La recente eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, situato nell’Oceano Pacifico nell’arcipelago di Tonga, ha liberato in atmosfera un’enorme nuvola di cenere e anidride solforosa (SO2) e ha sollevato nella comunità scientifica numerose domande circa le possibili conseguenze sul clima globale.
Stando ai dati raccolti della NASA, l’eruzione avrebbe provocato l’immissione in atmosfera di almeno 400mila tonnellate di SO2, una nube che ha raggiunto un’altezza di circa trenta chilometri dalla superficie del mare, arrivando nella stratosfera.
A questa altezza l’SO2 reagisce con il vapore acqueo e si trasforma in acido solforico. Questa reazione modifica l’aerosol atmosferico e comporta un aumento della riflessione dei raggi solari sulla stratosfera, con una conseguente diminuzione della quantità di raggi che raggiungono la superficie del Pianeta. Grandi quantità di SO2 sono in grado di respingere in maniera significativa i raggi del sole, provocando un abbassamento (temporaneo) della temperatura.
Le eruzioni vulcaniche possono influenzare il clima
Si stima che la forza dell’eruzione Tonga sia stata 500 volte superiore a quella della bomba atomica di Hiroshima. Nel caso di eruzioni così potenti i gas e le ceneri emessi possono avere impatto sul clima e sull’ambiente, anche a livello globale.
“È stato osservato in diverse large eruption, le eruzioni con un indice di esplosività (Volcanic Explosivity Index, VEI) superiore a cinque – spiega Massimo Coltorti, docente di geologia ed esperto di vulcani presso l’Università di Ferrara – che il pulviscolo immesso nella stratosfera e la grande quantità di SO2, che piano piano si distribuisce sopra tutto il Pianeta, possono portare a una diminuzione delle temperature di 0,5°C (in media). L’esplosione del vulcano Tonga è stata classificata con un VEI uguale a sei.
Tuttavia, all’interno di un trend di riscaldamento globale che si sta impennando sempre più, questa piccola decrescita non sortisce alcun effetto percepibile sul clima a grande scala.”
Non siamo quindi in una situazione come quella di una delle più potenti eruzioni del XX secolo, l’eruzione del 1991 del Pinatubo, nelle Filippine. In quell’occasione il pennacchio immise in atmosfera circa 20 milioni di tonnellate di SO2, una nube 50 volte più grande di quella di Tonga.
In virtù di questo l’eruzione del Pinatubo causò un raffreddamento della temperatura globale di circa 0,5°C. Un effetto che durò per circa due anni.
Clima ed eruzioni vulcaniche: l’ipotesi di un circolo vizioso
Secondo le stime, dunque, l’eruzione del vulcano Tonga non avrà ripercussioni importanti sul clima. Si è aperta però una nuova domanda: quanto accaduto nel Pacifico può essere stato influenzato dal cambiamento climatico?
Un recente studio pubblicato su Nature Communications, firmato dai ricercatori del Dipartimento di chimica e geografia dell’Università di Cambridge e del Servizio meteorologico nazionale del Regno Unito (Met Office), indaga i possibili effetti del cambiamento climatico sulle eruzioni vulcaniche del futuro.
Secondo le simulazioni fatte dai ricercatori, nello scenario di un’economia basata su un uso intensivo di energia proveniente da fonti fossili, il clima più caldo influenzerà le eruzioni.
Il modello suggerisce che le eruzioni moderate, le più frequenti, avranno meno effetti sul clima stesso. Il raffreddamento delle temperature, che di norma segue le eruzioni moderate, sarà ridotto di circa il 75%. Questo perché il riscaldamento globale sposterà verso l’alto il confine tra troposfera e stratosfera e i pennacchi vulcanici delle eruzione di intensità moderata difficilmente riusciranno a superarlo. Gli aerosol confinati nella troposfera verrebbero quindi portati via dalle precipitazioni nel giro di poche settimane, rendendo l’impatto sul clima molto più localizzato.
Al contrario, per le grandi eruzioni, il modello suggerisce che l’effetto di raffreddamento delle temperature dovuto all’emissione di ceneri e gas (tipico delle grandi eruzioni) sarà aumentato di circa il 15%, anche a grande distanza dal vulcano. In questo scenario quindi le grandi eruzioni avrebbero un impatto sul clima maggiore di quello che hanno ora.
Per quanto riguarda poi l’impatto dei vulcani sulla miscela di sostanze che costituiscono l’atmosfera del Pianeta, ad oggi i pennacchi non hanno un ruolo significativo. L’atmosfera, e il clima, sono influenzati invece dai gas serra. In particolare, l’emissione di anidride carbonica, causata dalle attività antropiche, insieme agli incendi sempre più frequenti e intensi sta contribuendo alla variazione della composizione dell’atmosfera superiore. Stando al modello citato sopra, questo in futuro potrebbe determinare dei cambiamenti nel modo in cui le emissioni vulcaniche interagiscono con l’atmosfera stessa.
Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe incrementare l’attività vulcanica
Volendo immaginare le eruzioni del futuro, gli scienziati si interrogano per sapere se tra le conseguenze del surriscaldamento globale ci sia da considerare anche un possibile aumento dell’attività vulcanica nelle regioni del nostro Pianeta in cui convivono vulcani e ghiacciai, come l’ Antartide, l’America del sud e le zone settentrionali degli Stati uniti.
Secondo uno studio pubblicato su Geology, lo scioglimento delle calotte glaciali potrebbe far aumentare la frequenza e le dimensioni delle eruzioni vulcaniche nelle regioni coperte da ghiacciai, come l’Islanda.
L’ipotesi nasce da un’analisi delle eruzioni avvenute in Islanda tra cinquemilacinquecento e quattromilacinquecento anni fa. I ricercatori hanno ricavato una sequenza temporale dettagliata di aumenti e diminuzioni delle eruzioni studiando le ceneri vulcaniche depositatisi in Europa durante quel periodo. Questa sequenza è stata poi incrociata con i dati sulla copertura glaciale e i ricercatori hanno constatato che il numero di eruzioni è effettivamente diminuito in modo significativo quando il clima si è raffreddato e il ghiaccio si è espanso.
Sebbene non sia ancora noto il meccanismo esatto grazie al quale l’espansione dei ghiacciai riesca a inibire l’attività vulcanica, l’ipotesi è che la pressione che essi esercitano sulla superficie terrestre potrebbe influire sulla quantità di magma che la crosta terrestre riesce a contenere.
Non è chiaro se e in che misura il riscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacciai, in atto già da tempo, porterà a un aumento della frequenza e della magnitudo delle eruzioni vulcaniche nelle aree del Mondo in cui ghiacciai e vulcani interagiscono. Dagli studi emerge che la relazione tra clima e vulcani è complessa e rende difficile una previsione accurata di come saranno le eruzioni del futuro.