivo principale per cui le persone migrano a livello internazionale verso Paesi ad alto reddito.
Prevalenza dell’emigrazione dal 1960 al 2019
Rispetto alla popolazione mondiale dei migranti internazionali in età lavorativa – considerata come 15 anni di età o anziani (245,6 milioni) – i lavoratori migranti rappresentano il 68,8%.
Il blocco causato da Covid-19 è stato il “grande disturbatore” della migrazione
La pandemia di Covid-19 ha evidenziato le interconnessioni tra migrazione e mobilità, con le restrizioni di viaggio dovute al Covid-19 che hanno provocato un arresto dei flussi senza precedenti in tutto il mondo.
Negli ultimi due anni, tutti i governi hanno implementato varie misure per limitare la diffusione del virus e dall’inizio del 2020 sono state introdotte una serie di restrizioni che si sono evolute nel tempo. Le restrizioni alla mobilità messe in atto durante il Covid-19 hanno causato gravi problemi ad alcuni migranti e rafforzato vulnerabilità già esistenti. La chiusura delle frontiere ha bloccato migliaia di migranti, anche lavoratori stagionali, soggiornanti temporanei, studenti internazionali, persone in viaggio per cure mediche, beneficiari di rimpatrio volontario assistito e reinserimento, marittimi e altri.