Cosa farebbe l’Umanità se una cometa di nove chilometri di diametro puntasse verso la Terra minacciando di distruggere ogni cosa? Si unirebbe nel tentativo di salvarsi o si dividerebbe in fazioni? Affronterebbe la minaccia studiando strategie difensive o proverebbe a minimizzare il problema continuando la propria routine? E la classe dirigente dei diversi Stati saprebbe mettere da parte il profitto e il potere per una volta? Per ora a queste domande non c’è una risposta ma solo suggestioni suggerite da Don’t look up, uno dei film più discussi di quest’anno. La nuova pellicola del regista Adam McKay, arrivata nelle sale l’8 dicembre, è ora disponibile su Netflix.
Le scelte del potere: “vietato guardare in alto”
Tutto ha inizio quando la dottoranda in astronomia Kate Dibiasky si accorge dell’esistenza di una cometa non ancora identificata. Insieme al suo professore, Randall Mindy, ne calcolano la traiettoria scoprendo che è diretta verso la Terra. In poco più di sei mesi l’enorme corpo celeste impatterà sul nostro Pianeta provocando l’estinzione di tutti gli esseri viventi.
Alla Casa Bianca la presidente degli Stati Uniti, intenta unicamente ad alimentare il proprio consenso in vista delle imminenti elezioni, non mostra interesse per la scoperta e la gravità delle sue conseguenze e decide di mantenere segreta la notizia.
Agli scienziati protagonisti non resta che rivolgersi direttamente ai media per diffondere la scoperta. Dopo aver comunicato la notizia della imminente catastrofe, però, si trovano a fare i conti con le reazioni della stampa, che non prende sul serio quanto sta accadendo e continua a raccontare fatti di gossip, e con l’opinione pubblica divisa tra coloro che credono nell’esistenza della cometa e coloro che la negano.
Don’t look up, “vietato guardare in alto”, è lo slogan della presidente per dissuadere le persone dal pensare alla catastrofe imminente.
Una strategia che però dura poco tempo, costringendo il governo americano a organizzare una missione spaziale per colpire la cometa e deviarne la traiettoria.
Una satira del potere
Peccato che la missione venga annullata all’ultimo secondo per lasciare spazio al piano di una big tech amministrata dal maggiore finanziatore della campagna elettorale della presidente. Sembra infatti che il nucleo della cometa sia ricco di minerali rari e preziosi fondamentali per le tecnologie cellulari.
Il nuovo piano prevede di frantumare la cometa in meteoriti di piccole dimensioni cosicché il loro impatto sulla Terra non abbia conseguenze catastrofiche e si possano poi sfruttare i materiali per fini industriali. Cosa succede intanto nel resto del mondo?
Nulla. Sembra che gli Stati uniti siano gli unici a gestire la situazione. Tuttavia, dopo la decisione della presidente e della big tech di escludere la Cina, la Russia e l’India dai diritti per i minerali presenti nella cometa, questi tentano una missione congiunta per deviarla.
Non vi raccontiamo, naturalmente, gli sviluppi della storia e la sua conclusione, ma è chiaro che questa storia, che sta avendo uno straordinario successo di pubblico e che ha suscitato tanti commenti, è una satira politica della società odierna, che dinanzi a un’emergenza di interesse mondiale si ostina a privilegiare i propri interessi piuttosto che salvaguardare il futuro.
Nella realtà è possibile che un corpo celeste impatti sulla Terra?
Assolutamente sì. Simili eventi si sono già verificati in passato. Negli ultimi anni la Terra ha subito centinaia di passaggi ravvicinati di asteroidi e comete, e alcuni di essi l’hanno anche raggiunta.
L’evento più recente è stato l’impatto del meteorite di Cheliabinsk, verificatosi il 15 febbraio 2013, che si è disintegrato nel cielo dell’ omonima città russa. La sua esplosione generò un’energia di trenta volte superiore a quella della bomba di Hiroshima e la sua onda d’urto provocò la rottura dei vetri di molte finestre.
Asteroidi e comete che passano a meno di 45 milioni di chilometri dal nostro pianeta sono chiamati Near Earth Object (NEO), ma se si avvicinano a meno di 7,5 milioni di chilometri di distanza e superano i 140 metri di diametro vengono classificati come Potentially Hazardous Object (PHO), ossia oggetti potenzialmente pericolosi. Non a caso sono in corso progetti dedicati al monitoraggio dei NEO sia per aggiornare la loro posizione nello spazio sia per scoprirne di nuovi.
Essendo oggetti relativamente piccoli e a bassa riflettività superficiale (cioè scuri) possono essere scoperti solo quando già transitano in prossimità della Terra. Inoltre, le loro orbite caotiche rendono difficile prevederne con accuratezza la posizione nello spazio.
Nel caso di impatto, bisogna considerare non solo le dimensioni ma anche la loro energia cinetica. L’energia rilasciata potrebbe essere di centinaia o addirittura migliaia di volte superiore a quella rilasciata nell’esplosione della bomba atomica di Hiroshima. Per questi motivi è necessario un monitoraggio continuo.
