Ucraina. “Diplomazia scientifica” incerta fra boicottaggio, aiuto ai dissidenti e collaborazione universale. A partire dal Cern E, secondo lo storico della scienza Turchetti, la comunità scientifica deve rilanciare il disarmo nucleare

Ucraina. “Diplomazia scientifica” incerta fra boicottaggio, aiuto ai dissidenti e collaborazione universale. A partire dal Cern

E, secondo lo storico della scienza Turchetti, la comunità scientifica deve rilanciare il disarmo nucleare

Pochi giorni fa il Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare con sede a Ginevra, in Svizzera, ha sospeso la partecipazione dei propri scienziati ai comitati scientifici di istituzioni ubicate nella Federazione russa e nella Repubblica di Bielorussia (e viceversa). 
La decisione è stata presa dal Council, suprema autorità dell’organizzazione e organismo “politico” della struttura di ricerca, costituito dai rappresentanti dei governi dei Paesi membri. Contestualmente, inoltre, vengono sospesi – o annullati – tutti gli eventi organizzati congiuntamente tra il Cern e le istituzioni dei Paesi sospesi, nonché la concessione di contratti di associazione a nuovi soggetti affiliati a istituzioni russe o bielorusse.

La decisione fa seguito al provvedimento dell’8 marzo con cui il Council ha sospeso la Federazione Russa dallo status di Paese osservatore in seguito all’invasione dell’Ucraina, annullando tutti i progetti futuri di ricerca a partecipazione russa fino a prossima decisione. L’organismo di governo ha affermato in una nota che l’aggressione in corso va “contro tutto ciò che l’organizzazione rappresenta”.

Una comunità di scienziati nata dopo la guerra per la collaborazione internazionale

Il Cern è nato nel 1954 come laboratorio internazionale all’insegna dell’apertura e della collaborazione pacifica tra scienziati in un’Europa che si stava appena risollevando dalla Seconda guerra mondiale: “L’organizzazione non si occuperà di lavoro per esigenze militari e i risultati del suo lavoro sperimentale e teorico saranno pubblicati o altrimenti resi generalmente disponibili”, si legge nella convenzione istitutiva.

Fondato da dodici paesi tra cui Francia, Germania, Italia e Regno Unito, il Cern conta oggi ventitré Paesi membri, oltre a dieci paesi associati, tra i quali l’Ucraina. Tre paesi hanno attualmente lo status di osservatore – Giappone, Russia e Stati Uniti – insieme a tre organizzazioni internazionali: l’Unesco, l’Unione europea e il Joint Institute for Nuclear Research (JINR), centro di ricerca internazionale in fisica nucleare formato da diciotto Stati membri, con sede in Russia. La decisione del Council del 25 marzo sospende anche le collaborazioni con il JINR, istituzione fondata dai Paesi socialisti nel 1956 proprio in risposta alla nascita del Cern.

La convenzione istitutiva del Cern, firmata da dodici paesi nel 1953, durante il sesto incontro del Council. (Crediti: © Cern)

Quella del Cern, accolta non senza perplessità dalla comunità scientifica internazionale, non è l’unica azione adottata nei confronti della Russia in questo campo. Anche la Commissione europea ha deciso di interrompere la cooperazione con enti russi nell’ambito dei programmi di ricerca Horizon Europe e Horizon 2020; inoltre sono stati bloccati diversi progetti spaziali internazionali condotti in collaborazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos. 

Opinioni opposte di “diplomazia scientifica” 

“È uno sviluppo importante dal punto di vista della diplomazia scientifica” commenta ad Agenda17 Simone Turchetti, docente di storia della scienza presso l’Università di Manchester, nel Regno Unito, che non si dice preoccupato da una possibile frammentazione della comunità derivante da queste azioni. “Non la chiamerei frammentazione, la chiamerei invece mobilitazione della comunità scientifica per gli obiettivi della pace internazionale. Se ci saranno ricadute all’interno delle dinamiche della ricerca – come rallentamenti ai progetti scientifici – dobbiamo accettarlo in questa fase: è assolutamente fondamentale mettere da parte gli obiettivi di ricerca e dare priorità agli obiettivi della pace”. 

Simone Turchetti, docente di storia della scienza presso l’Università di Manchester

Di parere opposto è il fisico del Cern e professore all’Università di Pisa Guido Tonelli che, intervistato da Radio 3, ha affermato che la scelta del Council è quantomeno discutibile. “È un lungo cammino quello con il quale il Cern ha instaurato rapporti sempre più stretti con la Russia, l’India e la Cina, ponendosi nella prospettiva di costruire un laboratorio mondiale in cui scienziati di tutto il mondo collaborano alle ricerche più avanzate del Pianeta, e questa è la missione del Cern”. 

