Sono 50mila le persone escluse dal Servizio sanitario nazionale nel nostro Paese, persone prevalentemente senza fissa dimora, ma anche migranti, rifugiati e braccianti che lavorano in nero.
La maggior parte non ha un luogo dove trascorrere la quarantena in caso di infezione da Covid-19, e molte non possiedono i documenti necessari per accedere ai vaccini.
Per fronteggiare questa emergenza il Governo ha messo in campo due strumenti indiscutibilmente efficienti: da un lato i Covid-hotel, strutture alberghiere convertite in luoghi che permettono l’isolamento a chi un posto non ce l’ha, e dall’altro i programmi di vaccinazione per i senza fissa dimora promossi principalmente da associazioni di volontariato come la Caritas o la Croce rossa, che hanno tentato di intervenire in quella parte della società dove spesso arrivano con fatica le iniziative pubbliche di politica sanitaria.
I Covid-hotel: un tetto per arginare il contagio
È nel bel mezzo della pandemia, quando i contagi raggiungevano livelli altissimi e l’economia turistica subiva il colpo più duro per il blocco degli spostamenti, che nasceva la proposta dei Covid-hotel: strutture alberghiere che al posto dei turisti potessero accogliere persone contagiate e con sintomi lievi, impossibilitate a isolarsi in altri luoghi e assistite da personale specializzato.
“È così strano raggiungere questi hotel romani dai quali si ha una vista mozzafiato su monumenti più belli della capitale – racconta Nirina, medico volontario da anni presso la Croce rossa romana – e vedere che l’angolo bar, dove un tempo i turisti provenienti da tutto il Mondo si scambiavano osservazioni su Roma, ora è coperto da una pila di cartelle cliniche con sullo sfondo una lavagna che segna il numero di ogni stanza e i parametri vitali dei pazienti ospitati.”
“La cosa che più mi colpiva – prosegue Nirina – era vedere sul volto degli albergatori un mix di emozioni. Se da un lato erano distrutti nel vedere una Roma deserta di turisti e segnata da un silenzio così poco tipico della città, dall’altro sui loro visi c’erano i segni della resilienza perché, anche solo poter dare indicazioni su come muoverci dava un senso e ancor più una dignità alla loro presenza lì.”
I Covid-hotel sono una realtà che dimostra tuttora la propria efficacia, soprattutto dal punto di vista epidemiologico, dal momento che ha arginato e continua ad arginare il grande problema dei contagi incontrollati in chi fa fatica ad attuare misure di prevenzione dell’infezione.
I senza tetto “invisibili” alla campagna di vaccinazione anti Covid-19
“Dottoressa, vorrei fare il vaccino. Come posso fare?”. Questa è una domanda che i medici della Croce rossa romana sentono spesso ripetere dai pazienti che quotidianamente assistono.
E così, in un periodo in cui i riflettori dello Stato sono puntati sugli esitanti vaccinali, pochi sanno che c’è un’ampia parte della popolazione che il vaccino vorrebbe farlo ma non può, perché non sa come accedervi o non possiede i documenti necessari. E questa realtà la conoscono bene le associazioni di volontariato che spesso fanno da ponte tra persone in difficoltà e i programmi vaccinali.
“Lo Stato si impegna molto nel promuovere la vaccinazione con tutti gli strumenti. Ciononostante, nella realtà c’è una grande fetta della popolazione che sfugge a tutto questo – racconta sgomenta Nirina ad Agenda17 -, e sfugge non per scelta o paura, ma per impossibilità a fare altrimenti.”
“Tante volte ci sentiamo impotenti di fronte alla richiesta di potersi vaccinare da parte di chi vive per strada. Molte di queste persone hanno smarrito i documenti e per ostacoli linguistici non riescono a recuperarli. Noi vorremmo aiutarle ma ci scontriamo contro una burocrazia paradossale che va frequentemente contro la stessa salute pubblica.”
Nella realtà romana, e non solo, il Governo ha intrapreso campagne vaccinali per gli stranieri con codice Europeo non iscritto (Eni) o Straniero temporaneamente presente (Stp), codici fiscali provvisori o per persone senza alcun documento. Ma per prenotarsi è spesso necessario Internet, e ciò si scontra con il limite che molte persone che vivono per strada hanno nell’accedere al Web.
Le proposte italiane
Dai vaccini ai clochard del Rione sanità di Napoli, all’isola di Mestre dove lo scorso luglio sono stati vaccinati e tamponati sessanta senzatetto, sono varie le iniziative intraprese nel nostro Paese, ma non sembrano comunque sufficienti di fronte all’emergenza che i contagi tra i senzatetto rappresenta.
“Le criticità di chi vive per strada – continua Nirina – sono molteplici, e vanno dalla scarsa igiene alla mancanza di spazi adibiti alle cure, o anche solo spazi per un adeguato isolamento. Queste criticità vanno affrontate soprattutto ora che i contagi stanno risalendo e che andiamo incontro a temperature sempre più rigide che favoriscono gli assembramenti tra chi vive per strada.”
L’Italia si sta mobilitando, dalle donazioni promosse da Amnesty International per sostenere i clochard nel periodo della pandemia, all’appello della Federazione italiana organismi per le persone senza fissa dimora (fio.Psd) perché i senzatetto vengano trattati come tutte le altre persone per le quali il vaccino non è un dovere ma un diritto.
A poco servono i dati sventolati da molti sui bassi contagi nei senza tetto, che devono essere letti sotto una luce epidemiologica diversa: la sottostima del reale numero dei contagi è legata ad un’obiettiva difficoltà nel censimento e al mancato accesso ai normali percorsi di cure di questa delicata fetta di popolazione.
E così, mentre le campagne no vax portano a sostegno della tesi dell’inutilità del vaccino i dati sui pochi contagi da Covid-19 tra i senza tetto, da Los Angeles ci arriva una lezione di vita. A una manifestante no vax che sfilava al grido di “Perché i senza tetto non muoiono di Covid?”, un clochard ha risposto “Because I’m vaccinated. Dumb!”.