L’attacco al “granaio d’Europa” non avrà conseguenze solo a livello energetico. Ucraina e Russia producono infatti circa il 53% dell’olio e dei semi di girasole consumati nel Mondo e il 27% del grano, oltre a esportare altri essenziali generi alimentari, come orzo e mais, e prodotti, come i fertilizzanti.
La guerra blocca questi flussi di merci e provoca effetti a catena: l’Ungheria, poche settimane fa, proprio per il timore di una crisi alimentare ha vietato le sue esportazioni di grano, generando un impatto ulteriore sui vicini Stati europei. Il blocco dei rifornimenti sta producendo effetti visibili in tutta Europa. In Italia, come segnalato nei giorni scorsi da Coldiretti, alcuni produttori si trovano costretti a sopprimere il bestiame per carenza di mangime, mentre molte aziende si preparano a sostituire l’olio di girasole con altri oli vegetali.
Ma in altre zone del Mondo questa crisi generalizzata potrebbe avere conseguenze ancora più pericolose e di rapido sviluppo. In Africa e in Medio Oriente, in particolare, si sta assistendo a un vero e proprio deterioramento della sicurezza alimentare, a cui potrebbe accompagnarsi un crescendo di instabilità politica. L’aumento dei prezzi e le difficoltà nel reperire i rifornimenti sono infatti fenomeni che agiscono già a livello globale, e lo scenario peggiorerà ulteriormente se verranno compromessi le semine e i raccolti ucraini di questa estate.
Secondo l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Food and Agriculture Organization of the United, FAO), in poco tempo tra i sette e i tredici milioni di persone in più al Mondo soffriranno la fame per cause direttamente collegate al conflitto; mentre Ngozi Okonjo-Iweala, a capo dell’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, WTO), ha dichiarato: “Penso che dovremmo essere molto preoccupati: l’impatto della crescita dei prezzi e della fame quest’anno e il prossimo potrebbe essere davvero importante. Cibo ed energia sono gli elementi che pesano di più nel paniere dei beni consumati dalle persone più povere di tutto il Mondo.”
Gravi carenze in Medio Oriente
Critiche le situazioni in Libano, Turchia, Yemen. Il Libano importa circa l’80% del suo grano dalla Russia e dall’Ucraina e, al momento, può immagazzinare solo un mese di raccolto alla volta a causa dell’esplosione nel porto di Beirut avvenuta nel 2020, che ha distrutto i principali silos di grano del Paese.
Altro grande importatore, la Turchia ottiene il 67% del grano dalla Russia, e l’11% dall’Ucraina. I prezzi dei generi alimentari in generale erano già saliti sensibilmente nel Paese, a causa della pandemia e di una serie di raccolti scarsi. “La guerra aumenterà ancora di più il costo del cibo – ha spiegato Ismail Kemaloglu, ex capo dell’azienda statale turca che si occupa dell’acquisto di cereali -. L’aspetto più critico per la Turchia è che il Mar Nero offriva anche un vantaggio logistico ed economico. I prezzi aumenteranno molto quando inizieremo a comprare dagli Stati Uniti o dall’Australia.”
In Yemen, invece, addirittura il 95% del grano viene importato, e più del 30% arriva da Russia e Ucraina. Qui, gli alimenti derivati dal grano costituiscono più del 50% dell’apporto calorico giornaliero di una famiglia media. E, anche in Yemen, i prezzi erano già saliti negli ultimi due anni, mentre circa la metà della popolazione si trovava da tempo in una condizione di insicurezza alimentare.
Forti tensioni nei Paesi delle Primavere arabe
Tra i Paesi interessati in maniera significativa dagli effetti della guerra nel settore alimentare, troviamo anche l’Egitto, il più grande importatore di grano al Mondo. Proprio Russia e Ucraina, insieme, coprono oltre il 70% delle importazioni egiziane.
In Egitto, Tunisia e in tutto il Nord Africa, l’effetto della guerra si inserisce in un contesto particolarmente delicato: qui, prima dell’inizio del conflitto, i prezzi del pane erano già al picco massimo degli ultimi dieci anni, un livello comparabile con quelli raggiunti durante le Primavere arabe, quando le folle scandivano lo slogan “pane, libertà e giustizia sociale”.
Non a caso la Banca mondiale si è detta seriamente preoccupata per l’aumento dei prezzi e le possibili ricadute su sicurezza e stabilità politica, facendo notare come tra il 2007 e il 2011 beni alimentari sempre più costosi avessero portato a rivolte in oltre quaranta Paesi tra Africa e Medio Oriente.
In Tunisia, l’allarme è stato lanciato dall’Associazione per la difesa dei consumatori. “Nel nostro Paese il problema riguarda anche la distribuzione, la speculazione e il monopolio – ha spiegato Ammar Dhia, Presidente dell’Associazione -. Questi fenomeni sono aumentati a causa dei timori della guerra e dell’avvicinarsi del mese di Ramadan, quando vi è generalmente una forte domanda di acquisti da parte dei consumatori. La Tunisia potrebbe rivivere situazioni già vissute nel passato per la carenza di materie prime per fare il pane.”
Africa a rischio fame a causa della food chain globale
Allargando lo sguardo a tutto il continente africano, secondo le stime delle Nazioni unite ben venticinque Stati africani su cinquantaquattro importano un terzo del grano da Russia e Ucraina, mentre quindici ne importano più della metà. “Dipendere dalla food chain globale rende gli Stati africani molto vulnerabili – ha dichiarato Peter Kamalingin, direttore del programma Pan Africa di Oxfam International -. Da anni affermiamo che ciò di cui abbiamo bisogno è investire nei piccoli agricoltori, rendendoli più resilienti. Sovranità alimentare significa produrre quanto più cibo possibile all’interno del Paese, e se non all’interno del Paese almeno all’interno della regione.”
Anche l’International Fund for Agricultural Development (IFAD) ha lanciato l’allarme, facendo notare come ad esempio in Somalia – dove 3,8 milioni di persone si trovano già in una condizione di forte insicurezza alimentare – l’aumento dei prezzi del carburante unito all’aumento dei prezzi del grano potrebbe avere conseguenze devastanti.
Il carburante è infatti essenziale per il funzionamento dei mezzi agricoli e di quelli per l’irrigazione dei campi. “Sono profondamente preoccupato per il fatto che il violento conflitto in Ucraina, già una catastrofe per le persone direttamente coinvolte, sarà anche una tragedia per le persone più povere del Mondo che vivono nelle zone rurali – ha spiegato Gibert F. Houngbo, presidente di IFAD-. Queste popolazioni non possono assorbire gli aumenti dei prezzi degli alimenti di base. Stiamo già assistendo a un aumento del costo delle risorse e questo potrebbe causare un’escalation di fame e povertà con terribili implicazioni per la stabilità globale.”