Le tecnologie digitali sono uno strumento innovativo, ma, se non ne viene fatto un uso critico, basato su modelli psicopedagogici, possono essere un’arma a doppio taglio.
L’intermediario tra queste tecnologie e gli studenti sono i docenti, come utenti e come mediatori.
Nonostante la visione distopica da sempre associata alla tecnologia, oggi non possiamo più pensarla solamente come uno strumento a nostra disposizione, in quanto è l’ambiente in cui ci muoviamo.
“Siamo in una società delle mangrovie: dove finisce l’acqua salata e comincia l’acqua dolce? – afferma ad Agenda17 Giorgio Poletti, matematico, pedagogista specializzato in tecnologie per la didattica presso l’Università di Ferrara, citando Luciano Floridi – Ci troviamo cioè in una vita ‘Onlife’, nella quale digitale e analogico si fondono e non è più possibile distinguere tra la vita online e quella offline.
Ci sono diversi modi di affrontare questo nuovo ambiente. Ci sono i ragazzi che come animali acquatici ci vivono dentro, mentre noi docenti continuiamo ad immergerci come sommozzatori.”
In questa dimensione, il docente si pone come mediatore, che conosce entrambe le realtà e aiuta gli studenti a capire l’ambiente in cui vivono.
“Il suo compito – continua Poletti – non è quindi semplicemente quello di fornire informazioni al discente, che è pienamente e costamente immerso nell’online, ma quello di guidarlo nella comprensione del mondo in cui vive, che in molti casi è quello delle tecnologie.”
L’educazione digitale prima di tutti per gli insegnanti
Già nel 2011 uno studio evidenziava come un elemento favorevole all’implementazione e all’utilizzo delle tecnologie digitali nei contesti educativi sia il connubio fra la propensione dei docenti al cambiamento, la loro conoscenza delle tecnologie digitali e la consapevolezza che la scuola è un’organizzazione che apprende.
Nell’ambito dei programmi e fondi europei previsti per il settennato 2021-2027, la Commissione europea ha previsto un piano d’azione dedicato all’educazione digitale: il Digital Education Plan.
Per definire delle linee guida e gli obiettivi comuni, la Commissione ha realizzato una consultazione pubblica all’interno della quale le competenze digitali degli insegnanti sono state valutate come la componente più importante per lo sviluppo dell’istruzione digitale.
Da un’indagine dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse, Organization for Economic Co-operation and Development, OECD) del 2019, risulta che solamente il 39% degli educatori dell’Unione europea si sentiva pronto a utilizzare le tecnologie digitali nell’insegnamento.
Affiancare tutor didattici e tecnologici ai docenti
Recentemente ha avuto luogo il convegno online “IDEA-RIALE – laboratori innovativi e accesso remoto a esperimenti scientifici”, organizzato dal gruppo Tecnologie dell’educazione del Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna (Crs4).
Nel corso dei lavori, sono stati presentati i risultati della sperimentazione Innovazione didattica e apprendimento (Idea) e del primo anno delle attività Remote Intelligent Access to Lab Experiment (Riale) condotte dal Crs4.
Durante il secondo anno di sperimentazione sono stati coinvolti 190 docenti, provenienti da sessantacinque scuole pubbliche secondarie di tutta la Sardegna.
I docenti sono stati affiancati nel processo di sviluppo dell’innovazione tecnologica da tutor didattici e tecnologici.
L’82% degli insegnanti che ha risposto a un sondaggio ha ritenuto utile l’affiancamento del tutor didattico, e l’85% quello del tutor tecnologico.
I docenti che dichiarano di possedere buone conoscenze della tematica tecnologica al termine della sperimentazione passano dal 16% al 67%, e quelli che ritengono di avere scarse o nulle conoscenze si riducono dal 45% all’1%.
Come sottolineato da Javier Garcìa Zubìa, professore ordinario presso la facoltà d’ingegneria dell’Università di Deusto e direttore del gruppo di ricerca Weblabdeusto, durante la seconda giornata del convegno Idea-Riale, “è fondamentale che siano i docenti, insieme agli studenti, a progettare gli esperimenti.”
L’affiancamento di un tutor tecnologico ha quindi lo scopo principale di assistere il docente nella sua progettazione e, come si è visto, di aumentare le sue conoscenze in ambito tecnologico.
Spesso infatti il laboratorio viene ridotto a mera esercitazione. “Il laboratorio virtuale – dichiara Poletti – rimette nell’ottica di fornire strumenti e guidare nella costruzione dell’esercizio.”
Il laboratorio virtuale, quando utilizzato correttamente, aiuta quindi nella dimensione progettuale e permette di approcciarsi agli studenti non come a semplici risolutori di esercizi, ma come a solutori che, posto un obiettivo, siano in grado di applicare gli strumenti ai quali il laboratorio virtuale agevola l’accesso, per costruire l’esercitazione più appropriata.
“Non basta formare i docenti agli strumenti – aggiunge Poletti – è necessario formarli alla comunicazione didattica perché sappiano scegliere gli strumenti, anche digitali, che reputano più opportuni. Il progresso delle tecnologie avanza rapidamente, dunque una formazione agli strumenti non è sufficiente perché relativamente effimera. Gli insegnanti andrebbero formati per formarsi agli strumenti, comprese le tecnologie.”
Limiti e sfide per una didattica tecnologica
Tra gli educatori che hanno risposto alla consultazione, più della metà indica come elementi fondamentali materiali e risorse digitali e infrastrutture adeguate dotate di connessione Internet, mentre una percentuale di poco inferiore ritiene importante una strategia per l’uso delle tecnologie digitali nel processo di apprendimento.
Più in generale, gli intervistati identificano tra le sfide più grandi per l’educazione digitale in Europa le disuguaglianze socioeconomiche tra i discenti (45,5% nel campione “Tutti i paesi”), scuole con infrastrutture e Internet insufficienti (42,4%), la mancanza di formazione e orientamento degli insegnanti (41,5%) e quella di un piano e di una visione per l’integrazione delle tecnologie digitali nell’istruzione e nella formazione (37,9%).
Sebbene da un lato i laboratori virtuali permettano la partecipazione e l’inclusione di scuole periferiche o non attrezzate alle attività laboratoriali, dall’altro la diversa distribuzione delle tecnologie e della banda larga ne esclude altre o rende difficoltosa la fruizione.
Non si tratta di un modello alternativo o di emergenza. Gli strumenti per una didattica digitale possono e devono protendersi verso l’inclusività, non verso l’emarginazione. “Dobbiamo metterci nell’ottica che non esiste più il reale contro il virtuale, ma ci sono un reale analogico e un reale digitale – conclude Poletti -. Le nuove metodologie e tecnologie non cancellano le precedenti. Per questo, dobbiamo dare peso non tanto al mezzo, quanto al modello cognitivo: in quanto docenti dobbiamo cioè creare degli studenti che siano capaci di trovare soluzioni, e non semplicemente di risolvere degli esercizi.”