13 dicembre, dopo tre anni di attesa, il disegno di legge sul suicidio assistito va in discussione a Montecitorio. Ma l’aula è deserta e tutto viene rimandato. I tempi saranno lunghi, dato il calendario parlamentare e le prossime scadenze istituzionali.
Noi non facciamo cronaca, e, dunque, non ripercorriamo qui la vicenda che ha portato a questo ennesimo blocco, tanto più grave in quanto non ottempera ai solleciti della Corte costituzionale al Parlamento. Come è nostra abitudine, avevamo invece fornito ai nostri lettori, dopo la chiusura della raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale promosso dall’associazione Luca Coscioni e in attesa della discussione parlamentare, gli strumenti e il quadro di riferimento per orientarsi sul caso.
L’articolo di Martina Conterno e Agnese Erika Gorroni ricostruiva un contesto complesso, che spazia necessariamente dalle posizioni giuridiche alla qualità delle cure palliative.
In questo rinnovato vuoto legislativo, allora, proponiamo ai nostri lettori un commento. Sono le parole di Guido Ceronetti, scritte a proposito del caso Englaro.
È passato tanto tempo da allora, ma, come ci ha ricordato una giovane studentessa di Giurisprudenza, sono ancora scandalosamente attuali.
La ballata dell’angelo ferito
Urlate urlate urlate urlate.
Non voglio lacrime. Urlate.
Idolo e vittima di opachi riti
Nutrita a forza in corpo che giace
Io Eluana grido per non darvi pace
Diciassette di coma che m’impietra
Gli anni di stupro mio che non ha fine.
Una marea di sangue repentina
Angelica mi venne e fu menzogna
Resto attaccata alla loro vergogna
Ero troppo felice? Mi ha ghermita
Triste fato una notte e non finita.
Gloria a te Medicina che mi hai rinata
Da naso a stomaco una sonda ficcata
Priva di morte e orfana di vita
Ho bussato alla porta del Gran Prete
Benedetto: Santità fammi morire!
Il papa è immerso in teologica fumata
Mi ha detto da una finestra un Cardinale
Bevi il tuo calice finché sia secco
Ti saluta Sua Santità con tanto affetto
Ho bussato alla porta del Dalai Lama.
Tu il Riverito dai gioghi tibetani
Tu che il male conosci e l’oppressura
Accendimi Nirvana e i tubi oscura
Ma gli occhi abbassa muto il Dalai Lama
Ho bussato alla porta del Tribunale
E il Giudice mi ha detto sei prosciolta
La legge oggi ti libera ma tu domani
Andrai tra di altri giudici le mani.
Iniquità che predichi io gemo senza gola
Bandiera persa qui nel gelo sola
Ho bussato alla porta del Signore
Se tu ci sei e vedi non mi abbandonare
Chiamami in cielo o dove mai ti pare
Soffia questa candela d’innocente
Ma il Signore non dice e non fa niente
Ho bussato alla porta del padre mio
Lui sì risponde! Figlia ti so capire
Dolcissimo io vorrei darti morire
Ma c’è una bieca Italia di congiura
Che mi sentenzia che non è natura
E il mio papà piangeva da fontana
Me tra ganasce di sorte puttana.
Cittadini, di tanta inferta offesa
Venga alla vostra bocca il sale amaro.
Pensate a me Eluana Englaro.