Pubblichiamo un estratto del discorso di Mariantonietta Falduto, presidentessa del Consiglio degli studenti dell’Università di Ferrara, tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2021/22
Il periodo storico nel quale ci troviamo è carico di una pluralità di minacce che mettono in discussione la vita degli esseri umani sul Pianeta: dalla pandemia, alla crisi post-pandemica; dal conflitto in Ucraina, all’aumento dell’inflazione; dall’intensificazione dei cambiamenti climatici, all’immobilismo di chi dovrebbe intervenire e risolvere questi problemi.
Da anni noi giovani generazioni chiediamo un’inversione di rotta sulle politiche ambientali e una reale transizione ecologica. La battaglia sulla riconversione delle centrali a combustibili fossili, l’educazione ambientale all’interno di scuole e università, fondi per la ricerca, un piano straordinario per l’edilizia sostenibile.
E con l’inizio di una nuova, ennesima guerra, rischiamo di vedere sfumare tutto questo.
Quello a cui oggi stiamo assistendo è uno scontro che alla fine non avrà vincitori, ma solo sconfitti senza distinzione di confini. Soltanto il 5 aprile di un anno fa veniva istituita la prima Giornata internazionale delle coscienze. E risuonano oggi forti le parole della scrittrice Premio Nobel, Svjatlana Aleksievic: “Ad essere inquinata non è soltanto la nostra Terra, ma anche la nostra coscienza”.
Lo spirito di coesione e resilienza sostenuto dalla voglia di sconfiggere un “nemico invisibile”, ci ha fornito l’occasione di poter finalmente riflettere sul cammino intrapreso dall’Uomo per cercare di migliorarsi. Ma che cosa abbiamo imparato?
Basti pensare a come oramai i governi occidentali siano in balia di una deriva militarista, senza pensare a effettive strutturali soluzioni diplomatiche da mettere in campo. L’unica risposta certa ad oggi da parte della comunità internazionale prevede l’aumento delle spese militari, portando allo stremo il clima di tensione e la cultura della violenza. Non sarà così che giungeremo alla pace.
I recenti avvenimenti hanno sconvolto nuovamente gli equilibri, già precari, di una realtà che, con difficoltà, stava cercando di tornare alla normalità.
Negli ultimi due anni siamo stati costretti a rivalutare ogni attività, la situazione che abbiamo vissuto ha rotto quella bolla di pace che, per molti decenni, sembrava ricoprire l’intero mondo occidentale.
Non possiamo pensare di affrontare le sfide che il nostro tempo ci pone davanti, come quella ambientale e quella della digitalizzazione, senza mettere al centro dei processi in atto l’istruzione e la ricerca.
Abbiamo l’opportunità di farlo con il Next Generation EU, il piano europeo di investimenti in risposta alla crisi generata dalla pandemia e che in Italia sta trovando la sua applicazione con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per ripensare e costruire un nuovo modello di società, che possa essere più equo, sostenibile e solidale. Un modello di società inevitabilmente diverso da quello capitalista, che esisteva prima della pandemia e che ha messo in luce tutti i suoi limiti.
E per farlo è fondamentale ripartire dalle giovani e dai giovani, non solo a parole, ma coinvolgendoci nelle scelte decisionali, incentivando la partecipazione, a partire dai luoghi del sapere. Sentiamo sempre parlare dell’importanza di valorizzare le filiere della conoscenza, ma rimangono parole e intenti vuoti se non vengono tradotti in piani di investimento reali e indirizzi politici concreti per favorire il diritto allo studio.
Nei luoghi del sapere è quanto mai necessario che avvenga un rifinanziamento strutturale su tutti i livelli, perché senza conoscenza non può esserci giustizia sociale, senza cultura non può avvenire quel cambiamento che tutte e tutti a gran voce chiediamo. Non è possibile immaginare e costruire il Paese del domani senza investire sui comparti che hanno un’insita prospettiva progressista.
L’università deve tornare a essere centro di sviluppo di capacità e conoscenza. Solo se capiremo che ogni persona vive il proprio percorso professionale e di vita a modo proprio, che ogni traguardo, piccolo o grande che sia, ha un valore personale differente, e che ognuno può dare il proprio contributo per migliorare il presente, allora avremo realmente superato una volta per tutte la logica della competitività tossica e forse riusciremo a dare insieme una prospettiva per costruire una società migliore.
Perché nessuno si salva da solo.