Secondo il fisico, la sovranazionalità del mondo della ricerca non andrebbe modificata con l’entrata in conflitto di alcuni stati poiché la scienza dovrebbe essere considerata come l’arte e la musica, quindi un santuario intoccabile anche durante una guerra.

Guido Tonelli, docente di fisica presso l’Università di Pisa e ricercatore del Cern

“Se il Cern diventa un luogo in cui ogni conflitto mondiale crea tensione, – ha dichiarato ancora Tonelli – vogliamo che al Cern si discuta ogni sei mesi delle iniziative da prendere contro questo o quel Paese, dei rapporti da tenere con questi o quegli scienziati, perché i governi, non gli scienziati di quei Paesi entrano in conflitti militari più o meno violenti? Si entrerebbe in un insieme di discussioni politiche in cui la scienza viene mescolata continuamente alle questioni politiche che sono complesse ed articolate, ma con l’unico risultato di paralizzare le collaborazioni scientifiche; ed è questo il motivo che mi rende perplesso rispetto a queste decisioni.”

Boicottaggi e solidarietà nel mondo scientifico

In passato, gli scienziati hanno spesso manifestato il loro dissenso verso guerre e situazioni di conflitto attraverso boicottaggi, negando per esempio ai colleghi provenienti da un certo Paese la partecipazione a congressi internazionali oppure ostacolando la concessione dei visti. Lo stesso Cern, nel 1992, aveva sospeso lo status di osservatore della Jugoslavia (Paese fondatore dell’organizzazione, uscito nel 1961 e rientrato come osservatore l’anno successivo) in seguito alle sanzioni imposte dall’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) che includevano l’interruzione di cooperazione scientifica e tecnica con l’allora Repubblica federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro).

Quello che cambia oggi, secondo Turchetti, è la possibilità di far circolare informazioni e la rapidità con cui questo avviene: i meccanismi attraverso cui si esprime la solidarietà sono completamente diversi rispetto ai tempi della Guerra fredda. “Uno dei modi che fu scelto dagli scienziati per esprimere solidarietà verso ciò che stava succedendo in Cecoslovacchia – aggiunge il ricercatore, facendo riferimento all’invasione sovietica del 1968 – è stata l’organizzazione di iniziative a Praga, invitando scienziati internazionali lì per lanciare, con la loro presenza, un segnale nei confronti delle autorità sovietiche.”

Se da un lato il mondo scientifico e accademico oggi si mobilita attraverso una rottura nei confronti della Russia, dall’altro si assiste a innumerevoli iniziative di apertura, assistenza e rifugio alla comunità ucraina. Un esempio è ‘ERC for Ukraine’, appello lanciato il 18 marzo dallo European Research Council (ERC) ai beneficiari dei suoi progetti affinché mettano a disposizione risorse a supporto di ricercatori, tecnici e altri esperti che in queste settimane stanno lasciando il paese e cercano un lavoro temporaneo all’estero. 

L’Esplanade des Particules e il Globo della Scienza e dell’Innovazione, centro visite del Cern. (Crediti: © Cern)

“Tutti e due questi movimenti sono importanti, fondamentali – prosegue Turchetti –. Rimane ovviamente la questione aperta su cosa fare con il mondo accademico e scientifico russo, che non è monolitico ma si sta opponendo e si è opposto, anche con molta forza, nei confronti del governo e della decisione di andare alla guerra con l’Ucraina: ci sono stati appelli, c’è stata la dichiarazione di scienziati e giornalisti scientifici russi contro la guerra – che ha raccolto ad oggi oltre 8000 firmatari –. Cosa fare in queste situazioni è più difficile, è un collo di bottiglia per la diplomazia scientifica: se aiuti queste persone, non lanci un segnale forte, ma se non le aiuti, non aiuti la dissidenza. Personalmente, sono convinto che una serie di iniziative di solidarietà molto mirate, specialmente per quegli scienziati e accademici russi che apertamente dichiarano il loro dissenso nei confronti del governo Putin, sia accettabile e probabilmente auspicabile”.

Il potere della diplomazia scientifica

Negli ultimi decenni, la diplomazia internazionale viene portata avanti sempre più spesso anche attraverso canali paralleli a quelli ufficiali: dal mondo della cultura – artisti, musicisti – a quello dello sport, in primis con le Olimpiadi. 

