Con oltre 91mila di profughi ucraini entrati in Italia dall’inizio della guerra, la geografia dei flussi migratori nel nostro Paese cambia radicalmente volto. Secondo il monitoraggio del Viminale effettuato ad aprile, 48.817 sono donne, 10.229 uomini e 33.796 minori.
Nel 2022, come afferma il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, in un solo mese sono arrivate lo stesso numero di persone che nell’intero arco del 2021. Ma la guerra è solamente una delle cause della migrazione, fenomeno complesso che tocca una molteplicità di aspetti economici, sociali, politici, di sicurezza ambientale.
La migrazione internazionale è un fenomeno in costante mutamento che non colpisce solamente l’Italia o l’Europa. Se da un lato può essere considerata una questione che risale ai primi anni della storia umana, le sue manifestazioni e il suo impatto continuano a cambiare nel tempo e assumere forme diverse in un mondo globalizzato.
Anche gli italiani sono migranti internazionali
Le attuali Raccomandazioni delle Nazioni unite sulle statistiche di Migrazione internazionale definiscono “migrante internazionale” qualsiasi persona che ha cambiato il proprio Paese di residenza abituale, distinguendo tra “immigrati di breve durata” (coloro che hanno cambiato Paese abituale per un soggiorno di almeno tre mesi, ma inferiore a un anno) e “migranti di lungo periodo” (coloro che lo hanno fatto per almeno un anno).
Per quanto riguarda gli italiani, il rapporto dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) 2021 dimostra che sono ancora in aumento quelli che emigrano all’estero, con perdita per il nostro Paese di giovani e competenze. “Nel 2019 il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180mila unità, in aumento del 14,4% rispetto all’anno precedente. Le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale (122.020). Se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani), pari a 68.207, il calcolo del saldo migratorio con l’estero degli italiani (iscrizioni meno cancellazioni anagrafiche) restituisce un valore negativo di 53.813 unità. Il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,2 per mille.”
L’Istat sottolinea che “la distribuzione degli espatri per Regione di partenza mette in evidenza una situazione più eterogenea: la Regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 23mila; seguono Sicilia e Veneto (entrambe 12mila), Campania (11mila) e Lazio (9mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle Regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Trentino-Alto Adige (quattro italiani per mille residenti). In Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Veneto, Sicilia, Molise, Lombardia e Abruzzo la propensione a emigrare è di circa tre italiani per mille residenti. Le Regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Toscana, Liguria e Lazio, che presentano valori pari a circa 1,7 per mille”.
Complessivamente, solo una persona su trenta è migrante
Le complesse dinamiche della migrazione globale non possono mai essere completamente misurate, comprese e regolate. Uno strumento utile per comprendere il fenomeno su vasta scala è il World Migration Report (WMR) 2022 dell’Agenzia delle Nazioni unite IOM – International Organization for Migration.
Nel complesso, il numero stimato di migranti internazionali è aumentato negli ultimi cinquanta anni. Nel 2020 quasi 281 milioni persone vivevano in un Paese diverso da quello di nascita, ovvero circa 128 milioni in più rispetto a trenta anni prima, il 1990 (153 milioni) e più di tre volte il numero stimato nel 1970 (84 milioni).
Mentre la stragrande maggioranza delle persone continua a vivere nel Paese in cui è nata, sempre più persone stanno migrando verso altri Paesi, specialmente in regioni limitrofe come nel caso dei profughi ucraini che hanno cercato rifugio oltre confine, in Polonia, Romania, Ungheria, Russia, Moldavia, Slovacchia e Bielorussia, come scrive Alessandra Annoni nell’articolo dedicato.
Le mete della migrazione globale
Il rapporto IOM riporta che l’Europa è la meta dove si trovano più migranti internazionali, con 87 milioni di migranti (il 30,9% della popolazione migrante internazionale), seguita dagli 86 milioni di migranti internazionali che vivono in Asia (30,5%). Il Nord America è la destinazione per 59 milioni di migranti internazionali (20,9%), seguita dall’Africa con 25 milioni di migranti (9%), l’America Latina e i Caraibi al 5% e l’Oceania al 3%.
Come negli ultimi cinquant’anni, gli Stati Uniti d’America rimangono la destinazione principale per migranti, con oltre 51 milioni di migranti internazionali. La Germania è diventata la seconda destinazione più importante, con quasi 16 milioni di migranti internazionali, mentre l’Arabia Saudita è il terzo paese di destinazione con 13 milioni. La Federazione Russa e il Regno Unito completano i primi cinque Paesi di destinazione, rispettivamente con circa 12 milioni e 9 milioni di migranti internazionali.
Con quasi 18 milioni di persone che vivono all’estero, l’India ha la più grande popolazione di emigranti al Mondo, rendendola così il primo Paese di origine a livello globale. Il Messico è il secondo Paese di origine per importanza con circa 11 milioni.
La Federazione Russa è il terzo Paese di origine, seguita da vicino dalla Cina (circa 10,8 milioni e 10 milioni rispettivamente). Il quinto Paese di origine per importanza è la Repubblica araba siriana, con oltre 8 milioni di persone che vivono all’estero, principalmente come rifugiati a causa degli sfollamenti su larga scala nell’ultimo decennio.
Lavoro il motivo principale, la percentuale di migranti internazionali varia nel Mondo
La grande maggioranza delle persone non migra oltre confine; numeri molto più grandi migrano all’interno dei Paesi (circa 740 milioni di migranti interni nel 2009). L’aumento dei migranti internazionali è stato evidente nel tempo, sia numericamente che proporzionalmente, e a un ritmo leggermente più veloce di quanto precedentemente previsto.
Sebbene vi sia solo una piccola percentuale della popolazione mondiale in generale che è migrante internazionale (3,6%), esiste un’ampia variazione a livello di Paese. In alcuni Paesi, come gli Emirati Arabi Uniti, oltre l’88% della popolazione è costituita da migranti internazionali.
Il lavoro è il motivo principale per cui le persone migrano a livello internazionale e i lavoratori migranti costituiscono la grande maggioranza dei migranti internazionali nel Mondo, verso Paesi ad alto reddito.
La possibilità di spostarsi nel Mondo dipende dalla “lotteria delle nascite”
I cittadini di Paesi con livelli molto elevati di sviluppo umano, che rappresentano anche le destinazioni preferite della migrazione internazionale, possono viaggiare senza visto in circa l’85% di tutti gli altri Paesi del Mondo.
L’Henley Passport Index è una classifica globale dei Paesi in base alla libertà di ingresso dei propri cittadini che rivela come la nazionalità determini la capacità di un individuo di viaggiare, vivere o lavorare all’estero. L’accesso al visto riflette anche lo stato e le relazioni dei Paesi all’interno della comunità internazionale e indica quanto sia stabile, sicuro e prospero in relazione ad altri.
Nel caso dei profughi ucraini, come descritto da Alessandra Annoni il diritto di asilo è stato concesso con una forma di protezione internazionale a carattere eccezionale, frutto di una decisione del Consiglio dell’UE. Di contro, questa eccezione non è stata concessa dall’Europa ai cittadini di altri Paesi sull’orlo di una grave crisi umanitaria come l’Afghanistan.
Le restrizioni sui visti in vigore per i Paesi con livelli di sviluppo umano molto bassi indicano che i percorsi migratori regolari sono problematici per i loro cittadini. È probabile che i percorsi irregolari siano l’opzione più realistica (se non l’unica) aperta ai potenziali migranti di questi Paesi.