Tra il 2003 e il 2019 quasi la metà dei nuovi terreni coltivati ha sostituito gli habitat naturali.
La maggiore espansione è avvenuta in Africa: i terreni agricoli sono aumentati del 34% per far fronte alla rapida crescita demografica. È quanto emerge dal lavoro di un gruppo di ricercatori che fa capo al Dipartimento di scienze geografiche dell’Università del Maryland, i cui dati potranno supportare le politiche agricole dell’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Food and Agriculture Organization, FAO).
La ricerca recentemente pubblicata su Nature Food da Peter Potapov e dal team del laboratorio Global Land Analysis and Discovery (GLAD) dimostra infatti che il 49% della nuova superficie coltivata ha sostituito la vegetazione naturale e la copertura arborea.
La percentuale maggiore di conversione è avvenuta in Africa, causando la perdita di importanti hotspot di biodiversità, quali la savana e le foreste secche.
Dall’altro lato, tra il 2003 e il 2019, la produttività primaria pro-capite (Net Primary Production, NPP) globale è aumentata del 3,5% per l’intensificazione dell’uso dei terreni agricoli.
Tra gli obiettivi dell’Agenda 2030, tuttavia, c’è il bilanciamento dell’aumento della produzione agricola con il mantenimento e la tutela dei servizi ecosistemici. Per attuare questo obiettivo servono politiche di cooperazione internazionale basate su dati accurati e coerenti a livello globale e locale.
Per rispondere a questa sfida gli scienziati hanno utilizzato dati satellitari relativi a un arco di tempo multidecennale, arrivando a produrre una mappa ad alta risoluzione spaziale (trenta metri per pixel) che permette di monitorare l’evoluzione dei terreni agricoli.
Collaborare con le comunità locali per una migliore gestione del territorio
La disponibilità di mappe open source accurate e progressive fornisce un valido strumento per far fronte alle lacune dei censimenti agricoli utilizzati dalla FAO. I dati forniti dagli Stati alla FAO, infatti, sono rilevati in maniera disomogenea e incostante, rendendo complessa la valutazione dell’impronta agricola complessiva e la definizione di obiettivi condivisi.
Inoltre, la metodologia di rilevamento e mappatura del GLAD è stata messa a disposizione di Organizzazioni non governative (Ong) e Ministeri nazionali, soprattutto in Africa, Sud America e Asia, grazie a progetti di partnership locale.
Ad esempio il gruppo di ricerca ha lavorato nella Repubblica democratica del Congo (République démocratique du Congo, RDC) a supporto dell’African Wildlife Foundation (AWF), fornendo supporto tecnologico per la definizione di una strategia di pianificazione del territorio, atta a incentivare la produttività agricola minimizzando gli impatti sulla biodiversità e sulle foreste.
A tale scopo i ricercatori hanno contribuito a implementare processi di mappatura partecipata con le comunità locali, in accordo con il Governo nazionale. Non esistendo in RDC un sistema formale di possesso della terra, questo ha permesso di definire i confini massimi di espansione agricola e ha regolarizzato i diritti di gestione del territorio da parte dei diversi villaggi.
Progetti di questo tipo sono un buon esempio di come costruire partnership con i diversi attori dello sviluppo sostenibile nei Paesi in via di sviluppo, favorendo la diffusione di approcci innovativi e metodologie efficaci che possano rafforzare i sistemi di raccolta dati FAO già in uso e costituire la base comune per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.