Nel marzo del 1986 alle isole Svalbard, l’arcipelago della Norvegia che è il luogo abitato più a Nord della Terra, fu registrata la temperatura record di -46,3 °C.
A luglio del 2020, invece, il Norwegian Meteorological Institute annuncia i 21,7°C, la temperatura più alta mai registrata nell’Europa artica, e temperature superiori ai 20°C sono state misurate addirittura per quattro giorni consecutivi.
La temperatura media annuale delle Svalbard è inferiore a 0°C, il suolo è sempre ghiacciato e solo in piena estate il disgelo permette la crescita di un leggero manto erboso a bassa quota.
Il riscaldamento globale ha causato molti cambiamenti: tra il 1970 e il 2020 la temperatura media annuale è aumentata di 4°C. Stando ai dati attuali, secondo il rapporto “Climate in Svalbard 2100” del The Norwegian Centre for Climate Services (NCCS) le temperature medie tra il 2070 e il 2100 aumenteranno ancora di 7-10°C a causa delle emissioni di gas serra.
L’aumento delle temperature e il conseguente scioglimento dei ghiacciai lascia scoperte le acque, e il suolo, la cui superficie è più scura per l’assenza di neve e ghiaccio, assorbe i raggi solari invece di rifletterli, riducendo così l’albedo, ovvero il potere riflettente di una superficie. Così, come documenta la foto, l’interfaccia fra acqua e suolo diventa grigio.
Assorbendo maggiormente calore, inoltre, le acque e il suolo si riscaldano ulteriormente, e determinano lo scioglimento delle superfici ghiacciate vicine instaurando così un pericolosissimo feedback.