È stato recentemente pubblicato il report Space I, con il quale ogni anno il Consiglio d’Europa, in collaborazione con gli esperti dell’Università di Losanna, fornisce statistiche sulla popolazione carceraria e gli istituti detentivi dei Paesi membri. Il nostro Paese si conferma tra i primi per sovraffollamento, ma ad allarmare è soprattutto il tasso di suicidi.
Avevamo già documentato la necessità di incentivare le pene alternative, previste anche dalla Costituzione ma ancora troppo poco applicate. Limitarsi a costruire nuove strutture, infatti, è una misura che non produce significativi miglioramenti per la vita dei detenuti e il loro reinserimento nella società.
Bisogna prima di tutto intervenire sulle precarie condizioni delle strutture esistenti, sulla carenza di personale civile e su un maggiore dialogo con la società: tutti questi elementi sono stati ora confermati anche dall’analisi degli studiosi di Losanna.
Il report mette infatti a confronto le situazioni nei Paesi membri analizzando molteplici aspetti della vita nelle carceri, dalle caratteristiche dei detenuti (ad esempio genere, età, tipologia di reato) ai dati sulle entrate e le uscite, fino ai decessi. I dati sono ottenuti tramite un questionario concordato dal Council for Penological Co-operation (CP-PC) e inviato ogni anno dal team di ricerca dell’Università alle amministrazioni penitenziarie degli Stati membri.
Nella tabella, ad esempio, sono indicati i valori mediani europei per i principali indicatori presi in considerazione, riferiti al 2021 e 2020. Al 31 gennaio 2021 sono indicati il tasso di popolazione carceraria ogni 100mila abitanti, le percentuali – di detenute, stranieri, over 50, detenuti che non hanno ricevuto una condanna definitiva – calcolate sulla popolazione carceraria totale, la densità carceraria ogni 100 posti e il rapporto tra detenuti e personale.
Per il 2020, invece, sono riportati i dati calcolati su tutto l’anno precedente relativi al tasso di ingressi e rilasci ogni 100mila abitanti, il tasso di suicidi e quello di evasioni ogni 10mila abitanti. Infine è riportata la lunghezza media in mesi della prigionia (basata su stock e flussi).
Sovraffollamento ed elevato tasso di suicidi: è necessario intervenire sulle condizioni degli istituti italiani
Nonostante un calo del 20,4% nel tasso di popolazione detenuta rispetto al 2011, al 31 gennaio 2021 negli istituti penali italiani erano presenti 53.329 detenuti, a fronte di una capacità regolamentare di 50.551 posti, con un tasso di 105,5 detenuti ogni 100 posti. Tale capacità, si legge nel report, non consente ai detenuti di essere ospitati durante la notte in celle individuali.
Il dato più allarmante però è il tasso di suicidi, tra i più alti in Europa. Nel 2020, infatti, i decessi totali negli istituti italiani sono stati 155, di cui sessantuno suicidi, pari al 39,4% – mentre la media europea è del 28,4%. Oltre la metà, inoltre, non stava scontando una condanna definitiva (trentadue suicidi, pari al 52,5%).
Questi numeri ci collocano purtroppo tra i primi undici Paesi, tra i quali però bisogna considerare anche realtà come Norvegia e Finlandia (due decessi), Danimarca (quattro) e Lussemburgo (uno) dove il tasso di suicidi è del 100% su un numero totale di poche unità.
Infine, è elevata anche l’età dei detenuti. A fronte di un’età media di quarantadue anni, contro i 37,9 in Europa, l’Italia ha infatti la maggior percentuale (dopo il Liechtenstein) di detenuti con più di cinquant’anni (26,7%).
Pene molto lunghe aggravano l’affollamento e manca personale sanitario ed educativo
Altri due dati del report, infine, confermano le osservazioni raccolte nelle nostre precedenti interviste.
In primo luogo, la durata delle pene. Ad aver ricevuto sentenza definitiva al 31 gennaio 2021 è il 67,9% dei detenuti presenti. Tra di essi, il 29,1% ha una pena che va da cinque a dieci anni (media europea del 21,9%), il 17,9% dai dieci ai venti (13,2% in Europa) e il 6,7% oltre i vent’anni (4,1%). Questi numeri confermano la necessità di pene alternative, che potrebbero sgravare il sistema penitenziario dal numero eccessivo di detenuti.
Dall’altro lato la questione del personale, il cui totale ammonta a 40.714 unità. Tuttavia, tra il personale impiegato direttamente dall’amministrazione penitenziaria l’82,9% è dedicato esclusivamente alla custodia – contro una media europea del 54,6%.
Non c’è staff medico e paramedico in quanto assunto esternamente, ma figurano comunque solo sette psicologi, 830 funzionari giuridico-pedagogici e ventidue figure dedicate alla formazione professionale.
Questo squilibrio tra le forze di polizia e il personale educativo è sempre stato evidenziato da Antigone: per migliorare le condizioni di vita negli istituti non si può invece prescindere dal potenziamento del personale che si occupa della rieducazione e del benessere psicologico dei detenuti stessi.