“In questi giorni abbiamo spesso sentito affermare che il conflitto tra Russia e Ucraina cambia tutto, che nulla sarà più come prima e che si tratta di un’aggressione non solo all’Ucraina ma al modello stesso di ordine internazionale che si è delineato negli ultimi trenta o quarant’anni.
Io credo invece che dovremmo essere più cauti: questa aggressione non è un fattore distruttivo dell’ordine internazionale, ma, piuttosto, un prodotto della fine di quell’ordine. Viviamo già dentro il suo collasso e ci sono molti elementi che lo evidenziano.” È questa l’opinione di Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali presso l’Università Statale di Milano, che ha partecipato come relatore al seminario online “Chi (non) dice Umanità. La guerra in Ucraina e le vie della pace”, co-organizzato dall’Università di Ferrara.
Secondo Colombo, per capire cosa sta succedendo e poter ritrovare realmente la via della pace “dobbiamo anzitutto riflettere sul tema del rapporto tra questa guerra e il cosiddetto ordine internazionale.”
Un seminario per inquadrare il complesso quadro geopolitico ed economico della guerra in Ucraina
Il seminario, dal carattere fortemente interdisciplinare, parte dall’assunto che, secondo le parole di Luca Baccelli, docente di Filosofia del diritto presso l’Università di Camerino e presidente del Centro di filosofia del diritto internazionale e della politica globale Jura Gentium a cui è stata affidata la presidenza dell’incontro, “siamo di fronte a una guerra di aggressione ed è in atto una grande emergenza umanitaria, rispetto alla quale c’è bisogno di un’importante iniziativa dal punto di vista dell’accoglienza”.
“Alla base del seminario – afferma Orsetta Giolo, docente di Filosofia del diritto presso l’Università di Ferrara – c’è la questione per noi più importante, cioè il tentativo non solo di concentrarci sul vocabolario della guerra, ma di porre il tema della pace.
Già dal titolo si fa riferimento al tema dell’umanità e all’individuazione delle vie della pace. Discutere di questo, infatti, significa discutere dell’essenza stessa del diritto perché la premessa di ogni ragionamento giuridico è proprio il contesto di pace, senza il quale quel ragionamento non sarebbe possibile.”
Il conflitto è nato da una crisi internazionale pregressa, secondo Colombo
Come caratterizzare dunque questa guerra in corso oggi nel cuore dell’Europa?
Secondo Colombo, “il primo elemento fondamentale per capire il collasso dell’ordine mondiale dentro cui ci troviamo dal dopoguerra è il trattamento del nemico sconfitto. Dopo la guerra fredda, il tentativo di trovare un posto per la Federazione russa è divenuto uno dei capitoli mancati degli ultimi trent’anni. La Federazione russa, infatti, è stata mantenuta in un limbo e mai realmente inserita in un’architettura comune europea.
Ciò ha determinato una situazione sempre aperta, con conseguenze evidenti in termini di percezione e diffidenze reciproche. L’aggressione russa si può quindi leggere prima di tutto come un prodotto di questo fallimento”.
L’incapacità della diplomazia internazionale mette a rischio la convivenza tra gli Stati
“Secondo elemento da rilevare – prosegue Colombo – è l’incapacità diplomatica e l’inadeguatezza degli strumenti istituzionali e cognitivi, da parte non solo degli Stati europei, degli Stati Uniti e della Federazione russa, ma anche delle principali organizzazioni internazionali.
Questa crisi è infatti una dimostrazione della crisi del multilateralismo, evidente soprattutto nella clamorosa assenza delle Nazioni unite e nella profonda evanescenza delle istituzioni europee, che sperano oggi di rilanciarsi ma che finora hanno dimostrato una deprimente marginalità.”
Terzo elemento, infine, è il progressivo cedimento del tessuto internazionale negli ultimi trent’anni, che riguarda non solo le organizzazioni multilaterali ma anche i principi fondamentali della convivenza internazionale.
“Di fatto – afferma Colombo – c’è stata una rilegittimazione dell’uso della forza non disciplinabile dal punto di vista giuridico. A renderlo evidente è soprattutto la crescente confusione dei confini tra guerra e pace, che ha progressivamente portato a questo conflitto che, fino a pochi giorni fa, non era visibile, almeno dal punto di vista militare.
In questa situazione, si determina quindi un processo che può avere conseguenze profonde, cioè la riduzione del consenso, anche rispetto alle questioni fondamentali, all’interno della comunità internazionale.