Il mondo scientifico non è da meno. A una sua forma interna di diplomazia non governativa, presente sin dai primordi della scienza moderna e basata su uno dei valori fondanti – l’universalità – ha fatto seguito, in particolare dopo la fine della Seconda guerra mondiale, lo sviluppo di una vera e propria diplomazia scientifica di governo e anche intergovernativa.

“C’è la percezione – afferma Turchetti – che attraverso la mobilitazione delle comunità scientifiche, sia progetti di alto profilo come il Cern, la Stazione spaziale internazionale, il progetto per la fusione nucleare Iter ma anche questioni di profilo ‘minore’, si possa sviluppare un tipo di relazioni tra gli Stati di carattere più pacifico che possano favorire, nel lungo termine, l’introduzione di relazioni più amichevoli”.

Ne è un esempio la riapertura delle relazioni internazionali tra gli Stati Uniti e Cuba, avvenuta nel 2015 ma anticipata, negli anni precedenti, dal ripristino delle relazioni scientifiche tra l’Associazione americana per lo sviluppo della scienza e l’Accademia delle scienze cubana.

La questione del disarmo nucleare

La guerra in corso in Ucraina ha riaperto il dibattito su un’altra questione, quella del disarmo nucleare, uno dei temi costitutivi della diplomazia scientifica. La comunità degli scienziati, in particolare nel campo della fisica, si è schierata per il disarmo già all’indomani della distruzione di Hiroshima e Nagasaki a opera delle bombe nucleari statunitensi, instaurando un dialogo scientifico sul tema (anche tra i due blocchi contrapposti durante la Guerra fredda) che ha facilitato in seguito lo sviluppo di trattative a livello politico.

Eppure, secondo Turchetti, nell’ultimo decennio l’obiettivo del disarmo sarebbe passato in secondo piano nella comunità scientifica, ritornando alla ribalta solo nelle scorse settimane. “Ci siamo resi conto che il nucleare non è scomparso: le armi nucleari ci sono, ce ne sono ancora troppe – chiarisce il ricercatore –. Ma negli ultimi dieci anni, internazionalmente, gli scienziati non si sono più posti l’obiettivo di lanciare quel messaggio forte che avevano lanciato in passato, a partire dagli anni Cinquanta ma soprattutto negli anni Ottanta.”

L’obiettivo 16 dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, dedicato alla promozione di società pacifiche e inclusive, non menziona esplicitamente la denuclearizzazione.

“Trovo le riflessioni nel contesto dell’obiettivo 16 poco specifiche nel considerare la questione del disarmo nucleare – nota Turchetti – anche perché dal 2017 esiste un trattato per la proibizione delle armi nucleari, strumento attraverso il quale possiamo davvero pensare a un mondo che si sta muovendo verso la pace”.

Mappa degli stati che hanno firmato o ratificato il Trattato dell’Onu sulla proibizione delle armi nucleari. Dati: Onu; Grafica: Statista

Il trattato per la messa al bando delle armi nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, TPNW) è il primo trattato internazionale legalmente vincolante che rende illegali le armi nucleari, aprendo la strada a una completa eliminazione. Adottato da una conferenza dell’Onu il 7 luglio 2017, il TPNW è stato firmato da oltre ottanta paesi del Mondo e depositato in sessanta di essi, entrando in vigore il 22 gennaio 2021. Ad oggi, nessun Paese che possiede testate nucleari o che appartiene alla Nato ha firmato questo trattato.

2 thoughts on “Ucraina. “Diplomazia scientifica” incerta fra boicottaggio, aiuto ai dissidenti e collaborazione universale. A partire dal Cern

E, secondo lo storico della scienza Turchetti, la comunità scientifica deve rilanciare il disarmo nucleare

  1. Molto interessante anche perché fa riflettere su problemi molto importanti… come comportarsi a livello scientifico con paesi che invadono altri paesi e cosa fare per l’energia nucleare? Sono problematiche molto complesse. Credo sia molto difficile saper dare una risposta “giusta”.

  2. Non sapevo della decisione del CERN, sono così frastornata dalle tante notizie, interpretazioni, motivazioni di questa guerra che non avevo considerato quanto la crisi si riverberi anche sulla comunità scientifica. La lettura di questo interessante articolo fa riflettere se sia opportuno escludere una parte del mondo scientifico dai lavori di equipe , a questo proposito, concordo con le affermazioni del dottor Tonelli che paragona la scienza all’arte e alla musica…un santuario intoccabile.

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