Precariato. Emigrazione professionalizzata. Transizione occupazionale. Termini che descrivono la debole situazione lavorativa di milioni di giovani italiani (nella fascia di età dai 18 ai 34 anni). Lo Stato interviene con politiche attive del lavoro per le categorie più esposte al rischio disoccupazione, e fra queste ne esiste una rivolta proprio a questa fascia della popolazione: Garanzia giovani, il programma dell’Unione europea ideato nel 2014.
“Garanzia giovani” non favorisce la qualità dell’occupazione
Nato per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, In Italia questo progetto è gestito dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, e la sua copertura anagrafica arriva fino ai 29 anni al Centro-Nord e ai 34 anni nel Sud. Quasi un milione di tirocinanti in sette anni, ma con quale impatto sul mondo del lavoro?
“Il risultato di politiche come Garanzia giovani è stato quello di incentivare la precarietà. Un tirocinante costa all’azienda 150 euro: farà la sua esperienza, sarà minimamente formato e potrà essere facilmente rimpiazzato a fine stage. Garanzia giovani favorisce sì l’occupazione, ma non l’occupazione di qualità” – ha affermato recentemente Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali (Adapt)
La pandemia di Covid-19 ha avuto un peso notevole, andando a gravare su una situazione già di per sé molto complessa. “Cos’è successo ai giovani – si chiede Seghezzi – con le decisioni prese i primi mesi della pandemia? Non sono stati rinnovati contratti a termine né tirocini. I nuovi inseriti nel mondo del lavoro sono stati pesantemente penalizzati.”
Il Gol del Piano nazionale di ripresa e resilienza
Di fronte alla crisi post pandemica la risposta sul tema lavoro è contenuta nel Piano nazionale ripresa resilienza (Pnrr): il programma Garanzia occupabilità dei lavoratori, Gol.
Come racconta ad Agenda17 Silvia Borelli, docente di Diritto del lavoro all’Università degli studi di Ferrara, “Gol è un programma diretto a favorire l’occupazione di soggetti vulnerabili sul mercato del lavoro: giovani, donne, disoccupati di lungo periodo, ultracinquantacinquenni. Il piano ha una durata di cinque anni, dal 2021 al 2025. I fondi stanziati sono notevoli, 4,4 miliardi di euro più 600 milioni di euro per il rafforzamento dei centri per l’impiego e 600 milioni di euro per incrementare il sistema scuola lavoro”.
Il piano si pone in un’ottica di continuità con altri interventi realizzati precedentemente, come ad esempio il reddito di cittadinanza. “Per la sua natura ibrida – continua Borelli -, il Reddito di cittadinanza è sia una misura contro la povertà sia una misura per l’inserimento lavorativo. Ma da questo punto di vista, non si dimostra uno strumento veramente utile. Gol, al contrario, ha diversi aspetti positivi, che vanno dalla personalizzazione dell’intervento all’attenzione verso i servizi sul territorio, così che il lavoratore sia agevolato nello svolgere la sua mansione. Un altro aspetto fondamentale è il potenziamento dei centri per l’impiego.”
I centri per l’impiego sono quelle strutture pubbliche amministrative che si occupano, tra l’altro, di promuovere le politiche attive del lavoro. “Per superare i divari tra le Regioni – spiega Borelli -, tutti i centri per l’impiego dovranno garantire un certo livello di prestazioni e verranno dislocati in maniera omogenea su tutto il territorio.”
La territorializzazione del lavoro è un tema di notevole importanza in Italia, dove restano forti le disparità in particolare tra Nord e Sud. “Ė fondamentale ridisegnare il mercato del lavoro a partire da ecosistemi territoriali – afferma la sociologa Francesca Coin -, ogni città e Regione ha una struttura imprenditoriale a sé, quindi la dimensione regionale è quella giusta su cui ragionare. Le politiche attive dovrebbero farle università, imprese e sindacati dislocati sui territori regionali, non solamente lo Stato. Sarebbe auspicabile una collaborazione tra pubblico e privato.”
Con Gol, pubblico e privato inizieranno a coordinarsi, in quanto “le agenzie per il lavoro saranno a stretto contatto con i centri per l’impiego”, racconta Borelli. Le agenzie per il lavoro ricoprono un ruolo fondamentale nel panorama italiano, in quanto “a oggi sono gli unici soggetti che effettuano un’analisi dei bisogni del mercato, dovendo fornire lavoratori alle aziende che vi si rivolgono. La somministrazione del lavoro è praticata dal 1994 e ha portato cambiamenti radicali nel rapporto azienda – lavoratore, ma rappresenta ad oggi una realtà imprescindibile.”
Manca l’analisi delle richieste del mercato del lavoro
Sono proprio i bisogni del mercato a essere fondamentali, quando parliamo di occupazione. “L’occupazione dipende dal mercato del lavoro. Programmi come Garanzia giovani o il nuovo piano Gol non partono da una rilevazione delle esigenze del mercato e questo perché in Italia mancano totalmente le politiche industriali, manca una seria analisi dei bisogni a lungo termine e delle professionalità di cui c’è bisogno. Gol parte subito parlandoci di corsi di formazione, ma di quale formazione parliamo?”, si domanda Borelli.
“Ciò che è cambiato negli ultimi anni – afferma su questo tema la sociologa Francesca Coin – è l’offerta. Questo a causa di una forte deindustrializzazione, in favore di un aumento nel settore dei servizi. Siamo in un momento di forte squilibrio tra domanda e offerta, perché i giovani italiani qualificati sono più di quanti il mercato possa assorbire. Circa il 90% dei posti di lavoro disponibili oggi in Italia, non richiede una laurea.”
Eppure, restiamo il penultimo Stato in Europa per numero di laureati (fonte Eurostat). Quello che ci si presenta è un quadro fatto di lavori precari mal retribuiti e senza garanzie. “La narrazione che tutt’oggi viene fatta è troppo spesso quella dei giovani che rifiutano il lavoro. Ma di che lavori stiamo parlando? A anche condizioni? – si domanda Coin-. L’emigrazione professionalizzata è diretta conseguenza della mancanza di politiche a sostegno del lavoro e del lavoro qualificato.”
In un contesto simile, la società non può avere un funzionamento virtuoso. Il giovane non cresce, non si crea una sicurezza economica. “Un tema fondamentale è quello della famiglia: l’indipendenza dai genitori arriva sempre più tardi, con molte conseguenze a livello sociale, alimentando tensioni e disparità.”
Ė chiaro come Gol e Garanzia giovani non vadano ad arginare il precariato, perché non sono strumenti pensati per questo scopo. “Come è il mercato del lavoro, lo decide la normativa – spiega Borelli-. Le forme contrattuali andrebbero riviste e regolamentate. Se fornisco mezzi per pagare poco le persone, saranno tutti utilizzati. L’impatto è molto pesante soprattutto su chi si sta affacciando al mondo del lavoro.”
Uno dei sistemi di competizione delle aziende italiane è quello di avere un basso il costo del lavoro, in modo da restare competitivi a livello europeo. Per mantenerlo tale si è agito in varie maniere, compreso favorire forme contrattuali flessibili. “Si è perso totalmente il contingentamento, ovvero l’idea che il numero di precari debba essere limitato. Forse, è il caso di iniziare seriamente a indignarsi per le troppe forme di precarietà.”