Credo che i prossimi anni saranno non solo anni di competizione sul piano del potere e del prestigio, ma anche un contesto di conflitti di legittimità sulle norme della convivenza internazionale, che riguardano, tra le altre cose, chi ha diritto, e a quali condizioni, di ricorrere all’uso della forza.”
Quali saranno dunque le possibili conseguenze del conflitto?
Se questa guerra è un prodotto, più che una causa, di una precedente crisi a livello internazionale, quali potrebbero esserne le conseguenze?
“Una di esse – conclude Colombo – sarà il rilancio non dell’Unione europea, ma della North Atlantic Treaty Organization (NATO) e, con essa, dei travagliati rapporti tra Unione europea e Stati Uniti.
La seconda conseguenza, più preoccupante, riguarda il modo in cui ragioniamo di politica internazionale: stiamo cioè assistendo nuovamente a un processo di bipolarizzazione incoerente con ciò che, in concreto, sta invece avvenendo nelle relazioni internazionali.
Ci troviamo infatti di fronte a una contrapposizione immaginaria tra democrazia e non democrazia, ma si tratta di una visione semplicistica che pretende di vedere in tutte le aree del Mondo la stessa cosa e che non tiene conto di quanto accaduto negli ultimi decenni.
A rendere ancora più grave questa bipolarizzazione è il fatto che si accompagna a una crescente militarizzazione delle relazioni internazionali, caratterizzata a sua volta dalla possibilità del ricorso alle armi nucleari.
Resta quindi da domandarsi che tipo di guerra abbiamo di fronte. Da un lato si tratta di una guerra molto evidente, che ricorda i conflitti del passato. Non è più una ‘guerra ibrida’, come veniva definito il precedente conflitto tra Russia e Ucraina, nel quale la sua stessa riconoscibilità, in termini giuridici ma anche materiali, era problematica.
Dall’altro lato, si tratta di una guerra ad alta tecnologia, in linea dunque con le guerre degli ultimi trent’anni, ma con un importante elemento di novità. La Federazione russa, infatti, sta mostrando un modo di condurre la guerra totalmente diverso rispetto alle più recenti guerre della NATO, che sono state condotte con estrema cautela per non sollevare problemi di sostenibilità politica al proprio interno. Oggi invece questo non sta accadendo.”
L’università deve affrontare anche le grandi questioni internazionali
Davanti a una sfida di questa portata, il mondo accademico non può rimanere indifferente. Deve piuttosto cercare di capire quale possa essere il ruolo dell’università rispetto a questioni che coinvolgono direttamente ognuno di noi.
“Dobbiamo interrogarci – afferma Giolo – sul ruolo che deve avere in questo momento la comunità scientifica, sulla necessità di non disperdere il patrimonio teorico, pratico, istituzionale e morale che si è costruito sul pacifismo giuridico e cercare strade alternative a quelle che oggi sembrano invece le uniche praticabili.”
Ecco dunque che i numerosi interventi al seminario hanno cercato di far luce su tre principali ambiti di riflessione. Anzitutto la dimensione temporale, per capire cioè se si tratta di un conflitto con caratteristiche del tutto nuove o se si configuri piuttosto come una guerra tradizionale simile alle guerre del secolo scorso.
In secondo luogo lo spazio, inteso nel rapporto tra territorio e nazione. Stiamo infatti assistendo sempre più al rafforzarsi del legame tra nazionalismo e il concetto di identità, proprio quando ci troviamo di fronte a un nuovo movimento di milioni di persone in fuga dal conflitto. Infine, è necessario delineare, in questo contesto, quale sia e quale sarà il ruolo del diritto internazionale.
In conclusione, come evidenziato nelle riflessioni finali da Serena Forlati, docente di Diritto internazionale presso l’Università di Ferrara, “è certamente inevitabile una difficoltà di pensare in termini obiettivi e di riflessione teorica, vista la nostra vicinanza con il conflitto.
Entrano infatti in gioco considerazioni non solo giuridiche ma anche politiche, in particolare sulla storia e le origini di questa guerra, sulle condizioni per tutelare chi cerca protezione e sul tema delle reazioni, che vanno oltre la risposta armata da parte di chi si difende e di chi potrebbe intervenire, sapendo che in questo modo si rischierebbe però un conflitto difficilmente controllabile a livello globale.”
Questa guerra pone molti interrogativi che non sono facili . Speriamo che “l’umanità “torni ad essere un valore da tutelare e e persone capiscano che la vita è un bene da salvaguardare per tutti.