NEO: al centro dell’attenzione delle agenzie spaziali
L’agenzia spaziale degli Stati uniti (National Aeronautics and Space Administration, NASA) è il principale riferimento a livello mondiale per i progetti di indagine sui NEO mentre in Italia sono studiati dall’Agenzia spaziale europea (European Space Agency, ESA) e in particolare dal suo Ufficio di difesa planetaria (Planetary Defence Office, PDO).
NASA ed ESA collaborano per la difesa planetaria: al via la prima missione
Uno dei temi principali lanciati dal film è proprio quello della collaborazione internazionale, che il regista propone in una chiave distopica e assolutamente pessimistica. Ma è veramente così? Per rispondere alla domanda bisogna tener presente che ormai lo spazio extraterrestre è affollato da competitor più numerosi di un tempo (prima fra tutti la Cina, ma anche India e Israele e altri Stati) e con diversi interessi geopolitici e imprenditoriali (le big tech di cui parla il film, interessate allo sfruttamento economico).
In secondo luogo, operazioni di questo tipo richiederebbero accordi e un’organizzazione molto complessi e ben collaudati, che ancora non ci sono.
Ci sono però progetti che cominciano ad essere abbastanza concreti e sviluppati e che prevedono la collaborazione di agenzie di diversi Paesi.
Con il lancio del Double Asteroid Redirect Test (DART) il 24 novembre 2021, un veicolo spaziale della NASA, è partita la prima missione di difesa planetaria che vede coinvolte le agenzie spaziali degli Stati uniti e dell’Italia, con il supporto dell’Agenzia spaziale europea.
Lo scopo è quello di testare una tecnica per allontanare oggetti minacciosi dalla Terra. La destinazione della missione è un asteroide binario: Didymos (il cui diametro è di 780 metri) e il suo satellite Dimorphos (di 160 metri di diametro). DART impatterà con Dimorphos per modificarne l’orbita rispetto all’asteroide Didymos. Sebbene non siano una minaccia reale per il nostro Pianeta, rappresentano un buon modello per validare una tecnica di deviazione mediante impatto.
Dalle proprie stazioni e in particolare da quella a New Norcia, nell’Australia Occidentale, l’ESA supporta DART in modo da mantenere i contatti sia durante il lancio che per l’intera durata della missione.
Inoltre un team di ricercatori europei sta lavorando al satellite Hera dell’ESA, una missione progettata per effettuare un’indagine ravvicinata delle conseguenze della collisione di DART, il cui lancio è previsto nel 2024.
Il satellite Hera e i suoi vari elementi sono in costruzione in molte parti d’Europa.
Il satellite, infatti, è in fabbricazione presso l’Orbitale Hochtechnologie Bremen (OHB) a Brema, in Germania. Il sistema di guida, navigazione e controllo, essenziale per guidare il satellite nel suo viaggio verso Didymos, è in fase di realizzazione in Spagna mentre il radar di uno dei satelliti di Hera è in fase di collaudo presso l’ESA dei Paesi Bassi.
Nelle due missioni sono coinvolti centinaia di ricercatori da molte istituzioni situate in tutta Europa, Stati Uniti e altri Paesi come Giappone e Uruguay. Il loro lavoro è coordinato dal consorzio AIDA mediante il supporto essenziale degli scienziati di DART e di Hera.
Anche l’Italia prende parte alla missione di difesa planetaria
L’Agenzia spaziale Italiana (Asi) partecipa alla missione DART della NASA con un proprio veicolo spaziale, LICIACube – the light italian cubesat for imaging of asteroids. Questo viaggia a bordo di DART ma si sgancerà poco prima dell’impatto, previsto tra settembre e ottobre 2022, così da acquisire immagini sul sito colpito, sulle dimensioni e morfologia del cratere generato e sui detriti prodotti dalla collisione.
La prima missione spaziale totalmente italiana
LICIACube è la prima missione nello spazio profondo supportata da un team tutto italiano composto da ricercatori del Politecnico di Milano, delle Università di Bologna e Napoli e dall’Istituto di Fisica applicata (Ifac) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Firenze coordinate dall’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf). L’Inaf ha recentemente lanciato il nuovo progetto di divulgazione Sorvegliati spaziali dedicato proprio alla difesa planetaria, lo studio di eventi celesti che potrebbero avere effetti sulla Terra come i possibili impatti di comete e asteroidi, misure di prevenzione e mitigazione di tali eventi e il monitoraggio del traffico spaziale.
La cooperazione internazionale è fondamentale per la difesa planetaria
Inizialmente, le due missioni erano state concepite come una sola grande missione composta da un doppio veicolo spaziale: DART avrebbe eseguito la deviazione e HERA le misurazioni dell’esperimento. Nonostante siano poi state separate, la collaborazione internazionale è stata mantenuta mediante il consorzio scientifico AIDA (Asteroid Impact and Deflection Assessment).
In questo modo, sebbene i due veicoli spaziali viaggiano separatamente, dai loro risultati si avrà un ritorno scientifico complessivo maggiore. Acquisendo dati ravvicinati, Hera contribuirà a trasformare questo esperimento di impatto in una tecnica di deflessione consolidata e ripetibile, pronta per essere utilizzata nel caso in cui dovesse essere rilevato un asteroide in direzione della Terra.